Le ultime edizioni di Colorado erano un pochino bruttine? Sottotono? Niente paura. Gli cambiamo nome, come conduttori ci mettiamo Fatima Trotta e Francesco Mandelli
e modifichiamo anche qualcosa qua e là nella formula... vedrete che sarà... anche peggio!!!
Ed è proprio quello che succede con Honolulu, praticamente Colorado un pochino diverso, ma in peggio.
Francamente non pensavo fosse possibile, ma mai mettere in dubbio le capacità della TV generalista, motivo per cui mi capita di guardarla davvero di rado, dato che si produce in cose terrificanti tipo Game Of Games e IL CANTANTE MASCHERATO, verificate di persona e abbandonate senza rimpianti.
Anzi, nel caso di trasmissioni dalla durata monster come il festivalone nazionale, mi succede spesso di usufruire della visione in replica sulle piattaforme streaming perché tutta la diretta non la reggo e poi così non ci sono pause pubblicitarie e se qualcosa non ti piace vai avanti veloce, che mica sto lì perdere tempo prezioso come quella volta del monologo introduttivo di Benigni.
In questo caso però è meglio evitare direttamente, che tanto lo Zelig dei bei tempi di Claudio Bisio ormai non torna più...
Per tutti i nostalgici degli anni 80 ecco un ritorno che ha del leggendario, anzi il termine più adatto penso sia fantascientifico!!! Dopo il grande successo di Galaxy del 1980, i ROCKETS, gli argentei musicisti spaziali francesi di cui ho raccontato la favola fantascientifica proprio QUI, avranno un cambio di rotta (interstellare) e abbandoneranno gradualmente il makeup e i costumi per apparire al naturale nei dischi successivi (cosa che succederà anche ai Kiss).
Ma Fabrice Quagliotti, l'ultimo detentore del marchio ROCKETS, ha ripescato un album inedito dal titolo Alienation che sarebbe dovuto uscire nel 1981 e che invece è stato accantonato a causa di quella non molto gradita innovazione nell'immagine che porterà poi anche all'uscita di Christian LeBartz e all'arrivo di Sal Solo.
Questo è perlomeno quanto viene riportato nei comunicati stampa riguardanti la pubblicazione di tale "nuovo" album che arriva il primo di ottobre, cioè dopodomani e acquistabile solo online, in formato CD e vinile colorato, e con la formazione originale, cioè LeBartz, Maratrat, L'Her, Groetzinger e ovviamente Quagliotti.
Certo sorge un po' il lecito sospetto che si tratti piuttosto di 8 brani registrati, ma poi non utilizzati in quel periodo di grande successo per loro a cavallo di 70/80, un po' come quell'ultimo disco dei Pink Floyd dal titolo The Endless River e composto da varie registrazioni mai pubblicate che si sono poi rivelate ben poco clamorose e, anzi, alcune ricalcavano pari pari dei brani contenuti in dischi precedenti, come se fossero state delle versioni di prova, delle bozze poi accantonate.
Sia come sia, se sei grande fan di una band, come lo è Marco Giallini in NON CI RESTA CHE IL CRIMINE, fa piacere anche scoprire tutti i piccoli segreti nascosti nei cassetti e che son rimasti lì per 40 anni, e dal PRIMO ASCOLTO IN ANTEPRIMAnon sembra davvero niente male.
E forse nemmeno troppo retrò, visto il costante ritorno degli anni 80 a cui si sono ispirati parecchi artisti di oggi, e di questo fenomeno ne avevo parlato proprio QUI.
Perciò da questa galassia non mi resta che dire: Bentornati!!!
Chi non conosce e chi non ha ballato quella canzone, forse la più salterella del mondo, cioè quella che porta il titolo di WHATEVER YOU WANT?
Chiaramente il maggior successo degli Status Quo, ma non solo, perché pezzi come ROCKIN' ALL OVER THE WORLDoppure DOWN DOWNfanno parte del loro repertorio tutto boogie rock, un genere party hard rock che ti spinge a ballare con loro.
Alan Lancaster, bassista e fondatore della band britannica, aveva lasciato i compagni dopo lo storico concerto del Live Aid a causa di divergenze sulla direzione musicale da seguire, salvo poi ricongiungersi dopo diversi anni nel 2012 per una storica reunion, appianando tutti i rancori tenuti dentro per non aver potuto mantenere il marchio del gruppo da lui creato, per cui si era fondato delle band alternative per continuare a suonare quello che piaceva a lui.
Purtroppo Alan è deceduto a 72 anni a causa della sclerosi multipla che da tempo lo affliggeva.
Un ultimo saluto va anche ad un sassofonista storico che ha suonato nella band di James Brown e con Van Morrison, cioè Alfred "Pee Wee" Ellis, spentosi ad 80 anni.
