Doppio album dal vivo per l'ex Pooh in cui ripropone brani della band che hanno avuto meno considerazione, ma non per questo meno belli, come A Un Minuto Dall'Amore che era il lato B del 45 giri Pensiero. Tra i tanti pezzi anche Un'Anima, un inedito che il suo amico Giorgio Faletti aveva lasciato incompleto e Dodi ha terminato e proposto dal vivo nei suoi concerti. Ed è ancora la musica dei Pooh che ci accompagna come una colonna sonora anche se la band si è sciolta... per ora...
Intanto ecco il brano di Faletti/Battaglia Un'Anima
Molto in ritardo rispetto agli altri bloggers cinefili, sono riuscito a vedere l'ultimo film di Jim Jarmusch, film che nel titolo originale ha un gioco di parole ritmico (The Dead Don't Die) che tradotto in italiano si perde totalmente. E si perde anche forse l'intenzione del regista per cui chi ha visto il film insieme a me si aspettava un The Walking Dead e invece non capiva perché il sottoscritto scoppiasse a ridere in momenti che ho trovato esilaranti tipo "E stata qualche bestia selvatica? Diverse bestie selvatiche?" ripetuto tre volte tale e quale insieme alla visione dei cadaveri nel bar e poi più tardi anche dalla giornalista del tg. Anzi, più la storia va avanti e più aumentano le scene che creano una sorta di metacinema in cui il backstage si mescola con quello che si vede sullo schermo (altra cosa che ha disorientato chi si aspettava un altro genere di pellicola). Non manca il momento WTF con l'uscita di scena di Tilda Swinton (e anche lì è una genialata che comunque si capiva già da subito che era una tipa mooolto strana) e situazioni talmente grottesche al punto che mi sarei aspettato persino che arrivasse Danny Trejo da un momento all'altro, tanto le atmosfere assurde mi hanno fatto pensare ai divertissement di Rodriguez. Bill Murray è meno Murray del solito, mentre lo è molto di più Adam Driver, spassosissimo con la sua aria sempre seria che lo rende il vero comico del film (il portachiavi di Star Wars poi è un altro momento grandioso). Devo precisare che questo è il primo film di Jarmusch che vedo, per cui non sono stato influenzato dalle precedenti opere e ho preso il film per quello che è, cioè una continua citazione di precedenti pellicole sul tema zombi e non solo. Probabilmente ciò rende la pellicola interessante per i nerd cinefili e un po'meno per il pubblico mainstream (leggi cinepanettoni e The Rock). E il divertimento per me è stato anche quello, mentre gli altri non hanno capito praticamente nulla di quando parlavano di Romero o altri momenti del genere. È stato un po come quando, molti anni fa, ho portato la cumpa a vedere Mars Attacks e me l'hanno giudicato come Fantozzi con la Corazzata Kotiomkin. E a me Mars Attacks era invece piaciuto un casino. Non mi hanno crocifisso in sala mensa, ma c'era mancato poco...
Richard Lester è un regista inglese famoso sopratutto per aver diretto negli anni 60 i due film dei Beatles, Help e A Hard Day's Night (...e niente, i FabFour bene o male tornano sempre). Ma nel tempo libero ha realizzato anche questa squisita commedia britishissima in cui una ragazza di provincia (Rita Tushingham) si trasferisce a Londra e si ritrova subito alle prese con alcuni ragazzi molto diversi tra loro: il figo, il timido e l'artista. Situazioni surreali (nello stile di Lester) e fotografia in bianco e nero fanno di questo film un piccolo cult da riscoprire. P.s. La cosa che non tutti hanno di cui si parla nel titolo è lo "knack", quel qualcosa capace di farti avere successo col gentil sesso, ma tranquilli che non siamo in presenza di un film tipo Montagnani e Fenech. God save the Queen...
Inutile farla lunga, l'ho constatato personalmente durante un lungo viaggio in questi giorni: quando sulla stessa emittente passa l'ultima di Madonna con Swae Lee, Crave e poco dopo arriva Here Comes The Sun dei Beatles ti si apre una voragine abissale di differenze di suoni, impostazione, atmosfere e capisci che non c'è niente da fare.
Ci stiamo facendo del male.
Ecco i due brani per fare direttamente il confronto.
Poi ok, forse è tutta una questione di gusti, di tempi che cambiano, e non è nemmeno bello fare i dinosauri ancorati a vecchi cliché musicali.
Però sto parlando di emozioni che una canzone riesce a dare, e nel caso di Madonna siamo di fronte a suoni di batteria sintetica, riff ripetitivi, melodia discreta, ma che passa e va come la musica da sottofondo al supermercato.
Se questo significa evolversi nella musica, beh preferisco restare nel mio mondo di fantasia della mia galassia lontana lontana, che almeno mi dà ottime vibrazioni e una certa sicurezza.
In questi giorni vediamo le audizioni della tredicesima (!!!) edizione di XFactor e, aldilà di fenomeni vocali e momenti con improbabili "cantanti", la cosa interessante è sempre vedere i quattro giudici sotto un aspetto diverso da quello che hanno quando sono loro a cantare. A parte Mara Highlander Maionchi che a cantare non ci pensa nemmeno, ma sa piuttosto bene come muoversi nel mondo musicale, i nuovi giudici sono stati, almeno in queste prime puntate, delle belle sorprese. Primo fra tutti quello Sfera Ebbasta tanto chiacchierato che, a mio parere, si è rivelato essere persino simpatico. Al lato opposto invece Malika Ayane che si mostra precisina e rompimaroni fino allo sfinimento e sembra raccogliere lo scettro di Manuel Agnelli in fatto di saccenza ostentata. Per ultimo l'uomo col cappello che, per una volta non guida una Fiat 126 in mezzo alla strada ai 20 all'ora, ma risponde invece al nome di Samuel Dei Subsonica (è ovviamente il suo cognome, sisì) e sta lì così a dire si o no senza farsi notare troppo. E pensare che avrei detto che sarebbe stato lui quello che avrebbe preso il posto di Manuel, e non solo per un assonanza onomastica. Tant'è che già un po' di personaggi interessanti si sono visti e continuerò sicuramente nella visione dei bootcamp, fino alla finale. Perché X Factor è X Factor... ma dove l'ho già sentita questa???
Domenica 22 settembre il Bat-segnale è stato acceso in tutto il mondo per festeggiare gli 80 anni di Batman e in particolare a Roma è stato proiettato sulla Stazione Termini. Come festeggiarlo invece su un blog senza pretese, ma con un occhio di riguardo per le cose gustosamente insolite? Rievocando la classica serie tv o incensando le versioni di Burton e Nolan? Né l'uno né l'altro, ma anzi direi molto meglio avendo visto su Italia 1 qualche anno fa questo strano film per la tv dal gusto rievocativo in cui Adam West e Burt Ward, gli interpreti della serie tv che qui invece fanno loro stessi, si trovano ad indagare sul furto della gloriosa Batmobile da un museo. Parata di attori provenienti dai vari episodi e scene in flashback con giovani attori che rifanno Adam e Burt sui vecchi set. Nessuna pretesa di capolavoro, ma solo un simpatico omaggio alla serie tv più buffa ed originale che sia mai esistita. Unico appunto, il titolo italiano che ricalcava i vari titoli di film tipo " eroe o turista o qualcosa per caso", mentre l'originale era Return To The Batcave, che era molto meglio. Ma che ci possiamo fare?
Ognuno di noi è cresciuto con gli anime giappi, volente o nolente, e alcuni sono rimasti nel cuore più di altri, grazie anche a volte alle sigle italiane diventate in alcuni casi più famose del cartone stesso grazie a Cristina D'Avena o I Cavalieri Del Re o altri più o meno fantomatici artisti. Evvai col coro... O-o-o, Occhi Di Gatto oppure Oh Ladyladylady Oscar... eh ci sarebbe da aprire una discussione su quale sia la sigla preferita da tutti noi. Ma non è di queste che voglio parlare, perché in rari casi invece sono state mantenute le sigle originali. Per essere più precisi, questo è successo nelle serie NON trasmesse da Mediaset poiché il biscione aveva ed ha tuttora dei biechi contratti discografici che prevedono produzioni di sigle nuove continuamente (alcune per la verità orrende come il recente rap di Moreno per Lupin III).
Un vero scempio, perché graficamente la sigla è splendida e pure la versione originale lo è.
Nel caso di Neon Genesis Evangelion invece, siccome era trasmesso su MTV negli anni '90, la sigla restava (per fortuna) quella originale cioè Zankoku Na Tenshi No These di Yuko Takahashi, con una stupenda sincronizzazione tra musica e immagini che si è vista molto di rado in queste produzioni.
Per una volta ci siamo scampati una canzone tipo "Forza ragazzo vai, combatti per l'umanità" e banalità del genere.
Sigla di chiusura invece per la serie animata tratta dal videogame Xenosaga, In This Serenity cantata in inglese da Mayumi Goyo con una dolcezza infinita.
Ma il top delle sigle resta quel caso particolare della prima serie di Lupin III, quella della giacca verde.
Caso particolare perché non era la sigla giapponese originale, ma un brano disco pop rock di una band francese che in Italia venne abbinato all'anime anche se titolo e testo non c'entravano assolutamente nulla, difatti si parla di alieni sadomaso e pianeti misteriosi.
Fatto sta che musica e immagini della sigla stavano perfettamente in simbiosi e a tutt'oggi questa rimane la migliore, non solo di Lupin III, ma dei tanti anime che hanno popolato i nostri schermi tv.
Il titolo era Planet "O" di Daisy Daze & The Bumble Bees cosi fantomatici che in alcune foto, al posto loro, vengono mostrati dei cosplayers giappi di Lupin III, ma sono dei falsi perché il gruppo era solo una produzione di studio, in pratica non è mai esistito.
Buon ascolto e buoni ricordi, perché con questa sigla si parla di quasi 40 anni fa...
Continuano le avventure dei... personaggi di Fast & Furious, direte voi... e invece mi riferisco alle avventure dei malandrini distributori italiani che, temendo che il battage pubblicitario con la stessa grafica e gli stessi font non sia abbastanza, modificano ad hoc il poster del film, facendolo apparire prima di tutto un film della serie F&F, e poi in piccolo mettono anche il titolo originale.
Oppure l'altra versione...
Geniali no? A parziale discolpa vale dire che anche in Spagna c'è stato lo stesso trattamento, ma potremmo fare insieme, a questo proposito, il gioco delle differenze tra il poster originale e quello italiano. Che poi il film sia una gran baraonda di divertimento a "ruota" libera (LOL), quello è un altro paio di maniche. Have fun!!!
Lo ammetto, mi sono approcciato a questo film con un po' di diffidenza, temendo di trovarmi davanti ad una roba kitsch, pretenziosa e autocelebrativa e invece... lo è!!! Ma è proprio questo che lo rende bello. Due ore di film che sono volate in un attimo tra paillettes, zeppone e occhiali astrusi, con Taron Egerton che incarna perfettamente (anche se con qualche centimetro di statura in più) il cantante più variopinto della storia della musica britannica, anzi ci sono momenti che si può dire che ne sia il clone perfetto. E come canta Taron!!! Ha cantato tutte le canzoni con una voce esattamente uguale a quella che aveva Elton John negli anni '70, voce che purtroppo adesso per l'artista è solo un ricordo. A metà strada tra biopic e musical, racconta gli esordi, l'incontro con il paroliere Bernie Taupin, suo vero e proprio alter-ego per moltissimi anni, l'ascesa americana e le crisi di Elton. Non mancano i momenti esilaranti come quando nel provino davanti a Dick James intona dei successi che scriverà solo parecchi anni più tardi e che il produttore boccia come robaccia (ma credo che in pochi avranno colto la finezza temporale). Menzione speciale per Dallas Bryce Howard che interpreta la mamma di Elton John da bambino, fino all'età adulta, sottoponendosi a sedute di makeup che la ingrassano e invecchiano nel corso degli anni con risultati stupefacenti; giuro che non avevo capito subito che si trattasse di lei, nemmeno nella versione da giovane, seppure mi ricordasse qualcuno... Sesso esplicito, alcool e cocaina fanno da contorno a tutto questo anche se vederlo così buttato sullo schermo può dare fastidio, ma d'altronde è la verità in una storia resa visivamente come una favola in una pellicola che oserei dire è persino superiore al tanto osannato Bohemian Rhapsody, con cui ne condivide in parte la regia. Ma è una favola solo visivamente per alcuni effetti speciali, perché Elton John è stato davvero quel personaggio che si nascondeva sotto costumi esagerati per vincere quella sua timidezza che viene ricordata nell'incontro con i vecchi vicini di casa. Timidezza che non gli impediva però di scrivere canzoni che sono rimaste nella storia della musica. P.s. Contrariamente alle regole dei biopic, Elton John è ancora vivo...
È morto a 74 anni Ric Ocasek, con gli occhiali scuri nella foto (quello che sembra Battiato di Centro Di Gravità Permanente), leader dei The Cars, band pop rock americana in voga negli anni 80. Il suo nome probabilmente non dirà molto, ma vi sarà sicuramente capitato di sentire alcuni loro brani inseriti nelle colonne sonore di diversi film e prodotti televisivi come Stranger Things o la scena di Transformers in cui l'auto di Shia LeBeuf sceglie alcuni brani dal contenuto esplicito per aiutarlo a corteggiare Megan Fox, scena che comincia proprio con Drive dei Cars, che però per dovere di cronaca era cantata dal bassista Benjamin Orr (si dice che tra Ben e Ric ci fosse una certa rivalità all'interno della band).
E ancora una volta torna il connubio cinema e musica che, insieme alla tv, dà il nome a questo blog senza pretese.
Altri brani famosi dei Cars, questi invece cantati da Ocasek, sono Magic, Shake It Up, You Might Think, Heartbeat City.
Goodbye Ric.
La musica dei Beatles è senza dubbio una cosa che non necessita di presentazioni. Quando poi viene abbinata ad un cartone animato del 1968 che è così psichedelico e visionario (come il poster italiano dimostra) che manco Tim Burton o David Lynch lo avrebbero mai ideato, il risultato è una cosa che avrò guardato e riguardato un centinaio di volte e non mi stancherò mai di rivederlo. Visto per la prima volta in tv in bianco e nero e poi recuperato prima in VHS, poi in DiViDì e infine in raggioblù, resta una cosa unica nel genere del cinema di animazione, anche perché si allontana totalmente dagli stili allora imperanti della Disney; anzitutto è completamente irreale, anche il design di luoghi e personaggi come lo è la storia raccontata. E per fortuna è stata mantenuta la traccia italiana coi doppiaggi storici, e aggiungo perfetti, di Glauco Onorato, Pino Locchi (cioè le voci di Bud Spencer e Terence Hill), Cesare Barbetti, Massimo Turci e Oreste Lionello, compresa la voce di Fred (che non so chi sia il doppiatore) con la parlata genovese che ci manca solo che dica "belin", quindi non è stato ridoppiato come invece è stato fatto (aaaarrrggghhh!!!) su tanti classici del cinema. Una curiosità del film è che, in inglese, le voci recitanti dei Beatles a cartoni non erano di Paul, John, Ringo e George, ma di alcuni doppiatori, come accadeva anche nella serie animata che veniva trasmessa in tv all'epoca, che in comune aveva anche anche il regista George Dunning. Un pezzo di storia di musica/cinema da avere assolutamente.
Per fare il verso alla Hammer, casa cinematografica inglese che produceva film horror a getto continuo, in Italia negli anni 60 si giravano film con le stesse tematiche e il cast veniva nominato con pseudonimi anglofoni, come questo fantomatico regista Robert Hampton che in realtà si chiamava Riccardo Freda.
Tra molti prodotti al limite del ridicolo, alcuni avevano invece quel qualcosa in più come questo film in cui un medico anestesista soddisfaceva la sua passione necrofila mettendo la moglie in uno stato di morte apparente grazie ad un siero di sua invenzione e poi via con la festa!
Fatto sta che un bel/brutto giorno qualcosa non funziona e la consorte non si risveglia più dallo stato in cui il doc l'ha messa.
Tragedia immensa, ma qualche tempo dopo il dottore si risposa, senonchè la nuova moglie dovrà fare i conti coi fantasmi del passato che, come dice Stephen King, a volte ritornano.
Girato in soli 12 giorni, fa qualche riferimento ad Alfred Hitchcock nel nome del protagonista e nella storia, per certi versi simile a Rebecca La Prima Moglie.
Tra gli interpreti una bellissima Barbara Steele, britannica che sembra presa proprio dai set della Hammer, ma in realtà non ha mai lavorato per quella casa di produzione.
Non ci sono scene splatter ma solo molta tensione e mistero che, incredibilmente, funzionano alla grande grazie anche alla fotografia particolarmente giocata sul contrasto luce/buio e all'ambientazione ottocentesca che fa sempre tanto retrò vampiresco (ma no, non ci sono nemmeno gli emuli di Dracula). L'unica pecca può essere una narrazione un po' lenta (succede anche nel Fog di Carpenter) forse volutamente per creare l'atmosfera, ma che a volte penalizza un po' lo svolgersi degli eventi.
Nel cast anche un Silvano Tranquilli che in seguito diverrà un beniamino della tv interpretando il parroco nella fortunata serie I Ragazzi Di Padre Tobia, molto prima di Don Matteo, per dire...
Film del 2017, ma mai arrivato in Italia nemmeno in homevideo. Se siete fan di Aubrey Plaza (io lo sono da Scott Pilgrim anche se allora non lo sapevo) e Alison Brie (Zoya La Destroya di Glow) dovete vedere questa versione delle novelle del Boccaccio, con ambientazione e costumi d'epoca, ma linguaggio stramoderno che crea un effetto esilarante. Solite storie con monache in convento e ragazzotti tentatori che, conoscendo il Decamerone, abbiamo già visto anche in versione italiana negli anni 70 con Barbara Bouchet e Renzo Montagnani, per fare due nomi a caso, quindi niente film da Oscar o Leone D'Oro, ma un semplice divertimento per fare quattro risate.
Non ha mai vinto contro Batman, ma vince a Venezia un bel Leone D'oro. Prima volta che succede ad un cinecomic che poi tanto cinecomic non è (il film è si la nascita del nemico principale del Cavaliere Oscuro, ma non prende nulla dai fumetti, bensì conta su una sceneggiatura scritta appositamente forse per allontanarsi dalle interpretazioni di Cesar Romero, Jack Nicholson, Jared Leto e Heath Ledger e permettere a Joaquin Phoenix di muoversi liberamente. E in più viene premiato un regista che si pensava capace di dirigere solo pellicole demenziali come Una Notte Da Leoni, e invece Todd Phillips dimostra di avere un lato che non conoscevamo. Una gran bella sorpresa.
Massimiliano Bruno non è uno di quei registi che prendono premi, statuette e ammennicoli vari, però quando fa un film sa come farlo bene. Non ho visto tutta la sua produzione, ma finora solo Nessuno Mi Può Giudicare e Boris Il Film, e sono due pellicole che mi hanno divertito e che mi capita di riguardare quando vengono riproposte in tv. Anche questo Non Ci Resta Che Il Crimine, che finalmente ho potuto vedere, è una commedia divertente anche se molto fantasiosa (non si può dire di fantascienza). Citazioni anni 80, battute, ritmo, malavita organizzata, un pizzico di action e ottimi attori, specialmente un Edoardo Leo sorprendente nella parte del crudele capobanda (finora lo avevo associato solo ai suoi personaggi un po'impacciati tipo Smetto Quando Voglio). Ma anche Giallini, Gassman e Tognazzi sono perfetti, come tutto il resto del cast. Favolosa la rapina in banca (che si vede anche nei trailers perciò nessuno spoiler) mascherati da Kiss e Rockets e la battuta "E mo' me rode... ho sempre preferito i ROCKETS"... Si parla anche di un seguito, come suggerito dalla scena finale. Vedremo anche quello. E c'è anche questo signore qui (Fabio Ferri) che balla nel famoso videoclip di Daniele Silvestri.
Ecco un altro film, che dal cast e dalle intenzioni poteva essere una bella cosa e invece è forse la pellicola più brutta del mondo. Provare per credere. Prodotto inglese per la regia di Joseph Losey, che non sarebbe uno alle prime armi, nuovamente con la nostra Monica Vitti come protagonista, che, come ho spiegato QUI, dimostra di aver avuto più volte un sesto senso per impelagarsi in bidoni cinematografici, Dirk Bogarde del Portiere Di Notte e Terence Stamp (che per mezzo film sono stato convinto che fosse David Hemmings). Fanno parte di questo disastro anche Rossella Falk e Scilla Gabel. Il film è ben riassunto dalla locandina pubblicata, cioè un pasticciaccio senza capo né coda. Anzi la locandina forse ha molto più senso. Unico punto da notare è la presenza di una Fiat 500 rossa cabrio vista anche nei famosi raduni di auto d'epoca e il mago Silvan nella parte di un illusionista (ma vaaaa?) . Da vedere assolutamente se ci si vuole fare un'idea di come non fare un film.
Quest'estate sarà ricordata per un evento epocale senza precedenti: Federico Zampaglione ha trovato le rime!!!
Alcune baciate, alcune un po' forzate, ma almeno le strofe hanno l'aspetto di una canzone e non di un discorso come ultimamente succedeva nelle sue canzoni.
E vuoi che non cavalchi anche lui il trend di fare un pezzo latino?
Ecco allora Vento Del Sud, condita da tanti "ahiahiahiahi" che me lo immaginavo già col sombrero da Mariachi (ci sta pure la tromba). Invece il videoclip mostra una festa paesana con il nostro cantautore e la band che si esibiscono davanti ad un pubblico gaudente, niente di eclatante.
Perlomeno il brano è meno paraculo di tanti che abbiamo sentito in questa estate caldissima (vero Baby K?).
Però sto sombrero da Mariachi ci voleva proprio...