Manca una settimana all'inizio.
Ma a cosa serve nel 2020 una manifestazione come il Festival di Sanremo, quando la musica viene usufruita dai vari canali streaming audio e video sui dispositivi portatili e shazammata a destra e a manca per sapere chi è quel nuovo trapper?
La risposta è:
La risposta è:
a una benamata cippa, se non a mettere in gioco sponsor granosi e ospiti inutili strapagati coi soldi dei contribuenti.
E allora perché la Rai che fa tanto la grande e sovraneggia l'etere, si ostina a produrre una tv che ormai non guarda più nessuno?
Beh, intanto perché qualche persona ancora non avvezza allo streaming esiste ancora, tipo la signora di 80 anni che, senza fargliene una colpa, non conosce nulla del mondo del web e si siede in poltrona e ancora guarda questo tipo di televisione passiva, nel senso che guarda quello che passa l'emittente, che ci sia la Venier o la D'Urso o Don Matteo. Persino le repliche della Signora in Giallo le vanno bene dopo tutto.
E perché "Sanremo È Sanremo" e lo slogan ti fa capire che poco importa se si ripete da anni sempre uguale come la musica andina cantata da Lucio Dalla ne Il Cucciolo Alfredo e definita da lui una "Noia Mortale".
Dalla parte opposta invece sta crescendo la fascia di utilizzatori del mezzo televisivo (e altri supporti) come un semplice riproduttore di video on demand, cioè che guardi quando ti pare e dove ti pare (anche sul water, si, caro Martin), e se proprio vogliono dare un'occhiata al Festival di Sanremo lo fanno con comodo su Raiplay che ti permette di evitare le infinite pause per la pubblicità e skippare avanti se quello che vedi non ti interessa.
Credo che sarà questo anche il mio modo in cui usufruirò del Festival.
E allora perché la Rai che fa tanto la grande e sovraneggia l'etere, si ostina a produrre una tv che ormai non guarda più nessuno?
Beh, intanto perché qualche persona ancora non avvezza allo streaming esiste ancora, tipo la signora di 80 anni che, senza fargliene una colpa, non conosce nulla del mondo del web e si siede in poltrona e ancora guarda questo tipo di televisione passiva, nel senso che guarda quello che passa l'emittente, che ci sia la Venier o la D'Urso o Don Matteo. Persino le repliche della Signora in Giallo le vanno bene dopo tutto.
E perché "Sanremo È Sanremo" e lo slogan ti fa capire che poco importa se si ripete da anni sempre uguale come la musica andina cantata da Lucio Dalla ne Il Cucciolo Alfredo e definita da lui una "Noia Mortale".
Dalla parte opposta invece sta crescendo la fascia di utilizzatori del mezzo televisivo (e altri supporti) come un semplice riproduttore di video on demand, cioè che guardi quando ti pare e dove ti pare (anche sul water, si, caro Martin), e se proprio vogliono dare un'occhiata al Festival di Sanremo lo fanno con comodo su Raiplay che ti permette di evitare le infinite pause per la pubblicità e skippare avanti se quello che vedi non ti interessa.
Credo che sarà questo anche il mio modo in cui usufruirò del Festival.
Festival e basta, perché definirlo della canzone italiana è quanto mai errato. Certo qualche nome messo in mezzo al marasma generale ce lo trovi sempre, ma non è quello che fa cambiare la qualità del prodotto.
Il Festival rappresentava degnamente la canzone italiana negli anni 80 fino agli anni 90, con Ramazzotti, Pausini, Giorgia, Vasco, Zucchero, Bocelli, persino I Righeira e i Pooh, ma poi le cose sono cambiate drasticamente e il panorama musicale si è evoluto (forse in peggio secondo alcuni) e la possibilità di avere un seguito di fans ora non è più legata alla grande kermesse sanremese, ma alla capacità di crearsi un personaggio tramite il web, e Chiara Ferragni ne è un chiaro esempio, non della musica certo, ma della popolarità senza alcun dubbio.
Su un post di faccialibro avevo discusso con gente che mi criticava con dei "che cazzo dici" che manco Pelù in Tex, per aver definito gruppi come The Giornalisti (prima dello scioglimento) gli Ex Otago e Lo Stato Sociale con la vecchia che balla, una boccata d'aria fresca in un panorama musicale stantio, e con la loro partecipazione alla kermesse avevano svecchiato un po'il tutto.
Il Festival rappresentava degnamente la canzone italiana negli anni 80 fino agli anni 90, con Ramazzotti, Pausini, Giorgia, Vasco, Zucchero, Bocelli, persino I Righeira e i Pooh, ma poi le cose sono cambiate drasticamente e il panorama musicale si è evoluto (forse in peggio secondo alcuni) e la possibilità di avere un seguito di fans ora non è più legata alla grande kermesse sanremese, ma alla capacità di crearsi un personaggio tramite il web, e Chiara Ferragni ne è un chiaro esempio, non della musica certo, ma della popolarità senza alcun dubbio.
Su un post di faccialibro avevo discusso con gente che mi criticava con dei "che cazzo dici" che manco Pelù in Tex, per aver definito gruppi come The Giornalisti (prima dello scioglimento) gli Ex Otago e Lo Stato Sociale con la vecchia che balla, una boccata d'aria fresca in un panorama musicale stantio, e con la loro partecipazione alla kermesse avevano svecchiato un po'il tutto.
Figurarsi ora che ho tessuto le lodi anche di Tha Supreme e Anna di Bando in questo post QUI.
Mi aspetto gente coi forconi e le fiaccole sotto casa...
Mi aspetto gente coi forconi e le fiaccole sotto casa...
Io penso che il Festival sia un qualcosa di transgenerazionale: è vero che il modo di fruire la musica è cambiato totalmente, ma appunto "Sanremo è Sanremo", uno dei pochi cult televisivi rimasti (e che rimarrà in eterno) capaci di bloccare il tempo.
RispondiEliminaPer fortuna, da un paio di anni si è persino rinnovato senza stravolgersi, ma con una evoluzione che non si vedeva dai primi anni '80.
Moz-
Si, alla fine lo si guarda un po'tutti, e il rinnovamento più o meno c'è stato inserendo personaggi scomodi come l'anno scorso Achille Lauro e la vittoria di Mahmood, però non è più quella piattaforma di lancio a cui devono la carriera Ramazzotti, la Pausini e Giorgia. Ormai la popolarità si conquista in altro modo.
EliminaSì, diciamo che ora è una conferma, non un lancio^^
EliminaMoz-