Bufala invece (e già per la seconda volta) la notizia della morte del rapper bianco Machine Gun Kelly.
Quanto era bello il primo film? Un sacco e pure di più, anche se io personalmente avevo preferito il successivo Looney Tunes Back In Action per una mia mania squisitamente bondiana.
Ma davvero il primo Space Jam era divertentissimo e non sbagliava un colpo nemmeno nella versione doppiata in italiano (con le voci di Simona Ventura, Sandro Ciotti e Giampiero Bisteccone Galeazzi).
Qui invece mi duole dirlo, ma oltre ad una confezione ultralusso con effetti speciali pazzeschi, non mi rimane in mano nient'altro che una specie di catalogo delle produzioni della Warner Bros. messe lì in vetrina, da Matrix a Mad Max Fury Road, da Batman ad Arancia Meccanica, da Harry Potter a Casablanca, fino a qualsiasi cosa sia uscita da quella casa con il marchio a forma di scudo, perché tutti, ma proprio tutti i personaggi dei film della Warner si vedono fra il pubblico che assiste al momento clou, cioè il match di basket fra LeBron James con i Looney Tunes e Don Cheadle (totalmente fuori parte) con le versioni elaborate, pimpate di giocatori e giocatrici americani.
Ma poi è finito lì... Il bello (per modo di dire eh...) del film sta proprio e solo nel riconoscere tutti i volti nemmeno troppo nascosti tra il pubblico che, ad una visione attenta, si vede benissimo che sono piazzati lì fuori scena perché esultano male, fuori tempo, come se fossero in un altro film.
E poi basta.
Il resto non convince per niente e la musica tantomeno.
Musica che invece nel film precedente era una bomba con quel GET READY FOR THISdei 2 Unlimited, che qui viene citata giusto un attimo in mezzo al marasma di hip hop senza personalità che scorre sotto le immagini.
E badaben, non è che LeBron reciti male. No, no, il suo lo fa pure dignitosamente anche se il confronto con Michael Jordan è a suo sfavore, mentre quello che non regge proprio è la sceneggiatura scritta così con i piedi che sembra fatta dai tre sceneggiatori de Gli Occhi Del Cuore 2 (i personaggi della serie, non quelli veri geniali di Boris eh...) che scrivevano a caso mentre erano impegnati a fare altre cose più importanti per loro, tipo le vacanze, tanto per fare un sequel di quasi due ore di cui nessuno sentiva il bisogno e con un titolo pure modificato (ma perché?) per l'edizione italiana.
E un motivo ci sarà se già due o tre idee a riguardo di un sequel erano naufragate nel nulla... Son segnali di cui tenere conto...
Parola d'ordine: difendere il pianeta! Arrivano i Supereroi Marvel o DC? Ma vaaaa, lo si può fare anche con la musica, ed è quello che accade fra sabato 25 e domenica 26 settembre in livestreaming, in un evento che va in diretta, con pochi minuti di ritardo, su YouTube per 24 ore come un nuovo Live Aid in mondovisione.
Anche il logo ricorda un pochino quello della manifestazione realizzata da Bob Geldof.
24 ore continue di spettacolo e di messaggi di attivisti, filantropi, industriali, politici, leader mondiali, con performance e partecipazioni di artisti mondiali, che ha avuto inizio dalle 19 di ieri, sabato 25 settembre e si concluderà alla stessa ora di stasera.
Viene anche trasmesso integralmente, per 24 ore, sul canale 109 di Sky e in chiaro si è visto su Tv8 fino alle 6 del mattino.
Ecco alcuni nomi: Billie Eilish, i Coldplay, i Bts, che pure interagiscono insieme, gli Chic di Nile Rodgers, i Metallica, Stevie Wonder, Elton John con una voce che risente sempre di più del peso degli anni, Black Eyed Peas con una nuova line-up senza Fergie e Taboo fresco di barbiere, Camila Cabello, Charlie Puth, Cyndi Lauper, Doja Cat, Duran Duran, Green Day, H.E.R., Jennifer Lopez che balla ancora come 20 anni fa, Kylie Minogue, Lizzo, Lorde, OneRepublic, Rag'n'Bone Man, The Lumineers.
Anche l'Italia è rappresentata, da Andrea Bocelli che a queste manifestazioni partecipa sempre di buon grado, ma anche dai giovanissimi Maneskin, praticamente mezzi nudi anche se sono passati sul palco di Parigi verso le 22.30 e l'aria immagino sia stata anche fresca, visti gli outfit di altri che si sono presentati con tanto di felpa.
Un'ora dopo di loro arriva Ed Sheeran, con chitarra e la loop machine a giocherellare sul palco ed è brevissimo come sempre.
