sabato 12 luglio 2025

VELVET SUNDOWN: LA BAND CHE NON ESISTE

 Musica del sabato molto particolare oggi perché ormai siamo finiti dentro a BLACK MIRROR, c'è poco da fare, e lo dimostrano i Velvet Sundown, band indie dal sound westcoast formata da quattro elementi il cui stile fa ricordare certe cose alla Eagles e tutto quel filone da LAUREL CANYON così caro anche a Francesco Bianconi dei Baustelle.


Tre album all'attivo, più un mini lp di inediti e migliaia di ascolti sulle piattaforme tipo Spotify. 
Ma il bello è che tutto ciò non esiste perché è stato creato dall'intelligenza artificiale con programmi tipo Suno per le canzoni e Chat Gpt per la biografia della band, con anche molte foto (anche quelle finte) a corredo.

Il risultato è stupefacente, perlomeno per quanto mi riguarda, poiché i loro inesistenti album (qui sopra il PRIMO) sono di gran lunga migliori di tante produzioni attuali con "artisti" veri che ci mettono la faccia e la voce, produzioni pure quelle basate sulla A.I. (ma non lo ammetteranno mai), rivolte invece al filone hip hop, rap,  trap eccetera, forse perché finora sembrava che l'abbinamento computer/musica fosse destinato solo a quello, nel senso che se una volta si faceva già musica utilizzando i computer come hanno dimostrato i Kraftwerk (nota bene l'uso di allora dove l'umano rimaneva il padrone della situazione), attualmente invece si fa musica pensata e creata direttamente dai computer con basi tutte molto simili tra loro e sintetiche (vedi quello che è passato agli ultimi Festival Di Sanremo). 
E invece stavolta l'intelligenza artificiale suona come se fosse vera con solo forse la mancanza di un refrain che spicca, un giro, una frase che faccia la canzone, quella che fa cantare in coro quando parte nei concerti (QUESTO sotto è il singolo più recente).

Si, perché i brani sono belli, su questo non si può dire nulla, ma scorrono un po' troppo lineari (quasi come quelle canzoni che spesso vengono composte per un film su una finta band), e sembra manchi qualcosa al brano per poter spiccare il volo. 
Cosa questa in realtà che, bisogna dirlo, nel mondo indie è più frequente di quanto si possa immaginare, dato che il più delle volte il tocco che fa "speciale" una canzone viene dato dal produttore e cito come esempio Alan Parsons che quando ha messo le mani su TIME PASSAGES di Al Stewart ha creato una cosa completamente diversa dall'idea di partenza del cantautore inglese facendolo diventare simile ad un album del Project featuring Al Stewart (ma non dimentichiamo il suo lavoro su MUSIC di John Miles e la confezione ultra curata di quel FAMOSO DISCO dei Pink Floyd).

Ecco perché questi Velvet Sundown alla fine suonano davvero come una indie band senza il produttore padrone che ne guida le mosse. 
Sicuramente dietro c'è anche qualcuno che verifica e corregge il prodotto poiché personalmente ho provato a fare recensire a Chat Gpt qualcosa, così per provare, e quello che ne è uscito è stato un testo che era attinente alla mia richiesta, ma con anche parecchi errori e cose inventate di sana pianta che, se uno sa di cosa si sta parlando, si riescono a sgamare subito, mentre nel caso dei Velvet Sundown, tutto è curato alla perfezione come se ci fosse un vero ufficio stampa al lavoro. 
Che tutto ciò sia un bene o un male adesso forse è ancora presto per dirlo, anche perché questo potrebbe essere solo un semplice esperimento, una dimostrazione di come possa essere utilizzata la potenza e la capacità creativa di un computer in questo contesto.

Si, proprio quel computer che quando è spento diventa il classico Black Mirror... 

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Tengo sempre pronto il blaster.