Oggi è un giorno da ricordare per il cinema perché è ben mezzo secolo che Vittorio DeSica ci ha lasciati.
Padre del neorealismo come regista con film come Ladri Di Biciclette, la sua eredità cinematografica è stata poi presa in mano dal figlio Cristian che... beh... vola decisamente più in basso, ma parlarne male sarebbe come sparare sulla Croce Rossa.
C'è da dire che comunque Vittorio si era distinto anche come attore brillante nelle commedie leggere (mai pecorecce) tipo la tetralogia di Pane, Amore e... (quello nella foto è un cofanetto di tre dividì, ma c'è anche un quarto Pane Amore E... Andalusia) e Cristian, dalla sua, qualche rara volta ha anche partecipato a film drammatici come I Limoni D'Inverno dello scorso anno.
In questa giornata di ricordi allora colgo l'occasione per segnalare anche la scomparsa di Renato Serio, 78 anni, direttore d'orchestra, compositore e arrangiatore dei lavori di Renato Zero dalla metà degli anni 80,
quando il cantante romano cominciò a mettere un po' da parte quella sua vena scandalosa, ma divertente, del primo periodo in cui i suoi partners musicali erano Ruggero Cini, Piero Pintucci e Franca Evangelisti, e suo collaboratore anche per la controversa trasmissione tv del 2000 Tutti Gli Zeri Del Mondo, criticata si, ma che però a me era piaciuta.
Assonanza dei due nomi Zero - Serio che all'epoca mi faceva pensare ad uno pseudonimo per nascondere la stessa persona e invece non era assolutamente così, ma sai com'è, a metà anni 80 mica avevamo già in mano internet per documentarci. Renato è stato anche l'autore della sigla dello show, condotto da Bonolis/Laurenti, Ciao Darwin, con la canzone MATTI cantata sempre da Zero.
Altro nome della musica che ci ha lasciati nei giorni scorsi è PHIL LESH, 84 anni, polistrumentista che ha fatto parte come bassista e anche voce dei Grateful Dead, la band rock blues di Jerry Garcia della quale era stato co-fondatore.
Altro mondo musicale quello da cui invece arriva Lou Donaldson, mancato di recente a 98 anni e sassofonista jazz che ha suonato in moltissimi dischi della famosa etichetta Blue Note improntata appunto sul jazz.
Quindi oggi, accanto ad un ricordo di Vittorio, anche un addio a Renato, Phil e Lou.
Il 12 novembre del 1984 veniva pubblicato l'album degli Eurythmics intitolato come l'anno in corso,
ma non a caso poiché era la colonna sonora del film britannico tratto dal romanzo di George Orwell (ne avevo parlato brevemente QUI) e diretto da Michael Radford, con John Hurt e Richard Burton del quale è anche l'ultima apparizione cinematografica.
È il film del Grande Fratello, no, non quello con Alfonso Signorini (Dio ce ne scampi!), ma quello del romanzo che ipotizzava un futuro distopico dove venivamo costantemente controllati da telecamere.
Beh, diciamo che George Orwell aveva anticipato di qualche decade quello che invece succede adesso dove, oltre alle telecamere di sorveglianza che ci sono in giro, che ben vengano in casi di crimini, siamo controllati anche dalle nostre ricerche su internet per cui se vai su un sito dove si parla di polli, poi ti arrivano dei pop up a tema e ti rendi conto che il pollo sei tu.
Vabbè, l'uscita al cinema in UK era stata il 10 ottobre, mentre arriverà solo alcuni mesi più tardi nel 1985 per l'Italia dove (non si sa perché) lo troveremo con l'aggiunta di Orwell davanti a 1984, ma questo è uno dei danni minori dei distributori nostrani.
Nel frattempo noi dj dell'epoca facevamo ballare il pubblico delle discoteche con SEXCRIME (NINETEEN-EIGHTY-FOUR), il singolo degli Eurythmics tutto vocoder e campionature a raffica tipo 19 di Paul Hardcastle che uscirà l'anno successivo.
Pezzo, questo del duo, che aveva comunque un gran tiro, e, come succedeva sempre in quella decade la musica faceva da traino per il film. Cercasi Susan Disperatamente, Breakfast Club, Ghostbusters, Flash Gordon, Electric Dreams, La Storia Infinita, Guerre Stellari e moltissimi altri avevano creato l'hype grazie alle colonne sonore che riempivano le piste delle discoteche e suonavano alla radio diversi mesi prima che arrivasse il film, ma tante volte era capitato anche che poi, alla visione, ti trovavi davanti qualcosa che non era come pensavi.
E, in questo caso infatti, se conoscevi Orwell e il suo 1984 come libro, allora eri già preparato, mentre se andavi al cinema solo perché ti piaceva quella canzone, beh, in questo caso tanti sono rimasti delusi.
Non che sia un brutto film, sia chiaro, ma anche la critica all'epoca rimase divisa fra quella internazionale che lo elogiava e quella italiana che faceva il confronto con Nel 2000 Non Sorge Il Sole del 1956, cioè la prima trasposizione cinematografica del romanzo che, secondo molti critici che ne sanno più di me, era superiore a questa nuova versione e anche quella in realtà aveva come titolo originale 1984, modificato per l'edizione italiana con quel titolo lungo che conteneva un anno 2000 che non c'entrava una cippa, ma faceva tanto fantascienza.
Fatto sta che anch'io del disco 1984 (For The Love Of Big Brother) di Dave Stewart & Annie Lennox (perché era un disco fatto proprio in duo senza altri musicisti) ricordo ad oggi solo quel maxisingolo che mettevo in radio e in discoteca perché mi riempiva la pista in quel periodo così lontano nel tempo in cui noi dj lavoravamo ancora sui vinili.
Da stasera per tre giorni torna al cinema per il suo decimo anniversario Interstellar,
il filmone di Christopher Nolan dove Matthew McConaughey, siccome la vita sulla terra sta diventando difficile, parte, in cerca di risposte e nuovi orizzonti, per un viaggio nello spazio dove il tempo scorre in un modo diverso dalla terra (si, come nei sogni di INCEPTION, ma con il parametro opposto) e quindi, quando torna, trova tutto un po' cambiato, anche sua figlia adolescente, ma nel frattempo gli verranno chiariti certi fatti strani che accadevano in casa sua prima della sua partenza.
Amato da molti e criticato da altrettanti, ed anche l'ultimo con la partecipazione di Michael Caine che è stato un punto fisso, quasi un feticcio per il regista fino ad allora, per me rimane ancora uno dei film buoni di Nolan che "arruolerà" anche l'idolo delle teenagers Harry Styles in Dunkirk
(nessuno mi toglie dalla testa che anche Leonardo DiCaprio lo avesse ingaggiato a causa di una certa auto-somiglianza), e che invece poi la farà un po' fuori dal vaso con TENET e arriverà pure ad annoiarmi leggermente con OPPENHEIMER (si, avevo preferito BARBIE nello scontro fra i due).
E comunque non posso non apprezzare un film dove c'è anche Anne Hathaway in tenuta da astronauta, eh...
Siamo a posto perché adesso abbiamo visto la "Luce", ma non quella dei Blues Brothers, bensì la mascotte del Vaticano nata per il Giubileo del 2025.
Si tratta di una bambina kawaii (espressione giapponese che significa tenero, carino) ispirata al mondo dei Manga con impermeabile giallo tipo Greta Thunberg o Georgie, il bimbo che fa una brutta fine all'inizio di It, se preferite,
ed è stata creata per Tokidoki da Simone Legno, designer romano che vive spesso in Giappone, appunto, e si è ispirato proprio a quel mondo anime che conosce bene.
Nota curiosa è che sempre lui in passato aveva disegnato anche dei sex toys, ma vabbè... erano molto kawaii lo stesso anche quelli.
Altra nota curiosa è che, con l'intelligenza artificiale, sono già apparse in rete numerose versioni diciamo alternative di Luce
di cui questa è la più casta.
Eh, ma non è una novità, poiché già si usava fare questo procedimento nel mondo del cinema porno con le versioni osé di famosi film come Flash Gordon che era diventato Flesh (carne) Gordon
(con l'aggiunta del titolo italiano Andata E Ritorno Dal Pianeta Korno o anche Porno a seconda delle edizioni) con la particolarità che questo arrivava molto prima di quello musicato dai Queen (era il 1974), e anche con i personaggi della tv tipo Raffaella Carrà con la sua Maga Maghella di Canzonissima
che si vide uscire in edicola una serie di fumetti per adulti con quel nome anche se il personaggio era tutta un'altra cosa rispetto alla soubrette bionda e ne avevo parlato TEMPO FA.
Per la musica del sabato, oggi propongo l'album di Meghan Trainor uscito lo scorso marzo dal titolo Timeless.
Disco che, a mio parere, vale la pena di guardare appunto sia davanti che dietro, e anche, volendo, nella versione deluxe.
Qui la nostra bionda amica curvy pare aver perso qualcosina in fatto di peso (è così infatti) e, per un attimo, apparentemente anche in fatto di verve perché in apertura del disco non ho sentito quella spensieratezza di canzoni yeye sue del passato tipo Made You Look e All About That Bass.
La ragazza sembra essersi diretta in parte verso la tendenza delle "bitches" (nel senso buono) contaminando le sue canzoni di r'n'b e hip hop, che comunque tutto sommato non guastano. Questo lo si sente appunto in apertura con TO THE MOON dal videoclip fantascientifico dove Meghan appare in formissima con diversi outfit e con diversi ospiti tra i quali suo marito, suo figlio e l'attrice comica Niecy Nash pure lei curvy e in outfit notevole.
La canzone era già stata messa in versione strumentale in coda al precedente video di BEEN LIKE THIS (mentre scorrevano i titoli di coda come in un film), dove è ospite TPain che forse lo si può notare fra uno schiaffetto e l'altro sui fondoschiena.
In WHOOPS, il terzo singolo estratto, invece c'è solo lei in scena moltiplicata a fare la bad girl spaccatutto.
Alla fine dell'ascolto quindi mi sono accorto che quello smarrimento iniziale per fortuna era solo un'impressione perché subito in ogni canzone ci ritrovo sempre quella Meghan che conosco, quella dai ritmi vintage e quindi capisco che nel suo caso si tratta di evoluzione, di apertura verso altri mondi la sua, e ci sta benissimo, ma dico anche "basta perdere peso eh..." che anche in questo senso ci sta benissimo così la Meghan.
Arriva oggi qui sul blog non a caso l'ultimo film diretto da Michele Placido, Eterno Visionario, che racconta Luigi Pirandello nel pubblico e in particolare nel privato.
Non a caso poiché oggi, 8 novembre, cadono i novant'anni dell'assegnazione del Premio Nobel per la letteratura al famoso drammaturgo.
Certo può fare fare specie parlare di Pirandello in un blog dove ieri c'era un robot della Marvel/Disney, e prima ancora Godzilla, e ancora prima una spia di fantasia, per non parlare della settimana horror dedicata ad Halloween.
Ma, pensandoci bene, perché no?
Dopo la VERSIONE FANTASIOSA di due anni fa con un perfetto Toni Servillo e il duo Ficarra & Picone, nel film di Placido, presentato in anteprima alla Festa Del Cinema di Roma e distribuito da ieri nelle sale, lo scrittore è interpretato da Fabrizio Bentivoglio che, grazie al trucco, gli diventa davvero molto simile, mentre Toni già lo è di suo.
Qui si vede Pirandello che si sta recando in treno a Stoccolma per ritirare il Nobel e, durante il viaggio, ricorda in flashback i momenti della sua vita, espediente questo ormai molto usato, specie nei biopic, per non stare legati ad un rigoroso ordine cronologico degli eventi e che permette quindi di saltare a piacimento nelle vicende.
Ricordiamo che Pirandello raggiunse la popolarità grazie a Il Fu Mattia Pascal del 1904, di cui si racconta l'abbia scritto durante le veglie alla moglie paralizzata alle gambe, libro che è stato trasposto due volte in bianco e nero in pellicola tra gli anni 20 e 30, di cui la prima versione era un film muto.
Qui invece abbiamo sia il colore che il sonoro con la COLONNA SONORA degli Oragravity, ovvero il duo italiano composto da Umberto Iervolino e Federica Luna Vincenti e ideato dal manager Raffaele Chiecchia, che sottolinea le immagini del film con suoni ambient, elettronici, classici dall'effetto un po' straniante che sembrano ispirati a cose come quelle dei Sigur Ros.
Qualcosa doveva essere già lì da un po' che bolliva nella pentola della Disney dato che nel 2004 erano già arrivati Gli Incredibili, film chiaramente ispirato ai supereroi dei fumetti tipo I Fantastici 4, e dieci anni dopo nasceva la prima vera collaborazione con la Marvel acquistata dalla Casa Del Topo nel 2009, ma per il momento si trattava ancora di un prodotto animato, cioè il genere che ha reso famosa la Disney degli anni d'oro.
Era infatti il 7 novembre del 2014 quando usciva negli States Big Hero 6 che era un film appunto animato prodotto da John Lasseter (Toy Story, Gli Incredibili) per la Disney Animation Studios che si basava su una serie di fumetti Marvel.
La storia parla di ragazzini nerd che diventano una squadra di supereroi aiutati da Baymax, un buffo robot pacioccone che da noi parla con la voce di Flavio Insinna.
Hiro, il giovane protagonista invece è stato doppiato dal figlio di Robin Williams... versione italiana, cioè Arturo Valli, figlio di Carlo Valli.
Molto molto divertente secondo me ed è la conferma che se c'è di mezzo Lasseter il prodotto vale sicuramente la pena di essere visto.
In Italia arriverà lo stesso anno già per le feste di Natale il 18 dicembre e si prenderà l'Oscar nel 2015 come miglior film animato.
E comunque, per chi non l'avesse visto all'epoca, è su Disney +.
Eccoci qua ormai all'habemus president, e c'è chi è contento e chi no, tipo Jennifer Lopez e Harrison Ford che si erano schierati per Kamala Harris (a proposito dell'ex Indiana Jones, su Apple Tv+ stanno uscendo gli episodi della seconda stagione di SHRINKING, ancora più cinica della precedente), mentre in questo 2024 un gigantesco e amatissimo mostrone, forse quasi il più famoso del mondo, quello modificato dalle radiazioni atomiche e chiamato Godzilla, ha appena compiuto la scorsa domenica 70 anni.
Per la precisione era il 3 novembre del 1954 quando arrivava nelle sale giapponesi il primo film in bianco e nero diretto da Ishiro Honda, pellicola che doveva essere la risposta giapponese al King Kong americano, inventando così, fra una cosa e l'altra, anche il genere kajiu.
King Kong in persona... ehm... in gorilla poi dividerà la scena con la maxi lucertola preistorica in alcuni film successivi sempre giapponesi, tra i quali anche uno in cui il gorilla è un robot gigante, e anche più di recente, quando la saga passerà in mano agli americani, succederà che i due si scontreranno.
Ma i furbissimi orientali, per facilitare la distribuzione all'estero, già settant'anni fa mettevano nei film di Godzilla anche attori americani con parti più o meno importanti come anche in questo primo episodio che due anni dopo, per arrivare in America, venne sforbiciato in parecchie scene sostituite da altre recitate appositamente ex novo da Raymond Burr che interagisce con gli attori giapponesi per rendere credibile il montaggio finale.
Tecnica questa usata anche per le serie dei Power Rangers che abbiamo visto 20 anni fa in Italia dove le scene dei combattimenti con i costumi erano quelle originali nipponiche, mentre poi gli attori orientali nelle sequenze "in borghese" erano sostituti da altri americani con un abile "taglia e cuci".
Passerà ancora un anno e nel 1957 questa versione giappoamericana arriverà anche in Italia dove Burr sarà doppiato da Emilio Cigoli,
voce storica del cinema con più di diecimila film in oltre quarant'anni di doppiaggio.
All'inizio il nostro gigante, che in originale si chiama Gojira (tradotto sarebbe più o meno tipo "gorillabalena"), è una minaccia da combattere, la personificazione della violenza e dell'odio contro l'umanità, ma dai film successivi, un po' come succederà in Terminator, diventerà un difensore del pianeta.
Anche se non viene citato nel titolo del film (nemmeno in quello originale), lo vedremo anche in L'INVASIONE DEGLI ASTROMOSTRI, il sesto sequel sempre diretto da Honda nel 1965 e distribuito in Italia qualche anno dopo dalla Titanus che in quel periodo, avendo fiutato il filone proficuo, stava facendo man bassa di cinema orientale tra mostri e wuxia, compresi quelli con Bruce Lee.
Nato in Giappone come film per adulti, per cui un prodotto anche abbastanza violento, in seguito sarà edulcorato per permetterne la visione anche ai bambini che mostravano di apprezzare molto quel genere kajiu e, non ultimo, anche per il motivo del merchandising nel quale i giapponesi sono sempre stati avantissimo e lo sono tuttora.
La saga di Godzilla poi è stata rinnovata, come dicevo sopra, in versione stelle e strisce prima da Roland Emmerich e, più di recente, da Gareth Edwards con una nuova serie di film che hanno pure avuto un ottimo riscontro di pubblico.
Se poi vi capita di passeggiare per Tokyo, potrete vedere l'amico mostro spuntare da dietro uno dei tanti palazzi della città che tante volte ha raso al suolo per sconfiggere gli altri mostri cattivi.
Ho avuto in passato anche un gioco per la PlayStation in stile picchiaduro dove Godzilla combatteva contro tutti i mostri avversari della saga facendo naturalmente anche i soliti danni alla città.
Da notare, nella serie dei film giapponesi, che Godzilla all'inizio emetteva una specie di raggio di energia atomica dalle fauci,
mentre in seguito, per economizzare l'effetto speciale, tale raggio diventerà un più semplice getto da lanciafiamme tipo drago.
Per questo ora mi sorge il dubbio che forse, per il suo compleanno, sia meglio che Godzilla si astenga dal soffiare sulle 70 candeline.
Stasera, eccezionalmente, andrà in onda Una Poltrona Per Due anche se non è Natale.
Si, ma non si tratta del famoso film di John Landis (il cui vero titolo poi era Trading Places) dato che la poltrona in questione è quella che si stanno contenendo Kamala Harris e Donald Trump per la Presidenza degli Stati Uniti.
Tuttavia, per chi come me fa della musica una fida compagna di vita, credo che la notizia bomba di oggi sia sicuramente la morte di Quincy Jones a 91 anni,
il mitico musicista ,arrangiatore, produttore di Michael Jackson, con lui nella foto, l'ideatore della serie tv Willy Il Principe Di Bel-Air e dell'evento U.S.A. For Africa che ha partorito quella We Are The World celebrata anche in un documentario disponibile su Netflix, senza dimenticare i brani a suo nome che, alcuni scritti appositamente per cinema e tv, sono diventati colonne sonore
come l'opening dell'altra serie tv SANFORD & SON, ormai vintaggissima a vederla, ma così avanti per come scherzava sui temi del razzismo, oppure la mitica Soul Bossa Nova, campionata e riutilizzata migliaia di volte anche negli spot pubblicitari, ma sopratutto tornata in auge con AUSTIN POWERS.
Ma, tornando all'evento presidenziale, da noi chi vorrà seguire la cosa in diretta dovrà fare il nottambulo perché, per il fuso orario, andrà in onda dalle 23.00 su tutti i canali di informazione.
Per me invece, sapere in che mani finisce l'America sarà una cosa da scoprire al risveglio con tutta calma, e sono sicuro di riuscire a dormire benissimo lo stesso.
Certo, a seconda del vincitore, ci saranno diversi aspetti per come verranno gestite tante faccende, in primo luogo il coinvolgimento nei conflitti che stanno devastando il nostro pianeta.