Tutto ciò per evidenziare le problematiche dell'ambiente e della povertà nel mondo.
Vista la folla presente e parecchio ammassata, suppongo che saranno state prese anche tutte le misure anti Covid-19, perché anche di questo si è parlato nei tanti interventi fra un'esibizione e l'altra. Di sicuro c'è che uno show come questo ci mancava da tanto tempo che pare davvero un'eternità.
Due facce della stessa medaglia, cioè la musica. Da una parte il ritorno di Eddie Vedder
con un singolo a dir poco stupendo scritto con due RHCP, e alla batteria infatti c'è Chad Smith, e dove le chitarre sono competenza di Josh Klinghoffer, e si sente pure qualcosa che ricorda anche Tom Petty, forse perché alle tastiere c'è l'ex Heartbreaker Benmont Tench.
Potrei dire mille parole a riguardo, ma la cosa migliore è ascoltare LONG WAYe farsi trasportare dal mood così evocativo della canzone.
E fin qui tutto bene, anzi benissimo.
Ma poi giri la medaglia e cosa ci trovi dall'altra parte?
Trovi che quest'estate pareva che l'avessimo scampata perché i Boomdabash stavolta hanno fatto fare il featuring a Baby K, e invece niente... Alessandra Amoroso torna TUTTE LE VOLTEe probabilmente sarà proprio per questo che la canzone si intitola così.
Senza timore di esagerare, mi pare che a livello di ossessività vocale la Ale sia riuscita a fare ancora di più di quanto non abbia fatto in precedenza, con quel "giro per strada da sola, qui con te ora, qui con te ora" urlato e ripetuto all'infinito come fosse una di quelle torture inflitte ad Alex DeLarge.
Cioè, dovrei dire cose del tipo "forse non sei tu, forse sono io" (come si dice quando vuoi lasciare una persona cercando di addossarti la responsabilità della fine della relazione), lo ammetto, ma a me sentirla fa l'effetto di quando in piena notte parte la sirena di un antifurto, anche se ne convengo che il videoclip in piano sequenza dove la Ale se la balla alla grande è davvero molto molto carino, gliene rendo atto e lei ha anche una bella presenza e si muove bene.
Vabbé proviamo senza audio, o magari ci metto sopra quella dei BOOMDABASH...
Due addii nel cinema oggi: il primo è Roger Michell, regista sudafricano che, fra i tanti suoi lavori, ha firmato quella deliziosa commedia con Hugh Grant e Julia Roberts che porta il titolo di Notting Hill,
film che, nonostante la concorrenza del malefico Jar-Jar Binks, ha segnato degli ottimi incassi al cinema perché è una fresca commedia nello stile che sapeva fare bene Blake Edwards.
Roger ci lascia a 65 anni.
Altro genere cinematografico invece riguarda Melvin Van Peebles, padre di Mario e produttore, attore, regista, sceneggiatore, insomma factotum e padrino di quello che è il cinema di genere black.
L'Alzheimer è una brutta bestia e ve lo dice uno che ci è passato perché ho avuto anch'io un padre affetto da tale malattia con gli stessi vuoti di memoria e confusioni che ha in scena Anthony Hopkins, premio Oscar per questo film che anche in italiano rimane The Father, ma con un'aggiunta francamente inutile.
La particolarità della storia è che qui viviamo lo sbandamento e lo stato confusionale che sta subendo Anthony (il personaggio malato si chiama come Hopkins) direttamente con lui come se fossimo nella sua testa, con le cose e le persone intorno a lui (e a noi spettatori) che cambiano da un momento all'altro come in un incubo, ed Anthony che cerca disperatamente di mettere insieme le tessere di questo puzzle che invece continuano a non voler combaciare.
Prima di diventare un film era una piece teatrale (e si capisce) scritta e diretta dallo stesso regista, il francese Florian Zeller che qui si avvale anche delle musiche di Ludovico Einaudi.
Talmente teatrale che sui titoli di coda ti viene quasi spontaneo fare un applauso alla bravura indiscussa di Anthony Hopkins
e di tutto il resto del cast aspettandoti che escano da dietro il sipario che si riapre per permettergli di ringraziare il pubblico, il quale ovviamente sta facendo per loro una standing ovation.
Nel recente post che ho dedicato ai BONEY M mi è capitato di citare anche il trio Labelle parlando dei loro costumi sfavillanti ed ora arriva la notizia che Sarah Dash purtroppo ci ha lasciato a 76 anni dopo aver fatto ballare tutti con pezzi come LADY MARMALADE
canzone che poi ha vissuto una seconda giovinezza con il film Moulin Rouge e la versione un pochino più power cantata da Christina Aguilera & Friends. Fondatrice del trio (che all'inizio era pure un quartetto) con Patti Labelle e Nona Hendryx, ha avuto anche modo di collaborare con Keith Richards nel suo TOUR SOLISTAe nell'album Steel Wheels degli Stones al completo.
