Gira gira, passando anche dagli WHITESNAKE di ieri, finisco spesso a parlare dei Pooh, e stavolta lo faccio perché Parsifal, il loro storico album che conteneva la lunga suite omonima, compie oggi cinquant'anni esatti, poiché uscito il 31 agosto del 1973.
Pochi però sanno che la lavorazione cominciò 4 anni prima partendo dalla parte strumentale finale del brano che Roby Facchinetti compose già nel 1968, brano che la band suonava già nei concerti senza però avere il nome della canzone che tutti conosciamo.
Quel nome sarà un'idea di Valerio Negrini, allora paroliere del gruppo dopo esserne stato il batterista, ma ne parleremo più avanti.
Quella prima versione è pure stata pubblicata dalla casa discografica in un disco chiamato Contrasto dal nome profetico perché scatenò una mezza lite con i Pooh essendo stato composto da provini anche mal registrati e senza il benestare dei 4.
Motivo per cui venne ritirato dal mercato ed ora le pochissime copie in circolazione valgono cifre inimmaginabili.
L'idea di ricavare una vera e propria suite da quel brano fu di Giancarlo Lucariello, il loro nuovo produttore che in effetti ci aveva visto lungo. Lavorandoci sopra, quel brano si estese fino a diventare una suite di 10 minuti, alla quale però serviva anche una parte cantata e, di conseguenza, un testo.
Ed ecco che entra in gioco Valerio con una trovata che fece sbigottire Roby: Negrini voleva da tempo scrivere qualcosa con cui ispirarsi a Wagner e al mito di Parsifal, e questo brano gli stava dando le giuste vibrazioni per raggiungere quella meta.
Cioè i Pooh che pochi anni prima cantavano Piccola Katy, si sarebbero buttati nella musica classica?
Ebbene si.
Secondo Valerio era il momento giusto per un salto di qualità in quella fusione di musica leggera e classica che era il prog in cui tante band già gravitavano, e questo grazie ad un materiale coi controc... ehm, con tutte le carte in regola.
Una volta inciso tutto il lavoro, ma con il disco ancora da pubblicare, nel 1973 PARSIFAL (qui eseguito nella reunion con Stefano del 2016) fece il suo debutto live a Milano con un riscontro di pubblico che la parola ovazione non rende l'idea, ma che fece capire ai 4 Pooh (più Valerio) di aver fatto davvero qualcosa di grande.
E in vista di questi 50 anni, i Pooh, ancora quando c'era Stefano, stavano lavorando ad un progetto che avrebbe trasformato Parsifal in uno spettacolo teatrale vero e proprio.
Spettacolo che in questo 2023, oltre alla reunion organizzata dai figli dei Pooh, Francesco e Daniele, finalmente dovrebbe vedere la luce su un palcoscenico.
Amici rockers, sfoderiamo le chitarre all'unisono perché dobbiamo dare l'ultimo saluto a Bernie Marsden
(nella foto in maglietta rossa e Gibson Double Neck imbracciata), 72 anni e primo chitarrista degli Whitesnake di David Coverdale con il quale aveva composto, fra le altre, la versione originale della famosa HERE I GO AGAIN, canzone che compare anche nel film musicale Rock Of Ages dove c'è quel Tom Cruise capellone che fa il verso ad Axl Rose.
Bernie, deceduto la scorsa settimana, aveva all'epoca ricevuto contemporaneamente anche l'invito di Paul McCartney per far parte degli Wings, ma preferì aggregarsi all'ex voce dei Deep Purple.
Due addii anche nel mondo del wrestling con Terry Funk,
appunto wrestler di 79 anni, ma anche attore in un paio di film con Sylvester Stallone, ovvero Taverna Paradiso e Over The Top, nonché per un'apparizione in Il Duro Del Roadhouse con Patrick Swayze.
L'altro nome che ci lascia invece giovanissimo per questa disciplina è Bray Wyatt (all'anagrafe Windham Rotunda), a soli 36 anni stroncato da un infarto.
Se inviti Morgan ad un festival lo sai benissimo che è come maneggiare della nitroglicerina ed è successo anche qualche sera fa a Selinunte durante il Festival Della Bellezza quando l'artista si è scatenato con una serie di INSULTI PESANTI nei confronti del pubblico, e in particolare sembra verso uno spettatore, che gli aveva gridato (quindi non così educatamente) di piantarla lì con quello che stava suonando e di fare invece brani di Franco Battiato, perché il concerto era stato presentato anche come un omaggio al cantautore catanese scomparso da qualche anno.
Questo è perlomeno quanto appare, ma in realtà non mi sento di dare tutto il torto a Morgan che magari è una punta arrogante, egocentrico e logorroico, questo si, ma che era andato lì per fare un concerto-lezione di musica su Franco Battiato e sul modo in cui è stato influenzato dalle sue opere, ed era quindi partito suonando quelle che, secondo lui, erano state le ispirazioni che lo avevano formato, lui come Morgan, e quelle del cantautore siciliano che in vita sua non ha fatto solo Cuccuruccuccù, ma anche dischi sperimentali come Fetus e Pollution, saltando da Bach a Mozart, da Tenco a Bowie, anche improvvisando sul palco e spiegando tutto nel suo modo che abbiamo visto durante il programma in Rai STRAMORGAN, perché a Marco (Castoldi) piace non solo suonare e cantare ma anche raccontare e rendere partecipe il pubblico di quelle che sono le emozioni che lui stesso prova mentre lo fa e mentre ascolta la musica degli altri.
Questo era il concetto di bellezza che Morgan voleva portare su quel palco, ma qualcuno non era d'accordo con lui ed ha cominciato a reclamare che voleva sentire canzoni di Battiato e basta facendo andare su tutte le furie il nostro cantautore che ha ribattuto in modo parecchio (anche troppo, in verità) colorito verso quelli che lo contestavano (e comunque non avevano certo chiesto "per favore"), e che, bisogna dire la verità, erano in netta minoranza rispetto a quelli che invece stavano gradendo lo show che era, si molto personale, ma che se conoscevi il personaggio che andavi ad ascoltare potevi capire che era coerente con sé stesso.
Mentre invece si è verificata una situazione che molte persone di mia conoscenzache suonano a livello amatoriale si ritrovano ad affrontare fin troppo spesso, tipo un tributo ai Queen che si sente richiedere "un po' di musica italiana allegra", oppure il tizio che mentre stai suonando o cantando sul palco sale su e ti chiede "mi metti YMCA" come se fossi un dj davanti alla consolle, capito? "Mi metti" e non "la suonate".
Ed è questo che ha fatto scattare la scintilla dell'ira nell'ex BluVertigo, cioè l'essere stato considerato un jukebox al servizio del pubblico, mentre lui stava portando avanti un discorso ben preciso fatto di musica e parole.
La cosa è ben più grave di quanto possa apparire perché in questo modo si finisce verso un appiattimento dell'offerta musicale, dove l'artista fa solo quello che dice il pubblico e non più quello che lui si sente di offrire, sempre che davvero non ci siamo già arrivati in realtà, vista la qualità della musica che viene sfornata a getto continuo ogni giorno.
Questo significa quel "vai a vedere Fedez e Marracash" rivolto al disturbatore, ma i due nomi potevano essere benissimo altri due della scena pop usa e getta fatta con lo stampino e farcita di autotune.
Il giorno dopo comunque Morgan si è pubblicamente scusato sui social spiegando il più possibile tutta la situazione che si era creata e chiedendo scusa in particolare per quegli insulti omofobi che nella foga del momento gli erano usciti di bocca e che hanno girato la cosa decisamente a suo sfavore con un sonoro "noooo" del pubblico.
Questa infatti è l'unica cosa per cui mi sento di accusare Morgan, ma su tutto il resto della vicenda rimango dalla sua parte.
Beh...
La nuova stagione di X-Factor, dove Morgan dovrebbe tornare fra i giudici, se non ci saranno provvedimenti da parte di Sky come tempo fa era accaduto con Asia Argento (guarda caso una sua ex) e le sue vicende di presunte molestie sessuali, si preannuncia già adesso interessante...
120 anni fa esatti veniva fondata a Milwaukee (la città di Happy Days) la fabbrica della Harley Davidson, moto rumorosa, pesante, lenta, ma con un grande fascino imitato da parecchie altre case anche giapponesi (per un po' ne ho anche avuto uno di quei pseudo cloni) e italiane.
Moto che riporta subito alla mente un film come Easy Rider dove i due protagonisti, Dennis Hopper (anche regista) e Peter Fonda (perché Jack Nicholson era solo il passeggero) guidano due Harley drasticamente modificate per trasformarle in chopper dalle forcelle anteriori lunghissime.
Addirittura per abbassare la seduta su quella di Fonda venne tolta la sospensione che stava sotto alla sella con il risultato che l'attore ebbe pure qualche grave inconveniente alla schiena.
Film quello dove fumavano marijuana per davvero e certi dialoghi sconclusionati erano venuti fuori per l'effetto di tale sostanza.
Ma l'iconico marchio della Harley-Davidson era già apparso in Il Selvaggio con Marlon Brando e in seguito lo rivedremo, per esempio, in Harley Davidson & Marlboro Man con Don Johnson e Mickey Rourke, Terminator 2 - Il Giorno Del Giudizio con Schwarzy, Ghost Rider con un diabolico Nick Cage, I Mercenari e Captain America - Il Primo Vendicatore, nonché nelle serie RENEGADE e Sons Of Anarchy.
Da ricordare che Max Pezzali e Mauro Repetto avevano battezzato il loro duo 883 (di cui è in arrivo il biopic in versione serie tv) in onore della passione del primo per tale moto, con la precisazione che la scelta era stata dettata dal prezzo siccome all'epoca era quello il modello più economico della casa del Wisconsin.
Un po' come quando quarant'anni fa c'era stata la trovata dell'Alfa Romeo di fare una macchina alla portata di tutti rivelatasi poi un flop clamoroso perché veramente brutta.
Per fortuna, non è il caso dell'Harley 883 che, seppure scarna, è una moto dignitosa, mentre nel frattempo la casa madre ha messo in cantiere altri due modelli ancora più economici, X350 e X500, prodotti in Cina ad un prezzo competitivo verso il mercato degli scooteroni (costano la metà di un T-Max), e che in pratica sono delle Benelli Leoncino modificate, ma per il momento saranno disponibili solo per i mercati asiatico e sudamericano.
Ah... nonostante la fabbrica fosse nella stessa città di Fonzie, il personaggio di Happy Days guidava invece una Trumph Trophy 500 modificata.
Nello stesso giorno, ma del 1963, cioè 60 anni dopo, Martin Luther King pronunciava quel famoso discorso che iniziava con "I have a dream...".
Due modi e tempi diversi di vivere l'America.
Questa è storia, ma anche quella a due ruote lo è.
20 anni fa, il 27 agosto del 2003, il pianeta Marte passava nel punto più vicino alla terra, cosa che avrebbe facilitato un'eventuale invasione degli alieni immaginati da Tim Burton in quel fantastico Mars Attacks! apprezzato solo dal sottoscritto che quella volta aveva provato a portare tutta la cumpa al cinema ed è stato PESANTEMENTE INSULTATO da tutti.
Vabbè, anche i più grandi geni sono stati spesso incompresi...
Comunque per quella volta non si verificò nessuna invasione, per fortuna, anche perché le sonde mandate lassù finora non hanno mai riportato dati che facessero pensare alla presenza di esseri viventi, perlomeno a nostra immagine e somiglianza.
L'invasione da Marte però ha da sempre affascinato il mondo del cinema già dagli anni 50, forse per esorcizzare le guerre (che invece non mollano nonostante passino i secoli) e precisamente correva il 1954, anno da dove arriva Devil Girl From Mars, breve film britannico in bianco e nero abbondantemente sotto i 90 minuti di cui ha parlato di recente anche PELLICOLE DALL'ABISSO e di cui esiste anche una versione colorizzata, con un'aliena sexy secondo gli standard dell'epoca (Patricia Laffan)
in outfit di PVC, materiale con cui Pierre Cardin e Mary Quant faranno fortuna, seguiti a ruota successivamente da Vivienne Westwood, questa introducendo anche il più scomodo (ma intrigante) latex, costume quello di Patricia che starebbe bene a Lady Gaga, e con un robot assistente a forma di scatolone/elettrodomestico vintage che "nun somigghia penniente" a quello figo sulla locandina.
La trama del film sarebbe riassumibile, ma con un finale diverso, da uno SPOT della birra Bud Light, inedito per l'Italia, dove tre aliene sexy in outfit simili a quello della Laffan, ma aggiornati (appunto) in latex, scendono sulla Terra per portarsi via gli uomini che serviranno a ripopolare il loro pianeta.
Spot che, nella sua brevità, riesce ad essere meglio di questa pellicola che invece è una poverata di film, il quale deriva da una piece teatrale e lo si capisce dai pochi protagonsti e dalle altrettanto minime locations in cui si svolge l'azione.
Azione per modo di dire perché la vera e propria azione latita e anzi predomina la noia.
Se l'agosto di quarant'anni fa fosse caldo come questo, francamente non lo ricordo, anche perché stavo in Spagna e uscivo solo di notte, come ho già raccontato QUI, ma so che invece quell'agosto del 1983, e precisamente il giorno 22, era il mese che segnava l'uscita di Construction Time Again,
terzo album dei Depeche Mode, quello con il Cervino in copertina e disco che segnava l'entrata nel gruppo di Alan Wilder, per cui in questo sabato che di solito dedico alla musica, se siete fans dei Depeche Mode o avete solo la curiosità di sapere come nel 1989 sia stato realizzato un altro loro lavoro fondamentale, cioè Violator,
disco uscito poi nel 1990 che contiene la celebre Personal Jesus nonché l'altrettanto stranota Enjoy The Silence, vi segnalo che sul CANALE YouTube di Enrico Silvestrin trovate una bella INTERVISTA a Pino Pischetola, ex fonico dei Logic Studios di Milano che negli anni 80 erano di proprietà dei fratelli Carmelo e Michelangelo LABIONDA (quelli della disco italiana, si), e struttura in seguito completamente distrutta da un incendio dopo che erano stati chiusi e lo stabile era stato occupato da alcuni homeless.
Pino aveva partecipato alle registrazioni del 50 per cento delle canzoni contenute nel disco fra cui anche Personal Jesus (per le altre invece fu scelta una location danese) e nell'intervista, che risale ad un annetto fa, racconta tutto quello che finora non si sapeva su quel periodo di lavoro pure massacrante per le ore che richiedeva. Basti dire che per creare certi effetti come il reverse, appunto, di PERSONAL JESUS, cosa che adesso lo fai con un clic sul computer, allora veniva ottenuto rovesciando il nastro registrato che conteneva le 24 tracce stereo di ogni strumento e voce che finirà nel disco definitivo.
Avventuroso, si, con pure il rischio di cancellare irreversibilmente un riff (infatti accadrà anche quello perché sul nastro mica c'era la comoda funzione "undo") e la necessità quindi di "pescarlo" con un campionatore da un altro punto della registrazione (salvataggio fatto proprio da Pino) per ripristinarlo al suo posto con un lavoraccio certosino di taglia e cuci al millesimo di secondo.
Magari per chi non sa nulla di sale di registrazione quanto detto può apparire un discorso astruso, ma questo e molto altro viene raccontato da Pino come in una chiacchierata fra amici dove ti mostra anche una foto polaroid con i Depeche
mentre se ne vanno insieme a cena in pizzeria (Pino è quello in primo piano davanti a tutti che copre Dave) per poi riprendere il lavoro fino a notte inoltrata e terminare più tardi la giornata al Plastic, locale milanese underground che dagli anni 80 accoglie il meglio dei vip del momento.
Da vedere assolutamente e, giusto perché pare brutto non sentirla dopo che ne abbiamo parlato lassù in alto, ecco anche ENJOY THE SILENCE.
I giapponesi non si fanno mica tanti problemi ad inventare storie assurde che implicano anche cambi di sesso o travestimento e Otome Wa Boku Ni Koishiteriu del 2006, nota anche semplicemente come Otoboku, ne è l'ennesima dimostrazione.
Si tratta di un anime che deriva da un manga che, a sua volta, prende ispirazione da un videogame, sempre giapponese, le cui premesse sono parecchio improbabili in quanto narra di uno studente delle scuole superiori dall'aspetto efebico che si trova costretto, per seguire le ultime volontà del nonno, a frequentare una scuola esclusivamente femminile, l'accademia Seio, cioè la stessa che aveva frequentato sua madre.
Come prima reazione è chiaro che il ragazzo sia riluttante, ma alla fine decide di sottostare a tale volontà e di travestirsi per poter entrare all'accademia e già qui vediamo che la realtà, la credibilità si sta allontanando sempre di più.
All'inizio soltanto la preside, due professori e la sua migliore amica conoscono il suo segreto, ma viene presto scoperto anche da altre due studentesse, che decidono, però, di non rivelarlo.
Il ragazzo, nel suo alterego femminile, diventa presto talmente popolare a scuola, che verrà eletto addirittura "oneesama", cioè una carica che riceve la ragazza che incarna al meglio le tradizioni della scuola.
A causa di questo, però, si ritrova contro la presidentessa del Consiglio Studentesco che ambiva a tale ruolo.
Nonostante l'argomento possa far pensare facilmente al solito hentai con fanservice, in realtà la serie in 12 episodi di 24 minuti ciascuno, rimane sempre sul sentimentale, romantico abbastanza casto rispetto ad altri prodotti molto simili graficamente tipo, per esempio, la serie Agent Aika, tutto sommato divertente, ma dove invece fa spesso capolino la biancheria intima senza un motivo ben preciso.
Certo è però che Otoboku riesce ad essere una serie sorprendente per il pubblico occidentale.
Della stessa storia ne esiste anche una versione più breve in un episodio unico, completamente ridisegnata.
Il cinema horror spagnolo vintage riserva sempre grandi sorprese trash come CERTI PRODOTTI di cui ho parlato tempo fa, e non sfugge alla regola Le Tombe Dei Resuscitati Ciechi, primo episodio di una quadrilogia del regista Amando De Ossorio realizzata in collaborazione con il portogallo.
Il film del 1971, arrivato in Italia l'anno dopo, in pratica è una variazione sul tema degli zombi di Romero con infilate dentro storie di Cavalieri Templari, riti satanici e pure scene di sesso che anche se non c'erano non cambiava nulla.
Parlo di una relazione lesbo e di uno stupro che, specie il secondo, sono ininfluenti ai fini della trama (parola grossa eh...), ma già che il film era stato vietato ai minori di 14 anni perché non metterle?
D'altronde anche in Italia nei poliziotteschi capitavano scene così con mercanzia in mostra (perché se lo fanno gli spagnoli mica possiamo essere da meno).
Il maschio alfa della situazione invece è un simil Little Tony abbronzato come Carlo Conti che in mezzo alle due dame ci fa anche la figura del salame, come si suol dire, visto quello che era accaduto in passato, finendo pure fra le braccia di una terza dama allupata poco di buono.
Non mancano le torture e i sacrifici umani, ma inutile dire che la storia, recitata nel peggior modo possibile (pare lo facciano tutti apposta, eccetto un paio di personaggi secondari), parte con delle premesse del tipo che i guai ce li andiamo letteralmente a cercare sennò il film non riusciamo a farlo.
Posso salvare un'unica cosa buona di questa pellicola, cioè le cavalcate al ralenti dei morti viventi dalle mani scheletriche alle quali Peter Jackson sembra essersi direttamente ispirato per i Nazgul del Signore Degli Anelli, o probabilmente potrebbe essere che già De Ossorio avesse letto il libro di Tolkien dove gli "spettri dell'anello" venivano descritti esattamente così,
anche se alcune fonti parlano proprio di una leggenda spagnola sui cavalieri morti-viventi (ciechi perché per punizione erano stati cavati loro gli occhi prima di ucciderli), al che a sto punto sarebbe da verificare che lo stesso Tolkien non si sia ispirato a quella storia.
Molto suggestive quelle cavalcate si, ma perché quando una delle vittime cerca di fuggire con uno di quei cavalli (che non è chiaro da dove escano, mentre i Templari escono dalle tombe come gli zombi di Landis in THRILLER)
comincia ad andare al ralenti pure lei?
Magia del cinema, anzi... stregoneria!!!
Ed è talmente riuscita quella magia che ci sono anche tre sequel.
Un'altro nome famoso della musica, anzi, ma che dico famoso?... famosissimo in tutto il mondo se ne va ad 80 anni, cioè Toto Cutugno.
Davvero famoso in tutto il mondo grazie a L'ITALIANO, canzone sanremese criticata da parecchi per i luoghi comuni con cui dipingeva noi, abitanti del belpaese, ma veramente conosciuta ovunque, e lo posso dire personalmente perché circa 10 anni fa mi trovavo in missione segreta in un paese dell'Asia centrale e un cameriere orientale, che tuttavia aveva sgamato le mie origini nonostante il mio perfetto accento british, canticchiava proprio quella canzone.
Toto aveva debuttato prima con Ghigo E I Goghi, poi con Toto E I Tati (sulle scelte dei nomi meglio sorvolare), fino ad arrivare al Festival di Sanremo del 1976 con Gli Albatros e la canzone VOLO AZ504, canzone particolare dall'incedere drammatico e molto recitata da Silvia Dionisio, attrice nota in quel periodo per le grazie mostrate in quasi ogni film, anche il primo episodio di Amici Miei.
Toto con quel disco si classificherà terzo per poi partire con una carriera solista che lo vedrà scrivere anche uno dei più grandi successi di Adriano Celentano, cioè Soli, e diventare anche conduttore televisivo.
Aveva vinto il festivalone con Solo Noi nel 1980 e, dieci anni dopo, pure l'Eurofestival (allora si chiamava così) molto prima dei Maneskin.
A causa di una malattia polmonare è morto anche Ron Cephas Jones,
66 anni, cioè uno dei protagonisti di This Is Us.
Ron aveva avuto una carriera principalmente televisiva (Luke Cage, Mr. Robot) con invece piccole parti secondarie al cinema.
Aurora Leone è la quota rosa di The Jackal, il collettivo partenopeo di comici che ultimamente hanno preso un bel po' di posto in tv grazie ad ospitate e spot pubblicitari, ma sopratutto grazie a Prime Video dove hanno una serie tutta per loro dal titolo Pesci Piccoli - Un'Agenzia. Molte Idee. Poco Budget, carina se amate quel genere di umorismo.
Ed è proprio sulla piattaforma di Amazon che c'è anche uno stand up show personale di Aurora dove, raccontando della sua famiglia (a pretesto, come nel titolo dello show), tiene banco per un'oretta portando anche in scena quei MONOLOGHI che aveva presentato quando era ancora diciannovenne ad Italia's Got Talent facendo divertire, oltre ai giudici Frank Matano, Claudio Bisio, Mara Maionchi e Federica Pellegrini, anche noi che l'abbiamo vista da casa. Gli altri The Jackal sono presenti, ma solo in qualità di disturbatori di contorno, con pure la simpatica partecipazione di Brunori SAS.
Dopo quel famoso (e anche famigerato) film live action del 1993, da tutti considerato orrendo, ma per me qualcosa di buono c'era, Super Mario Bros. torna al cinema con una nuova avventura, questa volta animata e molto più fedele al videogame, al punto che in alcuni momenti cita esattamente quello che accade durante il gioco, potenziamenti vari e Mario Kart compreso.
La colonna sonora, che è la cosa che ho gradito di più, è da pompare bene perché è una vera bomba fra Beastie Boys, AC/DC, Bonnie Tyler, e A-ha (alternati alle musichette originali Nintendo) e tira parecchio durante tutta una serie di prove che i nostri amici devono superare come sappiamo bene avendoci giocato... cioè io lo do per scontato questo, eh.
Il doppiaggio originale viene affidato a Chris Pratt, Anya Taylor-Joy, Jack Black e Seth Rogen, mentre il lavoro in Italia viene svolto, seppur egregiamente, da nomi meno di spicco fra cui il più famoso è Claudio Santamaria che, se conoscete la saga di Batman versione Nolan, era la voce italiana di Bruce Wayne, con altri, che se bazzicate il mondo del doppiaggio dovreste conoscere, come Valentina Favazza (Felicity Jones, Jennifer Lawrence) e Nanni Baldini (Ciuchino di Shrek).
Ecco, forse questo nuovo, coloratissimo film con pure una scena che arriva dopo tutti, ma proprio tutti tutti i titoli di coda, realizzato dalla Illumination, cioè la casa di Cattivissimo Me (e si vede perché c'è un po' del tocco dei Minions),
ha come solo punto debole il fatto che va a ripetere fin troppo da vicino il gioco tale e quale, mentre il vecchio live action mostrava alcune idee geniali per portare i due fratelli idraulici in uno scenario prima reale e poi in quello postatomico dove finivano catapultati.
Ma si racconta anche di liti furiose fra attori e registi all'epoca, cioè cose che di solito non contribuiscono ad un'atmosfera rilassata sul set.
Insomma quel vecchio film con Bob Hoskins (un Mario perfetto), John Leguizamo e Dennis Hopper secondo me era geniale si, ma forse era anche troppo avanti per i tempi, per cui fu un flop colossale, per cui consiglierei invece di riesaminarlo oggi dopo la visione di questo nuovo e magari qualcuno potrebbe anche cambiare idea.
Quasi 50 anni sono passati, ma alla fine il primo robottone giapponese che abbiamo conosciuto in tv, con tanto di ERRORE nel titolo italiano, sta per tornare ed è Goldrake.
Beh, in realtà ci vuole ancora un po' perché la nuova serie arriverà solo nel 2024, ma intanto si sono già visti immagini e TEASER TRAILERS che la riguardano e che già hanno fatto discutere perché Actarus pare fin troppo ragazzino rispetto a quello che avevamo visto in tv sulla Rai nel 1978. In effetti all'epoca a me, con quell'espressione perennemente accigliata, ricordava un po' nei tratti del viso Franco Gasparri, attore di fotoromanzi e di una serie di POLIZIOTTESCHI che ebbero un certo seguito in quel periodo
(eccoli Actarus del 1978 e Franco, praticamente identici), ma forse era complice anche il doppiaggio di Romano Malaspina, allora già quasi quarantenne, che gli dava una voce piuttosto possente, per cui rivederlo adesso decisamente con un aspetto molto teen fa un po' discutere.
A chiarire tutto ci pensa Go Nagai, l'autore che nello script precisava che Actarus aveva esattamente 20 anni.
Poi lo sappiamo tutti che lo stile giapponese ha la prerogativa di rendere tutto un po' più kawaii, perciò anche il nostro eroe adesso con il nuovo design magari dimostra qualcosina di meno di 20 anni.
Ma da lì a definirlo bimbominkia come ho letto da qualche parte, ce ne corre.
Comunque sia, io metto da parte ogni pregiudizio e, con pazienza, attendo l'arrivo del nuovo Goldrake per parlarne poi con cognizione di causa fra alabarde spaziali, lame rotanti e magli perforanti.
P.s.
In coda al post, non c'entra coi robottoni giapponesi, ma dò anche l'addio a Carletto Mazzone, allenatore di calcio ed ex calciatore noto per le sue imprecazioni in campo che nulla avevano da invidiare alle esclamazioni di Goldrake, in effetti, e più volte citato da Mai Dire Gol (lo conosco grazie alla Gialappa's infatti), che purtroppo ci ha lasciati ieri ad 86 anni.
In vista delle prossime Olimpiadi del 2024 che si terranno a Parigi, gli americani scelgono come loro rappresentante musicale un'icona del country come Dolly Parton, dalle notevoli doti canore e, diciamolo, in passato anche fisiche nel senso di sexy nonostante ormai non abbia più un'età da ragazzina 18enne (già allora sulle scene) come quando aveva conosciuto il suo futuro marito.
Fin qui tutto bene anche perché fa sempre piacere rivedere Dolly, ma quello che invece mi ha lasciato un po' perplesso è stato sentirla (e soprattutto vederla) cantare WE ARE THE CHAMPIONS/WE WILL ROCK YOU dei Queen in occasione di queste prossime olimpiadi, come anticipazione di un disco che la vedrà cimentarsi in una trentina di canzoni di Led Zeppelin, Rolling Stones, Police, Beatles, Elton John e molti altri con, in alcuni casi, pure il duetto con gli interpreti originali.
Adesso, dopo aver saputo ciò, sono molto curioso di sentire anche tutto l'intero album e spero che sia un po' meglio del singolo appena uscito che non mi ha convinto granché.
È anche vero che personalmente avevo scoperto Dolly Parton solo nel 1978 con BABY I'M BURNING, un 45 giri frizzantino pure quello un po' distante dal suo solito genere country & western, ma molto carino e divertente in stile Abba, perciò anche questa sua incursione nel rock potrebbe essere una sorpresa.
Dicevo che fa piacere sapere che Dolly è ancora sulla breccia perché non molto tempo fa aveva avuto dei gravi problemi di salute che le avevano provocato una forte perdita di peso facendole sospendere tutti i concerti, e potrei sospettare che in effetti anche adesso non sia esattamente nel massimo della forma fisica poiché nel video la si vede cantare solo da seduta.
E quella di cantare per il suo pubblico è stata sempre la sua priorità anche quando i medici le consigliavano di mettersi a riposo.
Forse Dolly Parton è più Rockstar (questo è il titolo dell'album) di quanto non si possa immaginare.
La diva in questione è Antonella Lualdi, di padre italiano e madre greca, sposata con Franco Interlenghi e che negli anni 50 e 60 ebbe nel cinema una popolarità che portò molti critici a considerarla alla pari di Lucia Bosè e Gina Lollobrigida.
Antonella fece anche un' incursione nella musica grazie a Stelvio Cipriani che la aiutò ad incidere qualche DISCO, il che farebbe supporre una voce piacevole, ma curiosamente nei film veniva quasi sempre doppiata da altre attrici. Questo sopra era stato in versione strumentale la colonna sonora dello sceneggiato tv Dov'è Anna del 1976, e in seguito Stelvio propose ad Antonella di incidere la versione cantata.
Non era nel cast di tale sceneggiato la Lualdi, ma negli anni precedenti la si vedeva spesso far parte di altre produzioni cinematografiche e televisive, mentre in tempi più recenti aveva ottenuto solo parti secondarie. Antonella è mancata nei giorni scorsi e aveva 92 anni.
Sempre per il cinema, anche se potrebbe sembrare strano, è da segnalare la scomparsa del sociologo Francesco Alberoni, poiché, fra le altre cose, era stato anche presidente del Centro Sperimentale Di Cinematografia di Roma e aveva 93 anni.
È la musica, ma lontanissima dal mio mondo perché si tratta di lirica, il campo che riguarda invece Renata Scotto, la famosissima soprano ligure, nata a Savona, ma da molto tempo ormai residente a New York, star mondiale mancata ad 89 anni.
E poi ieri mi è venuto pure un colpo quando ho sentito che era morto Leclerc in un incidente aereo, ma poco dopo ho capito che non era Charles il pilota di Formula 1, ma Gerard Leclerc,
71 anni e famoso giornalista della tv francese.
Naturalmente dispiace anche per lui, quindi addio Antonella, Renata, Francesco e Gerard, ed in coda anche un buon compleanno a Robert DeNiro che invece ha appena festeggiato gli 80 anni
"con il sorriso che si allarga piano piano" (cit. Daniele Silvestri).
Ma quanto ha fatto parlare di sé The Idol, la serie HBO di Sam Levinson (quello di Euphoria), dove produce e recita (male) The Weeknd, prendendosi le peggiori critiche di essere un prodotto maschilista (cioè l'opposto di BARBIE) e al limite del porno?
Tutta strategia, si, perché con l'ultimo episodio si è visto un ribaltamento della situazione, del modo come la si vedeva all'inizio, tipo come è capitato già in film e serie tv dove, se un personaggio pareva la vittima sottomessa, in realtà era il carnefice.
Ma non mi sento di dire di più per non spoilerare nel caso qualcuno debba ancora vederla.
L'unica cosa che posso dire è che personalmente non l'ho trovata granché riuscita per il fastidio che mi ha dato sentire parlare di sesso schietto e porcherie varie senza freni ogni 5 minuti di dialogo, ma se invece vi piace, allora The Idol è la serie per voi.
Chiamatemi pure bigotto, se vi pare, però quando tutto ti viene sbattuto in faccia come quando apri un armadio in disordine, l'effetto non lo trovo poi così intrigante, ma piuttosto sento una sorta di repulsione e fastidio.
Cosa che, visto il finale, era sicuramente voluta, ma essendo una serie, quel twist arriva purtroppo molto tardi, per cui prima devi sopportare tutta una serie di cose che non giocano esattamente a favore del prodotto.
Menzione speciale però per Lily-Rose Depp, ovvero la Idol del titolo e figlia di Johnny e Vanessa Paradis, che dà davvero del suo meglio facendo pensare ad una prossima concorrente di Margot Robbie, lontana da lei solo una decina scarsa di anni e che, al momento, con BARBIE, e poco tempo fa con BABYLON, detiene il trono delle attrici fatte per ruoli dove passare inosservata è impossibile.
Ehm... lo so che la bambola della Mattel torna spesso (anzi quasi ogni giorno) nei post ultimamente, ma quest'estate è così (cioè tutta rosa) e non posso farci nulla 😉.
Gira, gira, non si smette mai di parlare di BARBIE, il film di Greta Gerwig che sta dividendo critica e pubblico fra chi lo considera bello, divertente e altri che lo definiscono come quando Fantozzi apostrofava La Corazzata Kotiomkin (ma io sono fra quelli che si è divertito un mondo), ed ora ecco uno strepitoso VIDEO PARODIA
dove i nostri politici, grazie alla tecnica del deepfake vengono messi nel trailer del film che da BARBIE diventa Georgie.
Tale capolavoro lo si trova su YouTube grazie a CECI N'EST PAS UNE AI, profilo con ben poco materiale postato, ma il video vale la pena di essere visto (prima che qualcuno si offenda e lo faccia rimuovere) e infatti sta diventando virale.
Pare che Matteo Salvini, che è una delle "vittime" del deepfake, si sia divertito a rivedersi nei panni colorati di Ken.
Sarebbe perciò interessante sapere anche le opinioni degli altri politici coinvolti, da Barbie Meloni a Ken LaRussa.
E non dico i brevissimi camei perché sono quelli i veri momenti da ribaltamento.
Ovviamente, e per fortuna, oggi che è ferragosto, si sta parlando solo della trama di una serie tv perché stavolta Paramount+ l'ha azzeccata dopo una manciata di prodotti discutibili, ed ha sfornato School Spirits, che magari non sarà originale come idea, dato che ci sono stati già Tredici, RIVERDALE e (in parte) LOOKING FOR ALASKA con il tema della morte studentesca misteriosa, ma riesce a prenderti dentro e quindi funziona, anche perché, in realtà nulla è come sembra in apparenza perché qui si va nel soprannaturale.
Il plot è che in un immaginario istituto sono morti, in momenti diversi, alcuni studenti e anche un professore, e i loro spiriti si ritrovano bloccati in una zona intermedia senza la possibilità di poter andare definitivamente dall'altra parte, come in un BREAKFAST CLUB dell'aldilà, invisibili agli altri (quasi tutti), ma presenti ancora nella scuola.
E in effetti i personaggi ricordano, per certi versi, proprio i protagonisti del FILM di John Hughes con i loro caratteri diversi,
e con pure quel professore nel gruppo, ma che ha un atteggiamento decisamente diverso da quello che aveva il preside interpretato nel FILM da Paul Gleason.
L'ultima arrivata nel club è Madison che, al contrario degli altri, non ricorda come sia morta e, inoltre, il suo corpo non è mai stato ritrovato per un motivo ben preciso, ma che scopri solo negli ultimi minuti dell'ultimo episodio.
Sono tanti i flashback che vengono proposti durante gli episodi (i primi due sono diretti da Max Winkler, cioè il figlio di Fonzie, anche produttore), con ricordi che vengono mostrati tramite la trovata del formato in 4:3, così capisci subito che si tratta di eventi precedenti, sennò in effetti si potrebbe fare confusione.
Qualcuno ci ha visto dentro anche Twin Peaks, ma l'atmosfera è molto diversa e soprattutto non c'è nebbia e personaggi surreali, e pure un po' Ghost, ma niente vasi di creta.
Attenzione perché esiste anche una serie del 2011 omonima, inedita per l'Italia, ma che racconta tutt'altra storia.
Girato al singolare invece il titolo sarebbe stato anche quello originale di un film demezial-studentesco del 1985 chiamato in italiano Anche I Fantasmi Lo Fanno.
Questi del 2023 invece sono 8 episodi un po' thriller, ma anche con momenti divertenti e quindi da vedere per cercare di risolvere tale mistero che, episodio dopo episodio, sembra ogni volta essere ad un passo dal trovare una risposta.
Il finale (che a me ha fatto esclamare wow!) potrebbe anche essere un vero finale, perché, anche se sospeso, si usa fare così in molti film, ma dato che stiamo parlando di una serie tv fa confermare (salvo ripensamenti) che invece ci sarà una seconda stagione dove l'effetto sorpresa però potrebbe essere meno efficace.
Lungi da me l'idea di spoilerare, perciò posto solo la copertina di un disco di Elio & Le Storie Tese dal titolo molto esplicativo.
Della serie ne è stata realizzata anche una versione a fumetti di prossimo arrivo curata dagli autori, ma da non confondere con un comic book già esistente di Anya Davidson che racconta (anche questo) una storia del tutto diversa.
Piccola nota per Peyton List che arriva da Cobra Kai e partecipa alla produzione, e di suo somiglia molto ad una giovane Madonna, e infatti (ma è solo un caso) il suo personaggio si chiama Madison detta anche da tutti Maddy come la Ciccone.
Certo che un biopic sulle origini della regina del pop, cioè di quando era la batterista dei Breakfast Club,
per ora ci manca e, sempre per caso (credo), anche il nome della band andava a ricollegarsi a quel FILM di John Hughes che sarebbe arrivato qualche anno dopo...