Devastazione che, come se non bastasse, viene portata anche dove la guerra non c'è per colpa degli eventi atmosferici sempre più preoccupanti ovunque (in questi ultimi giorni ne è vittima la Spagna) perché il pianeta reagisce, ma non è che ce l'abbia veramente con noi.
L'ho già detto che sto gnocco di terra e acqua sta cercando solo di mettere un tappo alle tante falle che l'uomo vi sta creando sopra e quindi si adatta così perché è l'unico modo con cui può fare qualcosa.
Intanto, anche su questo argomento vedremo, chi dei due vincerà, quali provvedimenti prenderà per limitare i danni che anche in America sono stati parecchi.
E intendo dire limitare i danni con la prevenzione, poiché a risolvere l'emergenza clima puoi sbatterti finché vuoi, ma se ci metti le mani puoi solo peggiorare le cose.
Finora Matthew Vaughn non mi ha mai deluso con i suoi film e pure quest'ultimo Argylle (chiamiamolo solo così per favore) a me è piaciuto un sacco.
La critica invece non è stata favorevole, ma temo che si tratti solo di un problema dovuto all'inizio del film, quando vedi fare ad un ingessatissimo Henry Cavill, John Cena e Dua Lipa (si, ho scritto proprio Dua Lipa) certe cose così esagerate da cartone animato che sono sicuro che più di uno spettatore avrà esclamato "bah!" specialmente quando John ti fa quella cosa lì alla bella cantante.
E invece basta andare avanti ancora di un pochino per capire come stanno le cose veramente.
Ok, anche in seguito la vicenda non è che rimanga del tutto coi piedi per terra, ma, trattandosi di una storia di spie, basta pensare che anche nei film di 007 (in particolare con l'era di Roger Moore) le cose andavano spesso e volentieri sopra le righe.
(dà mica fastidio un'altra gif di Dua Lipa, stavolta armata, vero?).
I tre nomi citati sopra, seppure fondamentali nel film e, specie con Cavill adatti a fare breccia nel pubblico femminile, in realtà non sono i veri protagonisti che invece sono la rossa Bryce Dallas Howard
(io aggiungerei doverosamente anche Cunningham nel cognome) ed un (all'inizio irriconoscibile) Sam Rockwell,
sempre così wowowow nei film che adesso mi domando se non sia così anche nella vita reale.
Che poi le vere spie non possano essere mai così appariscenti come ci vengono mostrate nei film, questo è un altro discorso, e ancor di più ultimamente le vere spie sono quegli hacker spesso giovanissimi che se ne rimangono nascosti dietro allo schermo di un computer tramite il quale rubano informazioni preziose senza bisogno di mettersi uno smoking e andare al casinò.
Ma tant'è che la nostra rossa poi ad un certo punto, per entrare in pieno nella parte della spia secondo i cliché del genere, diventa la perfetta sosia di Adele, però non canterina, per prodursi invece insieme al suo partner in un onirico balletto/scontro a fuoco contro i cattivi, altra sequenza tutta matta, ma che mi è piaciuta un sacco.
Completano il cast Samuel L. PJackson, Bryan Cranston, Catherine O'Hara e... il gatto che molti hanno pensato fosse quella la super spia del solito inutile titolo italiano, con altri nomi/cameo che fanno puntare il dito verso lo schermo. Ah... di cosa parla veramente il film, che si colloca, come vedremo nella scema post credits, nell'universo di The Kingsman, non posso dirlo perché, essendo una faccenda di spie, è ovviamente Top Secret e il bello è scoprirlo durante la visione, ma posso dire che quasi mai quello che si vede è davvero quello che sembra.
Ed è proprio per questo che a me è piaciuto.
In coda, se può far piacere, aggiungo ancora una sinuosa gif sinusoidale di Dua Lipa che mi era rimasta lì.
Ecco la chicca cinematografica che avevo anticipato ieri, ed è L'Aldilà- E Tu Vivrai Nel Terrore di Lucio Fulci dato che da un paio di anni ne è stata realizzata un'edizione speciale in Blu-ray con colonna sonora allegata in vinile rosso sangue e booklet fotografico, e che adesso viene riproposta nuovamente in vendita, ma solo online.