Per curiosità, la si vede anche insieme a Nona in quel maxicoro finale del film SGT. PEPPER'S LONELY HEARTS CLUB BAND, cosa di cui però dubito andasse fiera, essendo considerata quella pellicola come una delle cose più immonde mai realizzate per il cinema.
In tema di addii più virati sul mondo nerd è da ricordare che è mancato ad 81 anni anche Clive Sinclair,
cioè l'inventore dello ZX Spectrum, e lo ricordo non solo per dovere di cronaca, ma anche perché mi viene da pensare che se oggi siamo un po' tutti qui a scrivere cose (intelligenti o meno) su internet possa essere anche un pochino merito suo.
Nel cinema invece diamo l'ultimo saluto a Jane Powell, 91 anni, regina dei musical e in particolare per quel mito di Sette Spose Per Sette Fratelli,
primo film prodotto con la colonna sonora in Dolby stereo, ma non per le sale italiane in cui il sistema arriverà solo molti anni dopo.
Jane, oltre ad aver ballato anche con Fred Astaire, è apparsa in seguito come guest star in molte serie TV, tra cui Fantasilandia e LOVE BOAT.
Un abbraccio collettivo a tutti da questa galassia lontana lontana.
Secondo la regola dei seguiti che devono sorprendere sempre di più lo spettatore, anche questo nuovo blocco di episodi della saga de La Casa Di Carta fa talmente tanto casino fra sparatorie, esplosioni, gente che urla cose, che hai quasi paura che anche il televisore ti possa scoppiare in faccia da un momento all'altro.
Blocco di episodi perché la malandrina Netflix ha spezzato di nuovo in due la terza stagione come aveva fatto con le precedenti (che quindi son come diventate 4), ma perlomeno stavolta la definisce "parte 5 volume 1", e gli altri episodi della "parte 5 volume 2" arriveranno solo a dicembre, quando su Prime ci sarà anche la "concorrenza" di The Ferragnez, una docufiction in 8 episodi con la coppia più bella del mondo (si, loro).
Vabbé, fatti e strategie di marketing tutte loro, un pochino fastidiose si, tant'è che qualcuno mi ha già detto che aspetterà di vedere gli episodi tutti insieme, ma io ho pazienza e mi son divertito comunque nella baraonda collettiva, cercando di non farmi influenzare da quella brutta, anzi pessima recitazione alla spagnola (molto simile a quella francese) che viene sempre più esasperata mettendo "cazzo" in ogni frase (cioè letteralmente "a cazzo") e da certe battute evitabili tipo "Me l'hai fatto venire duro!" (giuro che sono scoppiato a ridere per l'imbarazzo).
Lungo flashback su Berlino, deceduto nella prima serie con grande rammarico degli autori che ora si inventano storie retroattive su di lui per averlo in scena (e torna nello stesso modo anche Nairobi in un breve flashback) e stavolta il nostro amico, oltre alla nuova moglie, ci presenta pure suo figlio, un genio dei sistemi di sicurezza che per ora sta lì come un McGuffin in questi 5 episodi, ma che si sospetta avrà un ruolo fondamentale nella risoluzione della storia ambientata in questo mondo di ladri dove c'è sempre un gruppo di amici che non si arrendono mai... Hey!!! DAJE ANTONÈ!!!E ringraziate che non spoilero niente eh... Anche se ormai come si conclude questa prima parte è già stato scritto ovunque e quindi si sa chi muore a sto giro...
Chris Pratt sta mettendo le basi per una carriera niente male, anche se finora lo abbiamo visto solo in ruoli da film fanta-action se escludiamo i ruoli minori in diversi film di qualche anno fa. Dai Guardiani Della Galassia al reboot di Jurassic Park, ovvero Jurassic World, di cui però ho visto solo il primo episodio, perché onestamente i dinosauri li trovo ormai un pochino superati... Come preistorici... Son scemo eh? Ma se al pubblico viene bene così perché cambiare?
E anche questo La Guerra Di Domani conferma le scelte fatte finora da Chris. Divertente e casinaro, con mostri orrendi realizzati pure benissimo, se escludiamo solo una brevissima sequenza in cui Chris salta a cavalcioni su uno di loro e che si mostra un filino farlocca.
E poi il viaggio nel tempo che è sempre un argomento affascinante con tutti i paradossi che ne comporta e stavolta sembra che riesca persino a dare una giustificazione a quel piccolo buco di sceneggiatura di Ritorno Al Futuro Parte II, rendendo plausibile la necessità di andare nel futuro per combattere una guerra che non c'è ancora, seppure mettere in mano certe armi a gente presa così per caso senza alcuna esperienza bellica possa in effetti essere poco credibile.
