Non c'entra nulla la musica, ma cito oggi una pietra miliare della discografia da ballo, cioè il famoso twist di Chubby Checker,
apprezzato, evidentemente, anche dalla Famiglia Addams, per parlare oggi di alcuni esempi di grande cinema geniale che sono quei film che per tutto il tempo ti immagini una cosa e poi alla fine arriva il twist
(ma non quello da ballare che mica siamo in Pulp Fiction) e si ribalta tutto come se tettedentratto fosse arrivato il voto di Alessandro Borghese o di Bruno Barbieri.
Non intendo la sorpresa eclatante tipo questa,
che un po' è stata ripresa nell'ultima stagione di The Boys, ma piuttosto quei grandi esempi di film dove la trama ti fa vedere qualcosa, ma non riesci a capire se c'è qualcosa di strano fino allo spiegone finale che ti lascia a bocca aperta e dove spesso si ripercorrono le scene fondamentali, ma con un altro punto di vista come più o meno succede anche in TENET di Nolan, il quale però a mio parere rimane più un esercizio di stile piuttosto che un film spettacolare.
Mentre invece sto parlando di film come Il Sesto Senso
di M.Night Shyamalan, The Others di Alejandro Amenabar, Fight Club di Fincher, come anche I Soliti Sospetti di Singer, Shutter Island di Scorsese, THE PRESTIGE (ancora di Nolan e per me anche il suo Inception sul cui FINALE ho già espresso il mio parere), Angel Heart di Alan Parker, e rientrano in parte in tale categoria anche Vanilla Sky di Cameron Crowe, The Village sempre del nostro amico indiano e Il Pianeta Delle Scimmie (quello con Charlton Heston) seppure l'effetto sia più di sorpresa che di ribaltamento.
Ecco.
Questo per me è il vero effetto speciale nel cinema, quello di riuscire a farti credere una cosa fino alla fine per poi spiazzarti completamente.
Giochetto che in molti hanno tentato, ma tante volte con scarso successo perché capisci già alle prime battute che c'è qualcosa che non quadra, oppure ti viene rivelato troppo presto (succede in tanti film da piattaforma streaming) a causa di una sceneggiatura fatta coi piedi e alla fine ti manca la vera sorpresa che invece, solo poche decadi or sono, faceva il suo effetto "speciale".
Sulla piattaforma gratuita Arte è disponibile questo documentario dello scorso anno, con un titolo leggermente diverso, ma è sempre lui, realizzato in Germania con voce narrante tedesca, sottotitolato, ma con molte parti parlate in italiano dai protagonisti, e diretto da un regista altrettanto italiano, Alessandro Melazzani,
che esplora il fenomeno della musica da discoteca prodotta in Italia negli anni 80. Non a caso è realizzato in Germania forse, perché era a Monaco di Baviera che si era creato una specie di Quartier Generale per la produzione della musica fatta coi synth dove si riuscivano ad avere dei suoni pazzeschi completamente all'avanguardia alla fine degli anni 70 (gli ex dj lo ricordano bene che i vinili stampati in Germania avevano una dinamica impareggiabile, al contrario dei pessimi dischi spagnoli), il cui pioniere era stato l'altoatesino Giorgio Moroder,
ma presto seguito dai siciliani Carmelo e Michelangelo LaBionda, i quali dopo un inizio da cantautori acustici poco gratificante, si sono buttati a mani basse sul genere Dance, prima coi D.D.SOUND,e poi con i LABIONDA, avendo così, i volponi, due produzioni da discoteca che potevano uscire contemporaneamente facendo incasso doppio senza il rischio di saturare il mercato,
marcando il territorio e, con alcuni pezzi più votati all'elettronica e videoclip in stile anime, diventando addirittura, in un certo senso, i precursori dei Daft Punk (che arriveranno invece molto dopo con quel cartone animato dal titolo Interstella 5555),e in seguito lanciatissimi con le produzioni miliardarie come i Righeira.
Quei RIGHEIRA così apparentemente vacui, effimeri e colorati come un cartone animato (pure loro), ma perfetto simbolo italiano degli anni 80che, con le loro visioni apocalittche dissimulate in riff di synth, hanno marchiato a fuoco il decennio.
La stessa tattica dei fratelli siciliani verrà utilizzata da diversi produttori che, sotto nomi diversi, faranno uscire decine di dischi che saranno ballatissimi e vendutissimi, come è stato fatto con certi personaggi fake come DEN HARROW, che metteva solo la sua presenza da bel modello al servizio della voce di tre diversi cantanti professionisti, ma tutti sotto la produzione di Turatti e Chieregatoche producevano a raffica dischi di cui alcuni uscivano con nomi diversi, mentre altri, se erano considerati adatti al personaggio, venivano attribuiti e poi mimati nelle esibizioni da Den (Stefano Zandri) il cui nome d'arte era un gioco di parole con il vocabolo "denaro"; contemporaneamente al primo singolo a nome di Den Harrow infatti Turatti e Chieregato avevano tirato fuori altri due personaggi inesistenti chiamati Joe Yellow (gioiello) e Jock Hattle (giochetto), ma poi persi per strada (Jock diverrà Albert-One più avanti).
Alcuni personaggi invece erano reali come Sabrina Salerno che con la sua BOYS, e la sua fisicità non comune, è diventata in un botto una star dalla popolarità al livello di Madonna, perlomeno finché è durata, e comunque mai dimenticata poiché sono abbastanza recenti alcune sue apparizioni in concerti divisi con Samantha Fox, altra artista con le stesse doti di Sabrina.Come sta accadendo adesso con i nuovi esponenti della musica autotunata e rappata, all'epoca i prodotti Italo disco erano considerati robaccia di poco conto, fatta con due note di synth e un inglese pure pronunciato male.
Questo pregiudizio veniva soprattutto da quelli che scindevano la musica fra colta e commerciale, mentre da parte mia ho assimilato praticamente tutto il possibile partecipando con grande piacere ai concerti di Genesis, Pink Floyd, Ramones, Yes, Jethro Tull, e pure i Pooh, Lucio Dalla, Renato Zero, Edoardo Bennato e Ivan Graziani, con in parallelo in discoteca appunto la Italo disco perché erano quelli i dischi che mi facevano riempire la pista, e grazie a quelli mi divertivo anch'io che i dischi li mettevo nella mia postazione di dj (insieme però anche ai Cure, i Cult, gli U2 e i Simple Minds eh...).
Il fatto è che questi dischi funzionavano da paura e i turisti che venivano da noi, poi si portavano a casa i vinili che ballavano nelle discoteche e gli stessi brani finivano poi trasmessi nelle radio di tutta Europa.
Per dire... Dolce Vita di Ryan Paris è stata per settimane al top delle classifiche.
Quindi musica commerciale si, ma fallo te, se sei capace, un disco in grado di farsi ascoltare da tutti in questo modo?
È molto più facile fare musica che piace solo a chi la sta suonando o comunque ad una ristretta cerchia di persone.
Tant'è vero che pure i Genesis e gli Yes in quel periodo hanno sfornato dischi impeccabili, ma con strizzatine d'occhio alla possibilità di essere passati sui piatti delle discoteche.
Anzi, qualcuno mi criticava perché nel 1979 mettevo già Another Brick In The Wall in discoteca, salvo poi ricredersi quando sono arrivati i Pink Project (italiani pure quelli) a miscelare Pink Floyd e Alan Parsons.
Negli anni 90/2000 poi sono arrivate la Macarena e Asereje ad avere la stessa sorte di dischi leggeri, ma campioni di vendite, ma, dato che non erano dei nostri prodotti, a rinverdire la quota nazionale in discoteca ci hanno pensato Paola & Chiara con Vamos A Bailar, Jovanotti e gli 883 ancora formati da Pezzali/Repetto.
Insomma, se è il pubblico a decretare il successo di un disco, significa che questi prodotti sono stati la vera punta di diamante di un decennio che, chi l'ha vissuto può confermare, ha il pregio di essere stato irripetibile.
Checché se ne dica, aldilà di Vasco, Liga e Rolling Stones, l'evento musicale del 2022 è il Jova Beach Party 2 che, come lo scorso anno, ha ripreso a prendere possesso di spiagge e spazi correlati attirando decine di migliaia di persone.
Il tour viene documentato tappa per tappa su RaiPlay da brevi special di 15 minuti dove viene condensato il meglio della giornata passata sotto al sole rovente di quest'estate cercando i getti degli idranti per aver un po' di refrigerio e con ospiti diversi in ogni luogo, ospiti che duettano anche con Lorenzo oltre a fare uno show personale.
Chi c'è stato può confermare che all'interno di quel piccolo mondo che si crea, funziona tutto alla perfezione, con punti di ristoro e bus navette pronti a trasportare sul luogo dell'evento, mentre, se per raggiungere tale luogo avete scelto di usare l'auto, dovete mettere in conto un paio d'ore per uscire dal parcheggio a concerto finito.
Ma anche con una tale tortura, resta uno spettacolo notevole e non lascia delusi, a meno che non abbiate dei pregiudizi nei confronti di Jovanotti (io li avevo ai tempi di Gimme Five!, ma poi sia io che lui siamo cambiati), pregiudizi magari anche dettati dal fatto che siete stati possessori di una Mercedes mutilata del suo simbolo a cavallo fra gli anni 80 e 90, nel qual caso non vi prendereste certo la briga di partire e immergervi in un tale evento
(per dire... ecco Lignano Sabbiadoro) che rimane denominato Jova Beach Party anche se si tiene ad Aosta dove di sabbia non ce n'è granché.
E, visto come stanno andando i contagi per Covid-19, potrebbe anche essere l'ultimo grande evento prima di rimpiombare nell'oblio del lockdown.
Nei giorni scorsi, fra i tanti nomi a cui abbiamo dovuto dire addio, abbiamo perduto anche il regista Bob Rafelson, 89 anni (con il cappello nella foto),
che ha avuto un sodalizio artistico particolarmente fortunato con Jack Nicholson il quale appare in quasi tutti i suoi film e pure nella foto sopra insieme a Jessica Lange alla prima di Il Postino Suona Sempre Due Volte.
Fra gli altri film di Bob e Jack sono da citare anche Cinque Pezzi Facili e Il Re Dei Giardini Di Marvin, dove in quest'ultimo il doppiaggio italiano sfoggia una tripletta d'eccezione in Pino Locchi, Cesare Barbetti (la coppia di ATTENTI A QUEI DUE) e Rita Savagnone, compreso anche quell' Easy Rider di cui Bob è stato produttore.
Ma forse la chicca più gustosa su Rafelson è stata la sua partecipazione alla creazione a tavolino del mito dei MONKEES, cioè i famosi Beatles a stelle e striscie,
(nella foto, oltre a Bob, al centro, e la band, appare anche Bert Schneider, il secondo da destra, l'altro ideatore del gruppo musicale) prima con la sceneggiatura e la regia della SERIE TV di cui 6 episodi portano la sua firma, e poi con un vero film (sempre insieme a Nicholson) che si rifaceva parecchio a Help! dei 4 di Liverpool anche nel titolo che era Head, mentre in italiano era diventato Sogni Perduti
e in cui appare anche Frank Zappa.
Addio anche a David Warner (e qui devo ringraziare CASSIDY che me lo ha segnalato), 80 anni, attore noto perlopiù per parti da cattivo come in Tron,
L' UOMO VENUTO DALL' IMPOSSIBILE in cui era l'assassino conosciuto come Jack Lo Squartatore in fuga nel futuro grazie alla macchina del tempo di H.G. Wells, e da costui inseguito sotto forma di Malcolm McDowell, e l'abbiamo visto pure in Titanic
dove interpretava il perfido maggiordomo che vessava DiCaprio, compreso anche un episodio di Doctor Who nel periodo di Matt Smith.
Non potevo non vedere questo film, un film ambizioso ispirato alla vita di Celine Dion, ma rielaborata molto liberamente dalla regista e attrice Valerie Lemercier che ha deciso stavolta di interpretare personalmente la protagonista fin dall'età di 5 anni (lei ne ha 58!!!) grazie agli effetti speciali che ormai nel cinema ti permettono di fare anche l'impossibile.
D'altronde anche Rosa Salazar aveva impersonato una RAGAZZINA CYBORG nonostante avesse già superato i suoi bei 30 anni e la stessa Valerie è già abituata alle trasformazioni fisiche poiché qualche anno fa era stata una donna che per una malattia della pelle diventava di colore e sceglieva di vivere come tale in AGATHE CLERY, un film musicale poco conosciuto, ma molto divertente, non diretto da lei, che ho già consigliato da queste pagine web.
Qui, grazie a riprese da lontano o di spalle della piccola protagonista l'illusione che Valerie sia in scena magicamente rimpicciolita (e ringiovanita) c'è, perché nei primi piani e nelle riprese di fronte il viso è il suo rielaborato digitalmente (presumo con la tecnica del deep fake) anche se in alcuni casi si ha una specie di effetto Hobbit o "Mini Me" vedendola così.
Anche a 12 anni, l'età in cui ha il suo primo colloquio con il manager che diventerà suo marito (come nel caso della vera Dion) è sempre la voce di Valerie che si sente quando parla, e non quella di una bambina, cosa mantenuta anche nel doppiaggio italiano, il che in effetti fa un po' strano una voce così matura in tale contesto, ed è proprio in questo incontro che il discografico ha un lapsus (freudiano e voluto dalla sceneggiatura) e sbaglia il suo nome chiamandola Celine.
Nel canto invece Valerie è doppiata da Victoria Sio, una vera cantante di musical decisamente molto simile all'interprete della colonna sonora da Oscar di Titanic, anzi in quella scena (perché nel film si sentono le canzoni di Celine) la copia è perfetta al 100%, se non fosse per qualche piccolo errore di lip sync che rivela il trucco.
Una notevole differenza con i soliti film francesi è che non è uno di quelli dove c'è gente che parla e parla e parla scrollando la testa (caratteristica di parecchi film d'oltralpe), mentre qui invece le scene si susseguono rapidamente puntando più a mostrare Aline nelle sue esibizioni e nella sua ascesa verso il successo punteggiato anche da alcuni momenti meno felici, restando però sempre con un tono da favola.
La cosa che mi lascia perplesso però è che, nonostante le canzoni siano quelle e i personaggi ricalchino quelli veri, il film NON È un biopic su Celine Dion, e l'operazione risulta un po' come fare un film sui Beatles senza usare i nomi originali; anzi pare proprio che sia la cantante che i suoi familiari non abbiano gradito per niente tale messinscena che, bisogna dirlo, sfiora parecchio la parodia perché Valerie si riesce a prendere a fatica sul serio (cioè no per niente), anche se a tratti la messinscena vuole essere drammatica, risultando invece soltanto pacchiana.
Tutto sommato però due ore si riesce lo stesso a dedicargliele, giusto per il gusto del revival con una colonna sonora che ad un certo punto ti mette sul piatto pure la PETER JACQUES BAND con Walking On Music, una pietra miliare della gloriosa disco italiana e band di cui ho parlato un bel po' di tempo fa perché dietro ha una storia non da poco, tanto che magari qualche francese ci potrebbe anche fare un film, ma cambiando i nomi 😜.
Finalmente da un paio di mesi sono cominciate a trapelare notizie succose (e sopratutto concrete perché arrivate direttamente dalla BBC) sul prossimo DOTTORE che avrà di nuovo come showrunner l'ottimo Russell T.Davies, e questo lo si sapeva, mentre è stato confermato in seguito che la scelta per il nuovo viaggiatore del tempo è caduta su uno dei protagonisti di Sex Education, Ncuti Gatwa,
attore molto giovane in effetti, quasi un età da companion, ma ricordiamoci che Matt Smith era ancora più giovane di lui quando ha ricevuto le chiavi del Tardis ed ha conosciuto Amy Pond.
Dobbiamo ancora vedere però l'ultimo episodio con Jodie Whittaker, che, poverina, ha fatto del suo meglio, ma ben poco poteva inventarsi per migliorare certe sceneggiature pasticciate che hanno segnato l'era Chibnall.
Anche se già qualcuno potrà pensare che il Dottore di colore possa essere una strizzata d'occhio verso il movimento Black Lives Matter e non solo, anche LGBTQ poiché potrebbe avere anche una sessualità particolare come nella serie di Netflix, io penso... chissenefrega!
Il Dottore è sempre stato un personaggio molto particolare essendo un alieno del pianeta Gallifrey (ha due cuori, per dire...) e, comunque sia, peggio di quanto abbiamo visto finora non potrà essere di sicuro...
E a questo punto diventa sempre più tangibile un cambio etnico anche con James Bond, come si vocifera da quando Craig ha mollato la parte.
Per un giovane attore che arriva, invece se ne va un'altro ad 83 anni con una onorata carriera alle spalle e si tratta di Paul Sorvino,
da ricordare nel ruolo di Paul Cicero in QUEI BRAVI RAGAZZI di Scorsese, e non posso fare a meno di notare che ultimamente ci stiamo perdendo parecchi membri del cast di questo film del 1990.
Paul era abbonato ai ruoli da gangster, ma non solo, come ha dimostrato nella serie tv Law & Order.
Oggi purtroppo si parla di una grave perdita nella musica italiana, una notizia che ha monopolizzato ieri i social poiché è mancato Vittorio DeScalzi, 72 anni, fondatore dei New Trolls
(nella foto 80's con il giubbotto chiaro), il gruppo genovese che ha alternato nella sua discografia opere ambiziose prettamente progressive come i due album Concerto Grosso realizzati in collaborazione con Luis Bacalov, con canzoni invece più leggere entrate nell' Olimpo del pop, basti pensare a QUELLA CAREZZA DELLA SERA e UNA MINIERA,
entrate di prepotenza anche nei repertori del Karaoke, compreso quello di Fiorello, dove la seconda, in verità, la ricordo eseguita una sola volta, però benissimo, nelle innumerevoli puntate dello show itinerante di Italia1, credo a causa dell'estrema difficoltà che comporta cantarla specie nelle parti che competono a Nico DiPalo.
Quest'altra foto invece (forse la più recente) lo mostra insieme ai musicisti Andrea Maddaloni, Lorenzo Ottonello
e Roberto Tiranti, quest'ultimo da parecchio tempo collaboratore di Vittorio anche sul palco del Festival di Sanremo, con i quali stava ancora portando in giro recentemente il repertorio dei New Trolls; l'ultimo concerto era stato tenuto infatti il 15 luglio all' auditorium Alfano proprio nella cittadina ligure dei fiori, dove erano stati accompagnati da una grande orchestra.
DeScalzi era stato colpito di recente dal Covid-19, ma ne era guarito.
Purtroppo però una conseguente fibrosi polmonare provocata dal virus gli ha portato delle gravi complicazioni e, nonostante i soccorsi e il ricovero, gli è stata fatale.
Olivia Colman, oltre ad essere protagonista dello splendido THE FATHER e della serie tv BROADCHURCH, ha recitato anche in questo premiato corto del 2014 di soli 25 minuti molto particolare in cui interpreta una donna che, per gradi, comincia a non risentire più dell'effetto della forza di gravità e si ritrova a galleggiare sempre più lontana dal pavimento con preoccupazione sempre maggiore da parte del marito e della figlia.
Corto che ricorda un po' THE INCREDIBLE SHRINKING WOMAN con Lily Tomlin e opera prima di Joel Schumacher, dove lì la protagonista invece si rimpiccioliva lentamente, ma quel film, ispirato al romanzo di Richard Matheson Tre Millimetri Al Giorno, aveva un tono e un finale da commedia americana che qui invece non c'è assolutamente.
Anzi si resta con il groppo in gola fino alla fine.
P. S.
The Karman Line tecnicamente è il confine tra la terra e lo spazio.
Se i francesi avevano i Daft Punk e i norvegesi hanno i SubWoolfers, di cui molti sospettano possano essere gli Ylvis di WHAT DOES THE FOX SAY?, brano di quasi 10 anni fa, anche noi italiani non non ci facciamo mancare i nostri cantanti mascherati, che per fortuna non sono solo quelli della Carlucci, ed è dal 2018 che abbiamo i toscani Legno, i quali si esibiscono con scatole sulla testa.
Si chiamano Legno Triste e Legno Felice, e nelle loro canzoni si sente che c'è dello studio, il piacere della citazione famosa, del gioco di parole.
Insomma testi leggeri, ma da approfondire ascolto dopo ascolto, e probabilmente vi è capitato di sentirli in radio in JOHN TRAVOLTA, un singolo dello scorso anno di Bianca Atzei dove hanno fatto un featuring con lei, ma, per fortuna, esistono anche tre interi album a loro nome
dove il primo presentava una copertina ed un titolo molto essenziali, e poi è arrivato il secondo, sempre essenziale nel titolo, la cui immagine si ispirava ai fumetti Marvel,
mentre questo WELCOME TO ITALY è il loro nuovo singolo tratto dal più recente lavoro che si chiama Lato A, uscito a maggio, e che li mostra in copertina stavolta con le scatole azzurre invece che gialle come prima,
vestiti come Colapesce e Di Martino e con la piccola aggiunta dell' articolo prima del nome.
La canzone c'ha un tiro shuffolato irresistibile ed è da scoprire, come al solito, con le sue citazioni parola per parola grazie anche al videoclip dove il testo appare su un vecchio tv a tubo catodico. Vero che è una figata?
E proviamo ad indovinare come si chiamerà l'album successivo, dai...
Non molto tempo fa parlavo della TENDENZA, italiana e non, di fare continuamente remake di film francesi, finché non ti son arrivati proprio loro, i fransuà, come era accaduto con Perfetti Sconosciuti, a fare un remake di Quo Vado? il film con Checco Zalone diretto da Gennaro Nunziante, un regista che, non lo avrei mai detto quando ha presentato il suo primo film, ma sa come fare un prodotto di successo. Anche Fausto Brizzi ha qualcosa che mi piace nel suo modo di dirigere i film. Forse perché perché so accontentarmi, direte voi? O forse perché i suoi film sono tratti dai suoi stessi libri e quindi sa perfettamente come deve essere un personaggio e come deve comportarsi, per cui sa anche a chi affidare i ruoli, come in questo Se Mi Vuoi Bene del 2019, girato a Torino, dove Claudio Bisio oltre ad essere protagonista è anche narratore e lo fa rompendo la quarta parete e rivolgendosi direttamente in camera per buona parte del film.
Claudio fa benissimo la parte di un avvocato che si trova in crisi perché non riesce più ad avere un dialogo con i familiari e, dopo aver pensato anche al suicidio, decide di darsi da fare per migliorare la vita proprio di quei familiari che ormai sembrano talmente presi dal lavoro e dalle cose personali fino ad essere diventati quasi degli estranei.
Attenzione però: se l'idea a lui pareva buona, come anche noi inizialmente vediamo, ci saranno delle conseguenze inaspettate e disastrose a cui non aveva pensato, ma che, gira gira, alla fine porteranno lo stesso qualcosa di buono anche se non sarà come previsto.
Cast affiatatissimo e che, finalmente, recita come si deve e non a livello di fiction tv scrausa.
Questo grazie al fatto che sicuramente saranno state fatte diverse take anche se la scena magari era già perfetta (come usa fare Tarantino da quello che si dice nel DOCUMENTARIO di cui ho parlato ieri) e non buona la prima e via l'altra come purtroppo si vede ultimamente, per colpa di tempi sempre più ristretti. Ovviamente da qui a paragonare Brizzi a Quentin ce ne corre eh, ma perlomeno il prodotto è fatto bene e completano il cast, fra gli altri, Lucia Ocone, Gianmarco Tognazzi, Sergio Rubini, Flavio Insinna, Maria Amelia Monti e... Luca Carboni che praticamente prende il posto che era stato dei Jalisse in un altro famoso (e divertente) film di Brizzi.
Su Prime Video c'è questo documentario molto dettagliato sui primi 8 film di Quentin Tarantino, da qui il titolo, con una piccola appendice che cita C'Era Una Volta A Hollywood.
Retroscena, curiosità, aneddoti, tutto il possibile viene raccontato da coloro che hanno lavorato con Quentin e da ciò capisci ancora di più il lavoro mastodontico che c'è dietro a tali film, alcuni magari meno riusciti di altri, è vero, ma tutti accomunati da una grande passione per il cinema che Quentin tira fuori ogni volta che dirige e anche appare personalmente nelle sue pellicole.
Altro punto in comune dei lavori di Quentin è che i personaggi dei vari film risultano essere imparentati, conoscenti o antenati fra di loro poiché si citano gli stessi nomi in quei discorsi fiume che caratterizzano le pellicole del nostro regista, come fosse un universo suo personale in cui fa muovere i personaggi nelle varie epoche.
Cose così marcate al punto che ormai certe situazioni e riprese hanno assunto la definizione di "Alla Tarantino" anche quando le vedi in altri film.
Alla fine ci rimane soltanto il dubbio sulla dichiarazione fatta da Quentin di volersi fermare al decimo film, e sul cosa farà dopo.
Per mettersi a guardare i cantieri mi sembra un po' troppo presto.
Apparire come non si è pur di piacere al proprio capo? Situazione che può sembrare paradossale, ma che in realtà nel mondo del lavoro si verifica più spesso di quanto non si creda e in questo film del 2014 viene proposta più o meno in tutte le sue forme, tipo nascondere una gravidanza, il fatto di essere omosessuale, tifare per una squadra avversaria, e via così.
Serena Bruno (Paola Cortellesi) è un architetto con un grande progetto da presentare, ma purtroppo non viene considerata come dovrebbe in quanto donna, così trova l'escamotage di mandare avanti Francesco (Raoul Bova) come sua controfigura più autorevole nei confronti della persona che deve approvare il progetto, uno strepitoso Ennio Fantastichini, semplicemente invertendo il nome con il cognome.
La situazione genererà equivoci a non finire in un film che si presenta leggero, ma che poi fa pensare a quante volte ci si trova davanti a situazioni come questa.
Per certi versi mi ha ricordato anche la serie tv Mai Dire Si,
dove Laura Holt (Stephanie Zimbalist), un'abile detective, si inventava un inesistente capo dell'agenzia chiamato Remington Steele perché lei, essendo donna, non veniva ritenuta all'altezza delle situazioni.
Tale personaggio immaginario prenderà presto le sembianze di Pierce Brosnan che interpreta un ladro collaboratore della detective.
Tutta fantasia, si, ma molto molto reale in un mondo, purtroppo, davvero misogino, omofobo eccetera eccetera, anche perché la vicenda del film è ispirata ad una storia vera di un progetto rimasto incompiuto alla periferia di Roma e il cui architetto (una donna appunto) si è dovuta scontrare con pregiudizi molto simili a quelli mostrati nel film.
Solo che nel film si ipotizzava che il progetto dopo qualche anno andasse in porto e invece nella realtà, che è ben più brutta della fantasia, tale opera è rimasta ferma lì... Come succede sempre così che poi Stricia La Notizia (adesso in vacanza) ci fa il servizio con Totò che in coda dice "E io pago!!!".
Se n'è fatto un gran parlare delle immagini inviate dal telescopio Webb mandato in orbita lo scorso anno e che, secondo le aspettative, dovrebbe essere in grado di rilevare forme di vita di ogni genere.
Senonchè, vedendo quelle immagini, a me è venuto subito in mente lo spazio come veniva rappresentato nel vecchio film di Luigi Cozzi (mascherato da Lewis Coates) SCONTRI STELLARI OLTRE LA TERZA DIMENSIONE, film fantatrash, che cerca di darsi un tono con Caroline Munro, David Hasselhoff e Christopher Plummer nel cast (con pure Nadia Cassini), ma inevitabilmente perculato da tutti per ogni cosa, a partire dal fatto che sfruttava furbescamente l'onda di Guerre Stellari, ma più che altro per quello spazio profondo così ridicolo che sembrava illuminato dalle lucine dell'albero di Natale.
Ecco, le immagini mandate dal telescopio in realtà non appaiono molto diverse da quelle viste nel film, che se non lo avete mai visto dovete recuperare su Prime Video perché conoscere il trash ha la stessa valenza di conoscere i capolavori.
Ma, in realtà è stata solo l'illusione (è il caso di dirlo) di un attimo perché tutti quei colori mostrati dalla foto lassù in alto sono solo un effetto ottico delle lenti del telescopio quindi niente stelle multicolor natalizie.
Però lo devo ammettere che per un attimo l'ho pensato davvero che alla fine avesse avuto ragione il Gigi😉.
Terzo capitolo dei viaggi nel tempo diretti da Massimiliano Bruno, che come sempre appare anche nei film, ma stavolta all'appello manca Alessandro Gassman, sostituito nella vicenda da Giampaolo Morelli, nella parte di un professore di storia che si rivelerà utile nelle avventure che si svolgono durante la seconda guerra mondiale dove Moreno (Marco Giallini) incontrerà sia la nonna (Carolina Crescentini) che la mamma.
Se il titolo del primo episodio citava Benigni e Troisi e il secondo invece Ritorno Al Futuro, questo terzo si rifà (SOLO!!!) nel titolo al buon Sergio Leone, ma già dal secondo capitolo la saga era su una china in discesa finendo qui giù giù come in un precipizio.
Essendo uscito in quest'anno del quarantesimo anniversario della vittoria dei mondiali, non credo sia troppo un caso se i nostri amici incontrano un giovane partigiano che di nome fa Sandro Pertini e nei dialoghi vi siano continui riferimenti calcistici a quel 1982 della finale Italia - Germania, mentre Marco Giallini ha pure commentato IL VIAGGIO DEGLI EROI su Rai1, la docufiction dedicata a quel mondiale.
Ma se l'idea pareva un po' quella di un Bastardi Senza Gloria all'italiana, e poteva essere una buona idea, purtroppo senza gloria è tutto il film che non decolla mai come dovrebbe, apparendo quasi come una serie di sketch buttati lì, e quando invece lo prova a fare sul finale succede che si mangia tutto con una sparatoria così malfatta
da passare quella alla storia in un macello di film che è davvero un peccato sia così, perché Bruno (nella foto in tenuta da Rambo) con Nessuno Mi Può Giudicare e Boris mi era piaciuto davvero molto.
Eppoi nel momento peggiore cce sta ppure Antonelloooo con Graaaazie Romaaa.
Si, bbè cce sta a canzone...
P. S.
A proposito di viaggi nel tempo, non tutti lo sanno, ma esattamente 25 anni fa nasceva il software che permetterà ai blog di esistere, e grazie al quale sono entrato anch'io tre anni fa in questo circolo vizioso, ma pieno di stimoli interessanti.
E gira gira il Western (passione che era del mio papà) e Trinità ogni tanto tornano su queste pagine web che partono già con la presentazione del mio profilo avente un occhio di riguardo per Bud & Terence, dato che anche stavolta si parla di un disco molto simile a quel sound ma non c'entrano né ANNIBALE GIANNARELLI, né Alessandro Alessandroni, il fischiatore ufficiale di Ennio Morricone, che è fra gli intervistati in ENNIO, il bel documentario di Tornatore, anche se il titolo è WANTED e si rifà direttamente a quei suoni western che ci presentavano Terence Hill mentre dormiva sulla branda trascinata dal suo quadrupede.
L'intestatario della canzone qui è Doogy Degli Armonium, dove gli Armonium erano il gruppo che accompagnava Pupo nelle sue prime esibizioni e sarà grazie a lui, piccolo, ma powerful, che otterranno un vero contratto con una casa discografica.
Qui il 45 giri è solo musica e fischio con quell'andamento che ti evoca immediatamente cavalli e panorami del vecchio, selvaggio ovest a stelle e strisce, e l'avrete sentita già sicuramente da qualche parte, mentre personalmente io l'avevo conosciuta su Radio MonteCarlo ai tempi di Awanagana (che tempi!).
Editata anche all'estero con il titolo Se Busca, ci sta da ascoltare magari spaparanzati sotto il sole rovente di quest'estate, sole come quello del selvaggio ovest, sentendoti così esattamente come Trinità,
finché non riapri gli occhi e ti accorgi che sei soltanto sul lettino della spiaggia.
E così anche Ivana Trump se n'è andata a 74 anni per un arresto cardiaco, monopolizzando le news di ieri, mettendo pure in secondo piano guerra, Covid-19 e governo in crisi, perché, volente o nolente, si tratta di un personaggio dalla portata mediatica enorme,
e l'annuncio ufficiale è arrivato proprio dal suo ex marito Donald con il quale erano ultimamente in ottimi rapporti, quello un po' tutto matto che l'onnipotente Patriota di The Boys ne pare la fotocopia (lo è).
Certo si porta rispetto ad una persona quando passa a miglior vita, ma certe frasi dette da lei hanno scatenato la fantasia di certi haters del web che avrebbero fatto commenti poco carini riferendosi al fatto che lei abbia definito la sua vita senza rimpianti e favolosa.
Beh, facile a dirsi se hai sposato un miliardario e inevitabilmente pane per i classici leoni da tastiera.
Tuttavia meglio ricordarla per il suo passato sportivo sugli sci ancora con il suo nome da cecoslovacca come lo sono le sue origini, ma poi si terrà stretta il cognome Trump, e poi come modella e ancora imprenditrice, anche di se stessa, dall'intuito notevole, ritagliandosi anche un cameo nel film del 1996, Il Club Delle Prime Mogli, un po' come Donald che invece appariva in Mamma Ho Riperso L'Aereo - Mi Sono Smarrito A New York. Vizio di famiglia quindi 😉, ma con la differenza reti a favore dell'ex marito che, tra film e serie tv, di apparizioni ne conta più di una decina.
Il grande successo della serie spagnola di cui era ottima la prima stagione, ma francamente le successive hanno rasentato il ridicolo più e più volte, ha spinto i coreani ad acquistarne i diritti e a produrre una versione ambientata nel 2025 dove si ipotizza che la Corea sia diventata unita.
Si parte con un inizio diverso, ma con Tokyo sempre voce narrante, la quale in questo caso ha avuto un passato militare e da escort, cioè non solo da rapinatrice come nell'originale spagnolo.
Ma dopo un inizio con riprese particolari e movimenti di camera anche arditi fra luci al neon e prospettive, ad un certo punto ti ritrovi a vedere le stesse identiche scene fotocopiate in maniera pedissequa dalla sorella spagnola, che in pratica è una gemella omozogote, come se fosse stato usato un deepfake per mettere le facce degli attori coreani sugli attori spagnoli.
Persino le battute si ripetono pari pari, come il dialogo fra il direttore e la sua amante, quella che diventerà Stoccolma, sulla vasectomia e la gravidanza a sorpresa.
Identica anche la scena con, di nuovo, il direttore che sbircia da sotto la benda che gli ostaggi hanno sugli occhi e viene redarguito da Berlino e l'altra con Denver sdraiato sul mucchio di soldi.
Insomma, vale la pena vederlo?
Non so, il primo episodio su Netflix io l'ho guardato, ma adesso ho l'impressione di averli visti già tutti per cui non so se andrò avanti con questi primi sei di dodici, quindi meno dell'originale per cui qualche modifica ci dovrà essere per forza in favore di un ritmo più serrato, il che non sarebbe male così almeno si evitano menate e lungaggini.
Attendo aggiornamenti nel caso la serie prendesse una piega tutta sua, magari alla Squid Game (già che la locazione geografica è la stessa).
Se n'è andato il creatore del celeberrimo tema di 007, cioè Monty Norman (che nella foto pare Jack Black), e aveva 94 anni, anche se i più associano la musica di James Bond a John Barry che invece curava il resto della colonna sonora dei film.
Il fatto è che Barry in effetti venne chiamato a lavorare proprio su quel brano ad insaputa del musicista, dopo che Cubby Broccoli glielo commissionó per Licenza Di Uccidere, ma il produttore, non del tutto soddisfatto del risultato finale, lo diede in mano appunto a John Barry per migliorarlo e farlo arrivare alla FORMA DEFINITIVA che tutti conosciamo e abbiamo sentito in ognuno dei 25 film della saga.
Per questo motivo Norman intraprese un'azione legale proprio per far valere i suoi diritti che gli vennero riconosciuti e da allora risultano entrambi come autori del motivo strumentale.
Monty, il famoso tema, in realtà non l'aveva inventato da zero, ma aveva attinto da una sua vecchia composizione dal mood indiano dal titolo BAD SIGN, GOOD SIGN
che faceva parte di un vecchio musical e ascoltandola si sente al suo interno l'embrione di quella che diventerà una delle colonne sonore più famose del mondo (se non la più famosa in assoluto).
E con questo, chissà se ho ulteriormente soddisfatto la curiosità di una gentile lettrice e BLOGGER che so essere grande fan di 007?
Un altro addio di cuore va a Tony Binarelli,
illusionista che, oltre a presentare i classici trucchi dei maghi come il collega Silvan, era specializzato con le carte e, proprio per questo, era stato anche controfigura di un sacco di attori, come Terence Hill, quando in una scena li vedevamo seduti ad un tavolo da gioco fare certi giochetti che stupivano i presenti con la camera che inquadrava solo le mani, guadagnandosi appunto il soprannome di Mr. Contromani.
1982: l'Italia è campione del mondo. Per caso qualcuno ve lo ha già ricordato? In effetti in questa settimana non si sta quasi parlando d'altro in contrapposizione con lo scarso risultato della nazionale femminile bastonata dalla Francia e, ancora più grave, il fatto che quest'anno siamo fuori dai mondiali per l'altrettanto scarso risultato ottenuto durante le qualificazioni.
40 anni fa però, quando i calciatori non erano così fighi come adesso e non facevano balletti e mossette e nemmeno certi stunt in campo che Tom Cruise se li sogna, non è stata una festa da subito, anzi, Enzo Bearzot era stato ricoperto di insulti e critiche per le sue scelte e la nostra nazionale è arrivata alla finale arrancando con fatica.
Ma alla fine quel 3 a 1 contro la Germania è arrivato dopo una partita che può essere considerata epica, con pure quel rigore sbagliato di Antonio Cabrini che t'ha fatto gridare "nooo!!!", ma nonostante ciò Paolo Rossi, Marco Tardelli (con il suo urlo) e Alessandro Altobelli hanno buttato la palla in rete per tre volte.
Tutto ciò sta venendo celebrato in tv e al cinema con documentari che ti riportano a quell' 11 luglio 1982 dove poi ci siamo ritrovati per le strade a strombazzare e far casino e i vigili muti come con Pino Dei Palazzi che "fa le penne".
Sky ha proposto Sabato scorso 1982 Andata E Ritorno, uno speciale di un'ora dove un quartetto formato dal direttore di Sky Tg24 Giuseppe DeBellis, Beppe Bergomi che quell'anno militava nella Nazionale, l'economista Carlo Cottarelli e lo scrittore Giacomo Papi, ricreava quella famosa foto sull'aereo con Sandro Pertini, Dino Zoff, Enzo Bearzot e Franco Causio.
I 4 sono seduti al tavolino dell'aereo come i loro predecessori e nello speciale raccontano sia della partita che del periodo storico di un'Italia che usciva da una brutta crisi,
La Rai ha invece trasmesso lunedì Il Viaggio Degli Eroi, una docufiction commentata da Marco Giallini mentre al cinema è passato per alcuni giorni fino ad oggi Italia 1982, un'altro documentario su quell'impresa calcistica che, chi l'ha vissuta, non dimenticherà mai.
E per quest'anno va bene così, dai, o sennò ce la facciamo andare bene comunque.