Magari l'idea di partenza del film può ricordare Shining per l'albergo costruito dove era meglio non farlo, ok, ed è ancora più dichiaratamente ispirato a Inferno di Dario Argento, ma la pellicola vale lo stesso una visione.
Anche perché Fulci è stato citato diverse volte nel cinema anche da nomi come Tarantino e Raimi.
Attenzione però che il box è costosissimo, perciò solo per veri collezionisti.
Direi che con questo film sono ufficialmente concluse in bellezza le citazioni e i post a tema Halloween per quest'anno.
E pensare che una volta noi non sapevamo nemmeno cosa fosse sta festa horror...
Settimana piena di film questa, perciò anche due giorni di seguito dedicati alla musica ci stanno, e poi per domani c'è pronta una chicca cinematografica giusta per Halloween appena passato.
Oggi musica allora perché un anno esatto è passato dal disco di Halloween dei Duran Duran, quello intitolato, perfettamente a tema, Danse Macabre, e pochi giorni fa ne è arrivata una nuova versione Deluxe, voluta in particolare da Nick Rhodes, con copertina identica, ma virata in rosso, che contiene tre brani in più e sempre con dei titoli in tema macabro, tra cui una versione "dark phase" di New Moon On Monday, in pratica un remix qui chiamato solo NEW MOON, come uno dei film della saga di Twilight, dove ha suonato anche Andy Taylor.
Il secondo è un'ottima cover di EVIL WOMAN della Electric Light Orchestra, e dato che adoro quella band ho ascoltato questa versione con un po' di timore che me l'avessero ammazzata, ma per fortuna è andato tutto bene. Terzo brano è MASQUE OF THE PINK DEATH, citazione di un film di Roger Corman con Vincent Price dove però la morte era rossa, brano strumentale senza infamia e senza lode messo in apertura della nuova tracklist. Esiste anche la versione in vinile con ben tre dischi dentro e gadgets e ancora altri brani in più, ma, in questo caso, sono solo strumentali.
Bisogna precisare intanto che si tratta di un disco fatto apposta dichiaratamente per Halloween, questo dei Duran Duran, e infatti era stato pubblicato il 28 ottobre scorso oltre essere stato già precedentemente suonato interamente due anni fa Duran...te (hehe) la loro festa mascherata a Las Vegas dove si sono presentati così,
con quel mattacchione di Simon LeBon che ad un certo punto, quando eseguono la bondiana A View To A Kill, non ti cambia costume e viene fuori travestito da corpulenta Sposa Cadavere?
L'album me lo ero ascoltato per intero dopo quella poco entusiasmante anteprima del SINGOLO OMONIMO veramente brutto (l'ho detto e lo ripeto), seguito poi quasi subito da un altro estratto decisamente migliore cioè BLACK MOONLIGHT con la mano di Nile Rodgers, che potrebbe però essere benissimo anche un brano rimasto fuori da Seven And The Ragged Tiger, dove c'era anche The Reflex sempre con l'ex Chic che ne curò il remix per le discoteche, dato che alla chitarra, qui ritroviamo Andy Taylor.
Danse Macabre, che, pensa un po', è pure il titolo di un romanzo di Stephen King, ma anche un poema sinfonico dell'800 di Camille Saint Saens, tratta in tutte le canzoni tematiche nere e horror ed è pieno zeppo di cover, dai Rolling Stones a Siouxsie & The Banshees, da Cerrone ai Talking Heads, dagli Specials fino a Billie Eilish, nonché di ben quattro riletture di brani che arrivano dal passato dei Duran Duran, che in particolare sono tre canzoni estratte dai loro primi tre album, risuonate e riarrangiate (Secret Oktober era in realtà il lato B di Union Of The Snake), di cui Lonely In Your Nightmare viene persino mashuppata con Superfreak di Rick James.