Ma vabbé in nome dello spettacolo avevo perdonato Zemeckis e quindi mi bevo anche questa.
Se poi siete stati fans di Chuck, la fortunatissima serie, qui si ritrova in ottima forma Yvonne Strahowski
motivata da un'idea che pare presa da Terminator ma girata al contrario.
E non dico di più.
Due ore e un quarto che a me son passate come 90 minuti, per cui significa che il prodotto è fatto bene, senza troppi spiegoni inutili che il più delle volte fan calar la palpebra e basta.
Solo una domanda... Perché J.K. Simmons continua ad essere doppiato da Ennio Coltorti,
che come in Justice League non c'entra nulla con l'attore, mentre in Whiplash Luca Biagini era spettacolare?
In coda voglio aggiungere anche un piccolo ricordo di Mariangela Melato, che avrebbe compiuto ieri 80 anni, e che una piccola incursione nella fantascienza l'ha fatta pure lei, ma purtroppo in quel pastrocchio di FLASH GORDON,
dove interpretava il Generale Kala, personaggio inventato esclusivamente per frustare la schiena e le chiappe di Ornella Muti.
Ma le si può perdonare questa piccola svista, dato che nella sua carriera ha preferito un genere decisamente diverso e infatti era stata citata anche lei su queste pagine in coppia con Nino Manfredi per un film particolare e amaro come ATTENTI AL BUFFONE che consiglio vivamente.
Heist movie molto all'italiana, diretto da Marco Vicario, coi pregi e i difetti che una pellicola del 1965 può avere. Fra tutte le cose forse la colonna sonora di Armando Trovajoli, come in QUELL' ALTRO FILM, é quella che regge meno bene il confronto con il tempo, nel senso che già sostituendola con un mood più bondiano, come si è visto in tanti finti 007 come QUELLO CON IL FRATELLO DI SEAN CONNERY, il prodotto ci guadagnerebbe già parecchio.
Mentre le apparecchiature fantasiose con lucine e suoni strani fanno parte di quell'immaginario che ricorreva nei film sci-fi coetanei, perciò, anche se improbabili, ci possono stare, come anche i lingotti d'oro che, come peso, cadono nello stesso trascurabile errore fatto l'anno prima in Goldfinger,
ma visto che come atmosfera del film siamo quasi sui livelli di una Disney del periodo di Robert Stevenson, anche quello riesci a prenderlo per buono. Philippe Leroy é semplicemente perfetto come cervello della banda composta da elementi di varie nazionalità, e Rossana Podestà
mette la sua immagine al servizio del film per distrarti dalle tante pecche e ingenuità della sceneggiatura. Insomma... Just for fun, ed è proprio quello lo scopo del film.
Ah, bei tempi in cui gli addestratori di animali lavoravano sui set cinematografici per far recitare Lassie, Rin Tin Tin, Furia, Flipper e tanti altri che sarebbe una lista lunghissima, si, anche i pinguini in Batman Il Ritorno, se vogliamo restare anche qui in tema di Batman Day. Ma adesso gli animalisti si incazzano anche se spiaccichi una zanzara, perciò basta animali vessati nel cinema e risolviamo tutto con la CGI (che ti costa anche meno) così quello che vedi sembra un cartone animato, ma alla fine ti ci abitui.
È quanto succede anche in questo quinto remake del romanzo di Jack London dove già dalla prima scena ti vedi sto cane fintissimo che ti pare di rivedere Scooby Doo live action.
Ma perlomeno hai un attore di spessore come Harrison Ford che fa anche da narratore (Gammino nella versione italiana) e che con bestioni pelosi ha avuto un certo famoso passato (sta vecchia canaglia).
Completano il cast Omar Sy, il protagonista della serie LUPIN DI NETFLIX, Dan Stevens da DOWNTON ABBEY e Legion, e un cameo con 10 parole in tutto di Karen Gillan che manco avevo riconosciuto tutta infagottata negli abiti ottocenteschi e invernali che indossa nel film.
Quindi se si supera sta faccenda degli animali di cui credo non ce ne sia di vero manco uno, che siano cani od orsi o quant'altro, alla fine il film sa essere carino e disneyano al punto giusto, anche se non sarà ricordato ai posteri come un capolavoro.
È ripartito X-Factor, ma mi riservo di parlarne con comodo più avanti della piattezza riscontrata nelle prime audizioni, dato che spero vivamente in qualche miglioramento. Quindi venerdì musicale invece all'insegna della nostalgia, dato che per anni e anni ai 4 svedesi più famosi del mondo, meglio conosciuti come ABBA, sono state fatte proposte miliardarie per tornare insieme live on stage, ma niente, sempre ciccia che c'ho la sciatica, e l'artrosi, e i chili di troppo, e la ricrescita, e il torneo di burraco, e il bingo... Insomma ogni scusa era buona per procrastinare un ritorno tanto richiesto. Ma un bel giorno non ti arriva in giardino la ILM di George Lucas al gran completo con tutto un armamentario tecnologico da paura? I tecnici prendono i 4 e li infilano dentro a delle tute MOCAP
che paiono tutti Andy Serkis mentre recita nei film per fare Gollum o King Kong o chiunque altro, che tanto l'Andy vero non lo vedi mai.
Fanno settimane di riprese digitali e alla fine ti creano i 4 avatar degli ABBA con lo stesso aspetto che avevano negli anni d'oro del grande successo.
"Sul palco ci mettiamo loro con 10 musicisti e voi cantate dietro le quinte"
"Ma che, possiamo stare in pigiama e pantofole?"
"Al limite pure quello, si, tanto gli stivaloni zeppati e i costumi luccicanti li facciamo mettere ai vostri avatar e voi potreste anche starvene a casa che con la tecnologia 5G siete sincronizzati sul palco senza ritardi esattamente come la Nannini aveva fatto a X-Factor"
"Nannini chi?"
"No niente, lo so che conoscete solo i Ricchi E Poveri perché raccontano in giro che li avete copiati... Allora dai, vi gusta l'idea?" (accompagnando la frase con un assegno pieno di zeri).
E la risposta più o meno dev'essere stata "Urka!!!", tipica espressione svedese che infatti ricorda un mobile dell'Ikea.
Beh, ovviamente il siparietto è tutto inventato, eccetto per la creazione degli ABBA virtuali, ma sul loro utilizzo effettivo non è ancora dato sapere il modo e quanto saranno in scena effettivamente, e per ora solo questo è quanto si sa di quest'evento che si terrà a Londra nel 2022 in un'ABBArena costruita appositamente,
al quale seguirà un tour.
Il tutto anticipato da un nuovo album dal titolo Voyage in uscita il 5 novembre con dieci canzoni tutte nuove, due delle quali sono già state pubblicate: la ballad I STILL HAVE FAITH IN YOUnel cui videoclip si vede sul finale il lavoro fatto digitalmente dalla ILM, e quella un pochino più ritmata con certi suoni che riportano immediatamente echi della famosissima Dancing Queen, DON'T SHUT ME DOWN. Della stessa canzone gira anche una versione del videoclip che mostra molto del BACKSTAGEper creare gli avatar.
Tutto sto impianto virtuale alla fine arriva a supportare la prova live perché l'immaginario degli ABBA è legato parecchio a quel look glam che arriva un pochino anche dal mondo di BARBARELLA,
e farlo riproporre a 4 signori ultrasettantenni forse sarebbe risultato alquanto buffo, per non dire di peggio.
Ma si, è anche vero che i Kiss indossano ancora gli stessi costumi di una volta per il loro tour di addio MOMENTANEAMENTE SOSPESO causa Covid-19, ma francamente non è esattamente la stessa cosa, dai...
Comunque, da quel che posso dire dall'ascolto dei due singoli, forse in verità i pezzi non reggono bene il confronto con le grandi hit del passato, ma di buono c'è che le loro voci invece sembrano non risentire granché dell'età avanzata, per cui mi sento di sperare che l'ausilio degli avatar non sia, come le prime voci che son state messe in giro, per tutto il concerto (sarebbe assurdo), ma semmai sia limitato ad un solo blocco di canzoni, ad un gioco del "come eravamo", è cioè si spera che Benny, Bjorn, Agnetha e Frida si mostrino sul palco anche così come sono veramente (Come As You Are direbbe Kurt Cobain) per ricevere in carne ed ossa, o come si dice in gergo "in the flesh", l'abbraccio di un pubblico che li ha attesi con tanto affetto per 40 anni.
Ci sono film che per un motivo per l'altro vengono catalogati come trash o magari solo perché sono stati dei fiaschi ai botteghini e poi magari col tempo vengono rivalutati per un motivo o per l'altro diventando dei mezzi cult.
È quasi (nota bene: quasi) il caso anche di questo Jolly Blu diretto da Stefano Salvati e tratto da una famosa canzone degli 883 con il titolo simile (Jolly Blue con la "e"), ma qui il "Muppet" Repetto era già stato fatto fuori forse da Cecchetto (non è mai stato chiarito bene), per cui si è resa necessaria la piccola modifica per non incorrere in diritti d'autore. Film sulla sala giochi piena di giochi che non c'è più, e che alla sua uscita è stato spernacchiato in mille modi e direi anche giustamente perché comunque la qualità non è esattamente eccelsa, anzi è proprio brutto, e qui fra gli orrori inguardabili ci sta benissimo.