Sempre proprietà loro, ma del 1993 cioè del nuovo corso con Warren Cuccurullo, invece è Love Voodoo che viene modificata nel titolo come LOVE VOUDOU.
E alla resa dei conti, se si esclude proprio la title track veramente pessima, non è nemmeno un brutto disco, ma pare piuttosto una rimpatriata di musicisti che si divertono a fare una jam suonando cose loro e di altri senza farsi troppi problemi, e mantenendo comunque il loro sound.
Nel giorno che segue la notte di Halloween di 50 anni fa, quando ancora in Europa tale festa a stelle e strisce non si considerava ancora, cioè il primo novembre del 1974 quei quattro "giovialoni" tedeschi dei Kraftwerk pubblicavano AUTOBAHN,
ovvero Autostrada, quasi come fosse pure quella una ricorrenza dato che a settembre del 1924 era stato inaugurato a Lainate il primo tratto dell'autostradaMilano - Laghi, da Milano a Varese, la prima realizzata al mondo, ed il di molto successivo ottobre del 1964 toccava all'Autostrada Del Sole.
Ma torniamo subito ai nostri quattro gelidi musicisti teutonici che con questo disco, da duo come erano nati nei primi tre dischi (Ralf Hutter & FLORIAN SCHNEIDER), diventavano appunto quartetto e continuavano a sperimentare le sonorità elettroniche (finora con anche interventi di flauto e violino) cominciando a portarle verso gli estremi robotizzati che poi li avrebbero caratterizzati negli anni a seguire con quel picco al top che sarebbe stato The Man Machine, e qualcosina di Halloween comunque dovevano avere già dentro perché a mia madre facevano una paura matta quando li vedeva in tv
intervistati da Corrado a Domenica In (o meglio, erano le loro controparti sintetiche, ma, povera donna di un mondo antico, lei si spaventava anche di più per i ROCKETS).
La musica che esce da questo Autobahn non è per niente pop leggero, anzi a dir la verità ti mette pure una certa ansia specie nei brani che occupano il lato B dato che il primo è tutto occupato, con le sue variazioni, dalla suite che dà il titolo al disco, ma negli anni 80 un nostro artista geniale, all'epoca sottovalutato solo perché stava appeso sotto forma di poster nelle camerette delle adolescenti, saprà rileggere gli stessi identici suoni con tutt'altro spirito, e sto parlando di Alberto Camerini con TANZ BAMBOLINA e ROCK'N'ROLL ROBOT, personaggio che di recente è tornato a fare spettacoli (tingendosi gli ormai bianchi capelli) anche grazie ad un ritorno di popolarità regalatogli dai Rockets che, insieme a lui, hanno fatto una COVER della sua canzone in quel TIME MACHINE che ci aveva lasciato un po' tanto perplessi per la scelta dei brani tipo Piccola Katy dei Pooh.
Due modi estremamente diversi, quelli dei Kraftwerk e di Camerini, di utilizzare la stessa tecnologia per fare dischi, come dire che "sta mano po' esse piuma e po' esse fero...
Dipende tutto da come la usi.
Piccola chicca sulla copertina del disco è che quella che appare anche dietro di loro
nelle esibizioni live è quella fatta per il mercato britannico, divenuta in effetti poi quella più classica è più essenzialmente kraftwerkiana, mentre l'originale sarebbe stata questa
con alcune variazioni tipo che in alcune edizioni non si vede il cruscotto in primo piano dell'auto, oppure manca il cartello stilizzato in sovrimpressione.
Certo è che, per tornare alla protagonista del disco dei Kraftwerk, di anni ne sono passati da quel 1924 e queste nostre autostrade i segni adesso li mostrano tutti con i cantieri che, specie d'estate, provocano code lunghissime.
Ma sai com'è... dopo quella brutta faccenda di Genova a qualcuno adesso gli prude lì didietro e cerca di far vedere che si dà da fare.
Fatto sta che a rimandare a domani le cose che potresti fare oggi poi ti trovi con una mole di lavori difficile da gestire.
Perciò lasciamo l'arduo compito a chi di dovere che il suo lavoro dovrebbe saperlo fare... o no?