Un piccolo retroscena però riesce a rendere questo film, o meglio il backstage, un po' più interessante perché ai provini si era presentata una giovane Angelina Jolie
che aveva già avuto una parte nel videoclip ALTA MAREA di Antonello Vendittisempre con la regia di Salvati che pensava di portarsela dietro anche qui.
Com'è, come non è, Angelina è stata considerata troppo sensuale ed è stata preferita una più nostrana Alessia Merz.
Vai a fidarti alle volte dei direttori dei casting che ci vedono così lungo.
Tutto sommato pare, da voci di corridoio, che Angelina alla fine se la sia cavata da sola anche senza l'aiuto degli (o dello) 883.
Disney? No, davvero la Disney ha sulla sua piattaforma Star questa serie? Non me lo sarei mai aspettato, anche se Star è indirizzata preferibilmente ad un pubblico adulto, e dalle altre serie già pubblicate si capiva che non c'erano mezzi termini.
Beh era ormai fuori da ogni dubbio che il personaggio iconico di American Horror Story fosse Rubber Man, per cui doveva tornare prima o poi e lo fa, coniugato al femminile, nella nuova serie di "stories" autoconclusive o, perlomeno come i primi due episodi (ne viene pubblicato uno ogni mercoledì), divise in due parti, dove trovi di tutto, ma proprio tutto: gay, lesbo,
fetish (già dalla SIGLA DI APERTURA più che esplicativa),slasher, case maledette, nonché bullismo, insomma un campionario che in casa Disney sembrerebbe fuori luogo se non fosse per la spruzzata di favoletta che alla fine del secondo episodio pare stemperare i toni... Dico pare... Perché poi...
Ma si sa... I tempi cambiano e la TV si adegua, sennò la concorrenza di PornHub e YouPorn diventa difficile da contrastare.
Non voglio spoilerare nulla perché mi piacerebbe sapervi sorpresi come lo sono stato io durante la visione.
Sorpreso si, ma scandalizzato certo no, perché comunque ormai sono avvezzo a certe cose amando film come IRMA VEP e Batman Returns, e pure certe robe tipo Jennifer's Body...
I due episodi vanno poi a ricollegarsi al settimo e conclusivo (Game Over), mentre quelli centrali sono indipendenti come dei mini film e in uno di essi ci troviamo pure Danny Trejo che fa un Babbo Natale un po'speciale, come lo farebbe appunto Danny Trejo.
Non so, forse sono io... Ma ho visto i fratelli D'Innocenzo durante un'intervista a Venezia e, aldilà che dicessero cose sensate o meno, mi ha molto urtato la loro aria snob, distaccata, un atteggiamento sussiegoso un po'come aveva il Mengoni degli inizi che invece ora è molto cambiato e decisamente più alla mano, e francamente non so se tale atteggiamento fosse per fare scena o se i due son diventati proprio così, poiché non li ricordavo tali in occasione di altre brevi apparizioni pubbliche pochi anni addietro.
Fatto sta che mi sono sembrati così antipatici da darmi una risposta al perché Favolacce non l'ho terminato di vedere, stessa cosa successa anche a Gabriele Muccino che non si è risparmiato in critiche negative verso il film, che poi lui è un regista e magari ne capisce più di me, e La Terra Dell'Abbastanza l'avevo saltato proprio.
E di questo America Latina in giro già non si parla molto bene se non per la solita magistrale interpretazione di Elio Germano per cui forse no, cari fratellini, forse non siamo fatti l'uno per gli altri, ma, ripeto, forse è solo una mia impressione, e se guarderò il vostro film (potrebbe capitare, perché io mica me la tiro...) prometto che sarò pronto a cambiare idea nel caso mi piacesse.
Oh, ma d'altronde se a me stanno simpatici registi come James Gunn e Sydney Sibilia forse un motivo c'è.
Eccheccosa si può dire del nono episodio di F&F (decimo se conti anche HOBBS & SHAW ) se non che rispetta in pieno la regola che ogni seguito deve essere piuppiuppiù del precedente anche a costo di sbragare nell'esagerazione più incredibile, impossibile, inammissibile?
Perché questo è... per 2 ore e passa di veicoli che sbadabam e patapum, dalla moto al grande mezzo militare,
contro ogni legge della fisica con elettromagneti, i veri grandi protagonisti del film, che attirano quello che ti fa comodo e nel modo come ti serve,
e contro anche le leggi della gravità tant'è che finiscono pure nello spazio con un'automobile, perché se c'è stata una Tesla non può farci un giro anche una Dodge Charger?
E in un angolo della sala buia sono sicuro che c'era pure Tom Cruise che rosicava perché sta saga sta diventando più Mission Impossible della sua ed è stato battuto sul tempo con la conquista dello spazio (e oltre) da Vin Diesel che stavolta oltre alla sorella ha pure un fratello che più che a lui somiglia sputato a John Cena, e con il quale ha avuto un piccolo diverbio da ragazzi tipo sulla colpa di aver assassinato il padre durante una corsa Nascar, cose che succedono anche nelle migliori famiglie, e si ritrovano ora uno contro l'altro,
cane e gatto come Tomas Milian e Bud Spencer, solo che non si prendono solo a cazzotti, ma anche a sportellate e cannonate perché se fai le cose le fai in grande o niente.
Charlize Theron torna a vestire i panni attillatissimi di Cipher con un nuovo taglio di capelli a scodella
che su di lei sta benissimo in ogni caso (pure rasata come Furiosa in Mad Max Fury Road) e si produce anche in un siparietto su Star Wars prendendo per i fondelli il "cattivello figlio di papà".
Ci sono pure dei camei brevissimi, ma sorprendenti, e altri d'eccezione come Michael Rooker (pure qui), Cardi B che si toglie il passamontagna ed è impeccabilmente pettinatissima, mentre se lo faccio io ho i capelli come un carciofo, Helen Mirren che spiega due cosette a Vin su come si guida, e persino Jason Statham sui titoli di coda, il quale incontra un fantasma del passato (Han) che tanto fantasma non è dato che sta sulla locandina e per metà film agisce con la Toretto Family.
Si, perché la famiglia viene citata più e più volte, e in questo caso è una famiglia molto allargata che si riunisce per il giorno del ringraziamento in quella casa del primo film con una sedia ancora vuota perché stanno aspettando che arrivi ancora un amico, il quale arriva poco dopo rombando su quella Nissan Skyline blu.
L'11 Settembre è passato e se ne è parlato ovunque, anche per l'assenza di "QUEL PERSONAGGIO" alle commemorazioni ufficiali, il quale ha preferito dedicarsi ad insultare come al solito il suo successore (ma infatti diceva Nanni Moretti in Ecce Bombo "Mi si nota di più se vengo o se non vengo?"), per cui mi sono preso un giorno di ritardo per postare con comodo la mia versione sulle famose Torri Gemelle... No, niente post complottista, ci mancherebbe proprio, perché anzi in rete è già stato ampiamente dato e si trova veramente di tutto per realizzarci su una serie per Netflix che manco La Casa Di Carta...
Oggi semplicemente lego il mio ricordo personale sul World Trade Center con due film nei quali (specie il secondo) gli edifici diventano i protagonisti.
King Kong del 1976 firmato da John Guillermin con Jeff Bridges e Jessica Lange, e ovviamente con il gorillone meccanico di Rambaldi,
o più precisamente i vari pezzi che lo componevano, vede le due torri come traguardo finale di Kong perché gli ricordano le due formazioni rocciose della sua Skull Island dalla quale è stato portato via, lui che di andarsene non aveva davvero nessuna intenzione dato che laggiù era considerato un Dio e la cosa gli faceva molto comodo, perché è risaputo che "Se ti chiedono se sei un Dio tu devi rispondere di sì" (cit. GHOSTBUSTERS).
Nota sul poster del film che in maniera spettacolare, ma molto improbabile, mostra il nostro amico con le zampe su entrambe le torri, ma sai com'è... De Laurentiis in veste di produttore faceva le cose molto molto in grande e se il Kong di Schoedsack era grosso, questo doveva apparire ancora più grosso.
Il secondo film è molto più recente (2015) ed è The Walk diretto da Robert Zemeckis che narra l'impresa pazzesca e vera del funambolo Philippe Petit (Joseph Gordon-Levitt) di camminare su una corda tesa proprio tra i due edifici
(in foto il vero funambolo).
Era uscito anche in 3D per quelli che non soffrivano di vertigini, ma le scene erano già parecchio esplicative e stupende nella versione tradizionale.
Per finire un addio cinematografico come ne capitano tanti su queste pagine perché, in questo caso, è il normale cerchio della vita: il suo nome era Art Metrano, comico cabarettista, ma il ruolo del tenente Mauser nel secondo e terzo episodio della saga di Scuola Di Polizia è stato quello che lo ha reso famoso, con tutto quello che gli succedeva durante i film (tipo la scena delle sopracciglia).
Se n'è andato ad 84 anni dopo aver avuto anche un brutto periodo a causa di una lesione alla colonna vertebrale dalla quale si era però ripreso. Addio Art, noi ti ricordiamo così: