Una scrittrice di romanzi d'avventura finisce, suo malgrado, in una situazione molto simile a quelle raccontate nei suoi libri a causa di un esaltato che cerca un fantomatico tesoro.
Ecco in breve la trama di The Lost City, film davvero divertente che inevitabilmente fa pensare ad Indiana Jones fra tombe, serpenti, giungla, ma sempre con il sorriso come Steven Spielberg ci ha insegnato.
Forse però il film si avvicina più come spirito all'altro avventuroso All'Inseguimento Della Pietra Verde, che infatti stava sullo stesso filone, ma più spinto sulla commedia, come questo infatti con dei protagonisti perfetti sotto ogni aspetto e persino il doppiaggio italiano rende bene la frenesia dei dialoghi e l'ottima intesa fra gli attori tipo come ricordo succedeva negli episodi di Scrubs.
Oltre a Sandra Bullock e Channing Tatum, "Collo" per gli amici e sempre più avvezzo alle parti in cui prende in giro il personaggio muscoloso fisicato, troviamo Daniel Radcliffe
che è il buffo, ma riuscito, villain della situazione e fa una breve, ma efficace, apparizione Brad Pitt (anzi in effetti ne fa due😉).
Per una serata senza pensieri, alla faccia della cupezza (e lunghezza) dell'ultimo BATMAN (che alcune cose buone comunque le ha e una si chiama Zoe) e dei film che vogliono far riflettere.
Qui l'unica cosa che riflette è la tutina di Sandra Bullock ricoperta di paillettes,
abbigliamento poco indicato per la giungla, come pure il tacco 12 allegato, ma outfit che ad un certo punto le sarà utile lo stesso per salvare la pelle.
L'importante comunque è che si tratta un film leggero e, lo so che pare strano, ma è persino senza volgarità alcuna, al punto che, non fosse per qualche morto ammazzato di troppo, parrebbe quasi una pellicola nello stile della cara vecchia Disney del tempo che fu.
Cosa ben rara ormai, pure per la Disney stessa.
Concludo il post di oggi, 31 maggio, ricordando che è anche l'anniversario della storica cavalcata di Lady Godiva citata in millemila forme e situazioni, e anche nel videoclip di Halsey YOU SHOULD BE SAD, alla quale avevo dedicato un paio di post giusto un paio di anni fa.
E direi che fa sempre piacere rivedere una vecchia amica, no?
Se n'è andato in silenzio pochi giorni fa nel sonno a 67 anni Ray Liotta, apprezzato attore che ebbe il top del successo in Quei Bravi Ragazzi (GoodFellas)
in compagnia di Robert DeNiro e Joe Pesci sotto la direzione di Martin Scorsese nel 1990, e in seguito è pure finito a mangiarsi il suo stesso cervello fritto in padella da Anthony Hopkins in Hannibal.
La sua si può definire una filmografia parecchio nutrita, seppure non tutti i titoli siano stati dei grandi successi, fra i quali però si ricorda come piccolo cult fanta-action Fuga Da Absolom del 1994.
Anche in tv è apparso in diverse serie famose ed è stato persino Frank Sinatra in un FILM TV del 1998 sul Rat Pack, cioè la ghenga musicale formata dal grande "The Voice" insieme con Sammy Davis Jr., Dean Martin, Peter Lawford e Joey Bishop dal titolo Rat Pack - Da Hollywood A Washington.Anche American Graffiti, lo storico film di George Lucas, piange un suo protagonista che è Bo Hopkins (da non confondere con Bob Hoskins di Chi Ha Incastrato Roger Rabbit?) che era Joe, il capo dei Faraoni, la gang coi giubbotti di pelle in cui voleva entrare Richard Dreyfuss tramite una prova di coraggio(la famosa SCENA dell'auto della polizia) e vi regalo, per ricordarlo, anche un fotogramma autografato da entrambi, Richard e Bo:
Bo è morto ad 80 anni dopo che un paio di settimane fa era già stato vittima di un attacco cardiaco.
Altro suo famoso film è stato Il Mucchio Selvaggio ed ha partecipato anche al secondo (molto minore) episodio di American Graffiti.
Si conclude ancora una settimana che è stata piena di musica per diversi motivi, ed oggi un videoclip dall'alto contenuto erotico, perciò a letto i bambini anche se è mattina perché si parla di Dua Lipa Con Megan Thee Stallion e la loro SWEETEST PIE,
dove loro due sono tipo delle streghe della foresta con lingue biforcute e abiti in latex, fra sortilegi, diavolesse, twerking e un tripudio di effetti speciali uno più sorprendente dell'altro, tipo la fetta di torta del titolo, con due malcapitati che finiscono nelle loro grinfie un po' come in quell'altra canzone di DOJA CAT & SZA.
Ma se di Dua Lipa sappiamo tutto e quanto brava e bella sia, Megan dalla sua in Italia non ha la stessa popolarità, però posso dire che è una tipina dalle forme generose che non passa certo inosservata, quasi la sosia di Nicki Minaj con la quale ha collaborato nel 2019 in un singolo di grande successo che era HOT GIRL SUMMER,successo perlomeno in patria, un po' meno da noi, ma le è bastato per fruttarle poi l'anno dopo il featuring in WAP di Cardi B.,e, così a naso, sembra una vera e propria sexy bitch nel senso gangsta del termine, cioè una che un uomo lo rivolta come un calzino in quattro e quattr'otto.
Buon appetito allora con la torta più dolce del mondo, mentre in Italia si sta formando piano piano il tormentone con Rhove e la sua SHAKERANDO
Qualcuno si ricorderà che 35 anni fa, il 28 maggio (cioè, guardaunpó... oggi) del lontano 1987, il pilota tedesco, allora diciannovenne, Mathias Rust, forse dopo aver visto un famoso film con Tom Cruise uscito l'anno prima, si fa un baffo della difesa aerea sovietica ed atterra bello bello con un piccolo aeroplano da turismo nel bel mezzo della Piazza Rossa di Mosca in un periodo in cui imperava ancora la guerra fredda. Inutile dire che viene immediatamente incarcerato e verrà rilasciato solo il 3 agosto dell'anno successivo poiché la sua non era stata altro che una bravata per la quale però i russi, che son sempre stati un pelino permalosi, se l'erano presa parecchio per come la loro sicurezza aerea era stata perculata.
Un'avventura degna di Maverick, eh?, il nuovo Top Gun uscito una settimana fa, che inizia esattamente uguale al primo film con l'intro di Harold Faltermeyer e con gli aerei che decollano al ritmo di DANGER ZONE di Kenny Loggins,e già da lì il cuore comincia a batterti forte rivivendo quei momenti che t'hanno fatto comprare uno Schott da paninaro pure a te da sfoggiare con i jeans griffati e risvoltati in modo che si vedessero bene le Burlington, e con le Timberland allacciate ai piedi (io lo sono stato... sia paninaro che new romantic che dark a seconda dei giorni😉).
Anche la voce italiana di Tom è invecchiata con lui, ed è sempre Roberto Chevalier come allora (di 11 anni più vecchio dell'attore americano), perché Maverick è ancora lì, lo stesso Maverick e, anche se nel corso della sua lunga carriera Cruise ha avuto altri doppiatori pure più simili a lui (EYES WIDE SHUT, La Guerra Dei Mondi), questa voce è quella che gli collego immediatamente.
Che poi in occasione di questo nuovo episodio incredibilmente attuale che mostra i Paesi NATO minacciati da un deposito di uranio, e con Val Kilmer realmente malato come lo è anche il suo personaggio, son saltati fuori dei documenti fotografici mica male sul backstage e su quanto modellismo ci fosse nel primo film, mentre noi invece tanto tempo fa (ma non in una galassia lontana lontana...) ce l'eravamo bevuta tutta affascinati dalle evoluzioni dei piloti che credevamo vere (e alcune in parte lo erano, ma solo alcune):
Mica male eh? Sorpresi? Nemmeno tanto, dato che il cinema è finzione e comunque all'epoca, come si può chiaramente vedere, non si usava alcuna CGI. Perciò, si, era tutto finto, ma reale sul set😊.
Doccia fredda per tutti gli amanti del synth pop e del progressive (come me) con subito una brutta notizia arrivata ieri sera e che riguarda i DEPECHE MODE.
Andy Fletcher, quello con gli occhiali, Fletch per gli amici (per cui anche per me), tastierista (ma all'inizio bassista) e fondatore della band insieme a Vince Clarke, infatti è morto a 60 anni quando, soltanto una settimana fa, già abbiamo salutato a malincuore un'altro colosso delle tastiere che è stato VANGELIS.
Ad Andy e Vince, che poi mollerà per formare gli Yazoo e in seguito gli Erasure, nella band si uniranno presto Martin Gore e Dave Gahan per cavalcare gli anni 80 come uno dei gruppi più caratteristici del loro genere quando si parla di quel decennio, per arrivare fino al 2022 ancora in tour.
L'altra brutta notizia è che a 72 anni è mancato anche Alan White,
batterista degli Yes da mezzo secolo, entrato nel gruppo nel 1973 dopo Bill Bruford, e con i quali stava per tornare in tour a portare ancora una volta in giro i successi della band che negli anni 80, con una formazione un po' diversa, ma Alan c'era anche lì, ha avuto pure un periodo quasi dance con OWNER OF A LONELY HEART,grazie alla produzione di Trevor Horn.
Io gli Yes, e di conseguenza Alan, preferisco ricordarli però con un disco che presenta la formazione storica al completo (Wakeman compreso) che è un vero capolavoro anche a livello di registrazione, che riascolto spesso se devo viaggiare in auto a lungo da solo e a cui ho dedicato un intero post; elleppì che era GOING FOR THE ONE.
La vicenda di Manuel Bortuzzo, giovane nuotatore in vista delle olimpiadi la cui carriera è stata bruscamente interrotta da un colpo di pistola alla schiena che gli fa perdere l'uso delle gambe, essendo stato scambiato per un'altra persona, viene trasposta in film con il classico stile da fiction televisiva che rende il tutto un po' troppo carico di enfasi.
Ma, vabbè, il lavoro si lascia guardare lo stesso ed è meglio di tante cose che ti propina la tv.
Una piccola nota su Alessio Boni che interpreta il padre di Manuel e che mi ricorda da sempre Mauro Repetto, l'ex 883, da quando lo vidi in La Meglio Gioventù,
e pure adesso è identico al Repetto attuale che si ritrova pure lui qualche anno in più sulla schiena,
e mentre bisogna dire che Mauro dalla sua aveva coltivato davvero il sogno di fare del cinema, dubito fortemente che Alessio si sia prodotto mai in balletti simili a quelli che l'altro faceva al fianco di Max Pezzali.
Un anno è passato da quando Franco Battiato ci ha lasciati e, dopo L'OMAGGIO di Pif del gennaio scorso, la Rai lo ha celebrato con un documentario (disponibile su RaiPlay) condotto da Alessandro Preziosi come fosse Alberto Angela a Super Quark, ma con una parlata, un tono che m'ha fatto pensare curiosamente a Giancarlo Giannini (ma lo so che son cose della mia testa tutta matta).
Qui si racconta Franco dai tempi della scuola quando alle elementari inizia un tema scrivendo "Io chi sono?" così come per mettere già le basi di quella carriera visionaria che ha avuto portando avanti le sue idee senza mai nessuna paura di fare flop, e ci sono anche stati, tipo il suo esordio come regista con Musikanten, ma, secondo il suo modo di vedere il mondo, anche i fallimenti contribuiscono a formare la personalità di un artista.
Personalità che ad un certo punto salta fuori decisa ad ottenere il "successo", la "popolarità", e, coadiuvato dalle persone giuste che sanno come produrre dischi di successo come Angelo Carrara, arriva quel La Voce Del Padrone che venderà milioni di copie restando la vetta massima della sua carriera.
Quello che non appariva a prima vista vedendolo con quell'aspetto vagamente da iettatore, era quanto fosse invece una persona incline allo scherzo, al divertimento e chi ha avuto la fortuna di conoscerlo di persona lo può confermare.
Tanti estratti video che si vedono nel documentario hanno un leggero fuori sincrono fra immagine e musica, forse dovuto all'età del materiale e alla bassa qualità, ma ci si passa sopra volentieri per ritrovarsi anche a parlare di certe chicche come la vecchia foto sul divano,
perché per campare, visti i non facili inizi, il buon Franco si era messo a fare anche il modello nella pubblicità... E che modello!!!
Si celebra un mito, certo, ma a volte nascono delle leggende tipo quell'episodio che viene citato anche qui, come nel documentario di Pif, di quando Franco, in concerto davanti al Papa, mentre sta cantando E TI VENGO A CERCARE,improvvisamente smette di cantare e molti hanno attribuito il fatto ad un momento di estasi mistica; io adoro Battiato, ma la spiegazione, con tutto il rispetto, è molto più semplice e terra terra, poiché tecnicamente lui stava cantando quella canzone a voce piena, quasi urlando (forse a causa di un non perfetto ritorno sulle spie), mentre è da fare con molta delicatezza perché sennò sul finale non arrivi a toccare quei picchi dove infatti lui si è fermato facendo nascere questa piccola leggenda.
Leggende che nel caso di un personaggio come lui ci stanno benissimo, e devo ammettere che durante la visione del documentario gli occhi mi si sono pure inumiditi, perché perdere Franco è stato come perdere un amico con cui hai passato durante gli anni 80 una Summer On A Solitary Beach, cercando quel Centro Di Gravità Permanente, e volando via, grazie ad un Sentimiento Nuevo, come Gli Uccelli, per infine alzare Bandiera Bianca avendo trovato finalmente Segnali Di Vita al carnevale estivo sopra i carri in maschera dove stanno suonando Cuccurruccuccù (la sintesi del suo disco di maggior successo), ma l'ho abilmente nascosta la mia commozione con un paio di occhiali da sole, così da avere anche più carisma e sintomatico mistero...
Prendo in prestito una famosa frase di Don Abbondio dai Promessi Sposi in cui il religioso, per darsi un tono, citava Carneade, come presentazione di Bob Neuwirth, il classico uomo nell'ombra senza il quale però non ci sarebbero stati dei momenti storici della musica. Fu lui infatti a riunire i musicisti per Bob Dylan in occasione del Rolling Thunder Revue,
tour-carovana immortalato in un documentario del 2019 diretto da Martin Scorsese in cui figuravano anche Joan Baez e quel T-Bone Burnett che non aveva ancora avuto le sue "geniali" INTUIZIONI sui nuovi formati per i dischi, e nel quale Bob Dylan si esibiva con dei cappelli particolarmente vistosi adornati di fiori, tour dove circolava anche tanta "roba bianca" che non era solo il cerone con cui si truccavano il volto:
Un progetto molto pretenzioso nelle intenzioni, ma a volte poco soddisfacente dal lato tecnico per gravi problemi audio ricorrenti vista la quantità di musicisti che si portava dietro e le location spesso anguste e poco adatte dove talvolta si suonava sia al pomeriggio che alla sera.
Neuwirth (nella foto qui sopra con l'altro "Bob") ebbe modo di collaborare anche con Janis Joplin per la quale scrisse la famosa MERCEDES BENZ,pubblicata poco prima della morte della cantante e poi inclusa nel primo album di Bob nel 1974.
E fu sempre lui a far conoscere Janis a Kris Kristofferson facendo nascere una breve relazione che fruttó la cover di ME AND BOBBY MCGEE versione Joplin.Ora, a proposito di Janis Joplin e proprio di quella canzone, salta fuori la mia canaglia inside ed ho questo flashback dalla serie Scrubs, dove spesso si citavano nomi della musica (come i Boston e gli Styx, per dire), con il Dottor Kelso che esterna un... Ehm... SUO PARERE:Fallì invece il tentativo di Bob di salvare Jim Morrison dall'alcolismo e fu a quel punto della sua vita che si accorse che intorno a lui stavano morendo tutti i grossi nomi della musica ancora nel fiore degli anni (era scomparso anche Hendrix l'anno precedente) e, sicuramente, qualche scongiuro l'ha fatto pure lui.
Con la Geffen ottenne infine un contratto per pubblicare ancora alcuni suoi dischi sempre di genere country-folk.
Ecco senza Bob Neuwirth, che ci ha lasciato di recente ad 89 anni, tante cose non ci sarebbero state, un po' come nel film di Danny Boyle YESTERDAY dove si ipotizza come sarebbe stato il mondo senza i Beatles.
È vero che pochi POST fa ho detto che il cinema italiano sta pescando da quello francese per quanto riguarda le idee, ma mica solo gli italiani lo fanno; gli americani hanno seguito lo stesso esempio più e più volte e, anzi, ci vincono pure l'Oscar.
CODA - I Segni Del Cuore, che dal titolo italiano sembra quella fiction a cui si lavorava in Boris (mentre l'originale a me fa pensare ai LED ZEPPELIN), è esattamente il remake di La Famiglia Belier, con protagonisti sordomuti che si trovano ad interagire in maniera non facile con il mondo del lavoro dove invece i più ci sentono benissimo.
Fatto sta che la famiglia di pescatori ha anche una figlia che, per fortuna, non ha lo stesso handicap.
Fortuna si, ma anche motivo di continui problemi in famiglia perché la ragazza ha anche una bella voce e vorrebbe andare a Boston ad una scuola di musica per coltivare questa sua dote, però in casa hanno bisogno di una persona che possa interagire con i normoudenti, creandole non pochi problemi.
Nonostante il serio argomento, il film ha anche diversi momenti divertenti e scorre via bene con, fra gli altri, Marlee Matlin (realmente non udente come tutti gli altri nel film) che con Figli Di Un Dio Minore vinse anche un Oscar negli anni 80, mentre WILLIAM HURT dovette accontentarsi della nomination.
Ecco però che tutti i brontoloni si sono domandati: Oscar davvero meritato per CODA? O forse il senso di buonismo spinge la giuria dell'Academy a premiare indistintamente i film in cui si parla di problemi fisici?
Le polemiche sono state moltissime ed è vero che tante altre pellicole potevano meritare la statuetta, tuttavia il film è davvero molto carino e, se per caso vi fosse sfuggito, consiglio a tutti di recuperarlo.
Inoltre, se vi piace e conoscete Sia non solo per la sua versione parruccata, vedendo il film probabilmente vi verrà in mente anche il suo videoclip SOON WE'LL BE FOUND del lontano 2008dove la cantante australiana mimava il testo della canzone proprio con il linguaggio dei segni; a me è successo, ma forse sono anche i cortocorcuiti dei miei neuroni la colpa di ciò, per cui nei post mi capita di saltare di palo in frasca (come adesso).
Ma, diciamocelo, le polemiche che ci sono state lasciano il tempo che trovano perché tanto lo sappiamo tutti che quest'edizione degli Oscar sarà ricordata sicuramente per altri motivi.
Ci sono scene di film che a volte ricordi perfettamente, ma nel contesto sbagliato, come appunto avevo tali ricordi nebulosi su un vecchio film western (grande passione del mio papà) dove ad un certo punto dei tizi armati saltavano fuori da alcune buche mimetizzate nel terreno e assalivano una diligenza.
Si trattava di questo film americano qui sopra, ma io per un po' avevo attribuito tale scena a VAMOS A MATAR COMPANEROS, forse perché più o meno coetaneo, finché poi rivedendolo quello di Corbucci con Tomas Milian, ho constatato che non lo era.
È stato solo ripensando alle fotobuste che si vedevano esposte all'epoca e che mostravano un colonnello dell'esercito americano con un mazzo di fiori in mano
oppure altre foto dove spiccava una prosperosa rossa affacciata al finestrino di una diligenza,
(già allora sapevano come funzionava il fanservice) che sono riuscito a rimettere insieme i pezzi del puzzle e a constatare che il colonnello era Brian Keith, lo zio Bill di Tre Nipoti E Un Maggiordomo, e i protagonisti del film erano nientemeno che Dean Martin e Honor Blackman,
cioè la Pussy Galore di Goldfinger, nonché Kathy Gale, la prima partner di John Steed in Agente Speciale.
Il film è Ti Combino Qualcosa Di Grosso del 1971 che in Italia aveva una locandina abbastanza ridicola
un po' come l'aggiunta nel titolo, che in originale era solo Something Big, però proprio per la sua caratteristica un po' cretina mi ronzava in qualche meandro del cervello, ed è una commedia dove Dean è uno che vive di espedienti e rapisce Honor per chiedere un riscatto, con il piccolo particolare che si tratta della moglie del colonnello, il che gli procura qualche problema inaspettato.
Molto divertente e leggero dato che la presenza di Dean Martin fa da garanzia, con le musiche di Marvin Hamlisch, premio Oscar per La Stangata e Burt Bacharach (e di lui non devo certo specificare altro).
Ah...
Anche se ho citato la scena degli uomini nascosti nel terreno all'inizio del post, non si tratta di spoiler poiché la si vede anche nel TRAILER😉, uno di quelli di una volta da 3 minuti e passa che ora non vanno più di moda e, anzi, adesso meno ti fanno vedere e meglio è, che poi magari rischi di capire che il film pubblicizzato è un pacco.
E inoltre il film di oggi è integralmente visibile su YOUTUBE in inglese con sottotitoli generati automaticamente, perciò a volte un po' approssimativi, ma perlomeno è gratis.
Colossale, immenso, galattico, solenne, maestoso, e se ve ne vengono in mente altri aggettivi e sinonomi suggeriteli pure senza vergogna perché per Vangelis non sono mai abbastanza.
Si, perché QUEL Vangelis ci ha lasciato nei giorni scorsi a 79 anni, dopo aver firmato la colonna sonora della vita di parecchie persone, prima con gli APHRODITE'S CHILD a tessere le musiche su cui cantava Demis Roussos,poi da solista e con le produzioni e gli arrangiamenti in sala d'incisione per dischi storici della musica italiana come E TU di Claudio Baglioni dove quei suoni di synth arrivano da lui in persona, lì a suonare inoltre tutta una fila di altri strumenti. E c'è stata anche la collaborazione con i Krisma (o Chrisma) di Maurizio Arcieri e Christina Moser, e poi con Jon Anderson degli Yes.
Ma sopratutto il cinema ha un grande debito verso Vangelis Papathanassiou, perché se un film come BLADE RUNNER è diventato quello che è, lo deve anche ai suoi synth (e non solo synth) che sottolineano ogni scena della pellicola,a partire dall'apertura maestosa con la città vista di notte dall'alto (un vero capolavoro di modellismo perché la CGI non era ancora arrivata a rendere tutto finto), come anche MOMENTI DI GLORIA con la sua corsa al ralenti citata e anche parodiata più e più volte.Pure la Barilla ha usato un suo brano del 1979 che aveva scritto per la colonna sonora del documentario Opera Sauvage rendendolo famosissimo grazie agli spot della pasta.
Addio Evangelos (il vero nome), grazie a te ho sentito cose che noi umani non potetevamo immaginare...
Carlo Conti sempre alla guida di un'altro programma a tema musicale, ambiente che gli si confà dato che in gioventù è stato un deejay, e dopo i sosia di Tale E Quale Show, ora tocca alle band di non professionisti.
Alla prima selezione erano in 16 e ne sono stati eliminati 8, cioè tutti quelli che a me parevano bravi e capaci di tenere un palco, eccezion fatta per gli Achtung Babies che ormai sono al pari degli originali U2 e su di loro non avevo alcun dubbio anche se la loro esecuzione di FIX YOU dei Coldplay (canzone galeotta che nei film e serie tv ora scappa sempre nei momenti lacrima) non era stata proprio perfetta.Forse però ho intuito dopo l'intenzione delle scelte, cioè scegliere dei gruppi da far "crescere", cosa però che allora andrebbe contro l'inclusione della tribute band degli U2 che da crescere ormai ha ben poco.
Dei superstiti 8 quindi ne resterà solo uno (gruppo), non ad eliminazioni come a X-Factor, ma con una classifica finale che decreterà il vincitore andando avanti fra cover scelte dai tutor e brani che abitualmente eseguono nei concerti.
I tutor dei gruppi sono Marco Masini, Federico Zampaglione, Giusi Ferreri, Irene Grandi, Dolcenera, Enrico Nigiotti, Rocco Tanica e Francesco Sarcina, mentre la giuria è composta da Carlo Verdone, Asia Argento e Gianna Nannini.
Proprio fra lei e Sarcina c'era stato un gustoso battibecco sul fatto che i tutor non sapessero fare il loro lavoro scegliendo le canzoni sbagliate da far suonare ai loro gruppi.
In parte mi trovo d'accordo con la Gianna, in quanto una canzone cantata in origine da una voce maschile, se la fai cantare ad una donna devi azzeccare la tonalità giusta sennò il pezzo si "spegne", cioè manca quella "spinta" che una voce maschile tiene sulle note alte.
A volte invece sono gli arrangiamenti ad essere criticati per come sono stati stravolgenti facendo diventare "power" canzoni come Giudizi Universali e LA CANZONE DELL'AMORE PERDUTO(quest'ultima però incomprensibilmente elogiata da alcuni di loro, mentre io soffrivo di brutto).
Avendo io poi una passione malata per trovare cover e tribute band su YouTube, lo trovo un programma carino, ma forse ad alcuni non gliene può fregare di meno e li capisco, come capisco i bassi risultati di ascolto che sta avendo lo show.
Ed essendo una diretta (almeno sembra) non viene tagliato nulla, nemmeno la rottura di una corda di una chitarrista mentre sta suonando i Led Zeppelin e quindi la necessità di ricominciare il brano daccapo.
Il messaggio che Carlo vuole lanciare è comunque una speranza che per tutti quelli che lavorano (anche amatorialmente) nel settore, si possa superare il grande blocco che abbiamo avuto negli anni passati a causa del Covid-19.
Dai che ce la facciamo a tornare piano piano con gli stadi pieni, tutti appiccicati e sudati ad aspettare dall'inizio il ritornello di quella canzone (come dicono i Boomdabash).
Stasera la serata finale, ed io ci sarò (sennò c'è sempre RaiPlay 😉).
Il più giovane Primo Ministro (o Ministra) del mondo è Sanna Marin, 37 anni, cioè quello della Finlandia, stato all'onore delle cronache per la sua recente richiesta di ammissione all'interno dell'ONU.
Cosa comprensibile avendo una guerra lì alle porte che, a seconda di come gli girano a quel tipetto tutto matto, potrebbe anche coinvolgerla direttamente.
Ieri quindi giornata di servizi dei tg puntati su di lei che, oltre ad essere appunto la più giovane premier, è senza dubbio una bellissima donna (trovo in lei una certa somiglianza con Natalie Portman, e scusa se è poco), senza naturalmente nulla togliere al fascino che possono avere leader di potere come Mario Draghi (che solo fino a qualche anno fa pareva il sosia di Gary Sinise)
e Joe Biden.
Fatto sta che mentre lei chiede di entrare nelle Nazioni Unite, e il suo Paese è stato all'Eurovision Song Contest (si, ancora uno strascico oggi) nella figura di THE RASMUS versione Stephen King,io sto pensando quasi quasi di chiedere la cittadinanza finlandese...
Torno ancora oggi un attimo per esternare alcune mie elucubrazioni sullo show di sabato scorso che ha dato la vittoria all'Ucraina.
Vittoria vociferata da subito e confermata in finale, come per dimostrare nemmeno troppo velatamente a quel tizio là che, nonostante tutto, quel piccolo stato è sostenuto da tutti e qualcosa lo riesce a vincere, anche se, per ora, non si tratta di una guerra.
Lo show della serata finale vero e proprio inizia solo dopo l'apertura con i Rocking 1000 e subito dopo con Laura Pausini che fa un medley dei suoi successi con cambi d'abito rapidi e un finalino in outfit quasi fetish,
look estrosi come un po' tutte le cose indossate durante le tre serate firmate da Donatella Versace che trasforma la Lauretta di Solarolo in una vamp.
Tutto ciò al posto dei Maneskin che, avendo vinto lo scorso anno, ero sicuro che avrebbero, come tradizione, dovuto aprire lo spettacolo e invece è stato preferito dargli una collocazione più adeguata allo status di rockstar planetarie che ormai hanno raggiunto: non voglio certo criticare i quattro ragazzi romani, ma dai, cosa non riesce a fare un buon ufficio marketing per creare un mito da spremere finché è possibile?
Ok, la chiudo qui e lunga vita ai Maneskin con un augurio di pronta guarigione per Damiano che sul palco era sofferente e zoppicante a causa di un incidente occorsogli mentre girava un videoclip.
In generale quest'anno ho dovuto notare esecuzioni decisamente meno perfette rispetto ad altre edizioni, con il top dell'orrore con i nostri MAHMOOD & BLANCOassolutamente deleteri per le orecchie, calanti su tutta la canzone con quei falsetti da orticaria (e già sopporto poco la canzone di suo).
Roba da ultimo posto a calci nel culo e invece sono arrivati sesti...
Mah... Perlomeno così l'Italia non dovrà sobbarcarsi anche la prossima edizione dello show che invece toccherà all'Ucraina...
E francamente, messi come siamo messi, la vedo molto dura, ma Zelensky dice di essere ottimista, tanto che la farebbe a Mariupol...
Comunque sia, l'anno prossimo voglio Malgioglio a cantare sul palco come rappresentante di tutti gli stati dove ha avuto un fidanzato: praticamente sarà un One Man Show 😜.
Fred Ward non è sicuramente uno di quei nomi che appena lo nomini ti viene in mente la sua faccia, però sfido chiunque a dire di non aver mai visto Tremors: ecco se avete visto il film con i vermoni giganti, allora avete conosciuto anche Fred
(qui nella foto insieme all'uomo col cappello Kevin Bacon).
Di Fred che, purtroppo, se n'è andato la settimana scorsa a 79 anni, bisogna dire che, eccetto alcuni titoli come Il Mio Nome È Remo Williams e il secondo Tremors, la sua non è stata esattamente una carriera di successi in prima persona, anche se i film sono stati di grande richiamo come Fuga Da Alcatraz; questo perché il più delle volte i suoi erano personaggi secondari, ma nel mucchio è da ricordare anche un suo film per la tv del 1991 dal titolo Omicidi E Incantesimi,
film di cui prima di me aveva già parlato ampiamente CASSIDY e diretto da Martin Campbell pochi anni prima di GoldenEye, dove era lui protagonista e impersonava nientemeno che H.P. Lovecraft.
H.P. in questo caso però non è uno scrittore, ma un detective del fantastico un po' come fosse Dylan Dog nel mondo della magia tra sortilegi e incantesimi tipo un mix fra la serie tv Streghe ed Harry Potter, con anche un occhio di riguardo (ed un ringraziamento) a Chi Ha Incastrato Roger Rabbit?
Nel mondo magico del film ci sono comunque diverse citazioni ai romanzi e racconti del vero Lovecraft.
È senza dubbio solo per veri appassionati un film così, certo, ma comunque da qui un ultimo saluto a Fred è doveroso.
Il cinema italiano forse soffre della mancanza di buone sceneggiature, fatto sta che sta pescando spesso da quello francese come anni fa con il grande successo di Benvenuti Al Sud, e lo fa stavolta con il remake del film Tutti In Piedi.
Miriam Leone qui recita davvero e dimostra a quelli che in DIABOLIK l'avevano definita "cagna maledetta" (definizione passata alla storia con Boris) che si era solo attenuta alla direzione dei registi i quali volevano esattamente una cosa forzatamente finta.
Si ride e a volte anche a denti stretti per Favino così cinico nel suo ruolo di direttore di un'azienda produttrice di scarpe da running e donnaiolo inguaribile.
Sarà così finché non si troverà a cambiare il suo modo di vedere le cose e di trattare le donne.
Il film vede nel ruolo della nonna l'ultima apparizione di PIERA DEGLI ESPOSTI, scomparsa lo scorso anno, ed ha anche un simpatico cameo di Michele Placido che contribuisce a far ribaltare il punto di vista del protagonista.
Giulio Base e Pietro Sermonti (un altro pezzo di Boris con anche Carlo Luca De Ruggieri che interpreta il fratello gemello, ma eterozigote, di Favino) sono invece due degli amici con cui Gianni (Favino appunto) scommette sulle sue conquiste, mentre Vanessa Scalera, vista anche lei in quel "Diabbolik", si ruba la scena diverse volte nella parte della segretaria.
Considerando poi che l'originale francese non l'ho mai visto, io mi son divertito il giusto.
Nella settimana più kitsch della musica, cioè quella dell'Eurovision Song Contest vinto dall'Ucraina (e non è stata poi una grande sorpresa), è venuto a mancare a 67 anni un personaggio molto particolare che su quel palco si sarebbe sentito a suo agio e che risponde al nome di Richard Benson, personaggio che Carlo Verdone aveva voluto nel suo film Maledetto Il Giorno Che Ti Ho Incontrato. Per un curioso scherzo del destino Richard aveva registrato pochi giorni prima della sua scomparsa un'intervista per il programma Una Pezza Di Lundini, durante la quale dichiarava più volte di essere in ottima salute e praticamente raccontava tutto di sé, vita e miracoli, poiché della morte proprio non pareva per niente preoccupato. Ecco quindi il link di RaiPlay per vedere L'INTERVISTA e L'ESIBIZIONE nel programma di Valerio.
Tanta musica questo sabato perché si sta srotolando su tre serate la kermesse musicale più pazza del mondo, la più colorata e anche kitsch, e stavolta si svolge a Torino grazie alla vittoria lo scorso anno dei Maneskin pigliatutto.
Ammetto che temevo una versione stile Festival Di Sanremo con pause interminabili fra una canzone e l'altra per promozioni e sponsor, e invece tutto si sta svolgendo come da copione come nelle edizioni precedenti, con grande rapidità (immagino un esercito di gente che sposta e monta scenografie al volo), compresa la conduzione a sorpresa in inglese (gag comprese) da parte di Alessandro Cattelan e Laura Pausini, mentre Mika poliglotta traduce anche in francese.
Una differenza però l'ho sentita ed è stata una malinconia presente in parecchie canzoni con molte esibizioni ridotte all'essenziale, forse segno dei brutti tempi che stiamo passando.
A fare da contraltare ci sono comunque sempre i personaggi che osano di più come la rappresentante dell'ALBANIAad aprire le danze che, per quanto il kitsch sia una parola d'ordine qui, è apparsa davvero eccessiva e volgarotta (e infatti eliminata), i gruppi coloratissimi e fantasiosi come quello della Moldavia, nonché i Daft Punk norvegesi, cioè i SUBWOOLFERS, con ballerini zentai.Eliminata anche la Bulgaria che ha presentato una band metal stile anni 90 sul trend lanciato da Damiano l'anno scorso "Rocknroll never dies", ma che non ha convinto i votanti.
Non vinceranno di sicuro, ma fra tutti quella della prima semifinale mi sono piaciute un sacco le Systur,dolcissime islandesi con uno stile retrò anni 70 che pareva di veder prendere vita quel famoso adesivo del vagabondo con la chitarra che si vedeva sul posteriore di auto alternative come Dyane e 2CV Citroen.
La seconda serata ha mostrato una Pausini truccata da drag queen pezzente (ma perché?), e personaggi musicali come la rappresentante della SERBIApiù vicini allo stile performer che alla canzone vera e propria, e Malta, con la giovane EMMA MUSCATche arriva da Amici presentando un plagio sputato di Domani, la canzone di Mauro Pagani e gli ARTISTI UNITI per il terremoto in Abruzzo, mixata con gli Ace Of Base. Arriva poi letteralmente un'esplosione del pubblico all'esibizione di Achille Lauro, indubbiamente uno showman anche se ormai un po' ripetitivo fra outfit equivoci e baci in bocca (e difatti è stato eliminato),con quel toro meccanico che mi conferma il sospetto che avevo scritto in un POST, cioè che Achille conosca molto bene i videoclip di SEVDALIZA e prenda parecchi spunti visivi da essi, mentre anche la POLONIA non si fa troppi problemi a copiare e incollare una famosa canzone di Lana Del Rey (cosa già fatta peraltro da Annalisa per il Festival Di Sanremo).Preferisco non fare commenti sul duetto di Mika e la Pausini perché poi sembra che mi accanisca su di lei, mentre stasera si disputa la finale alla quale hanno già avuto accesso di diritto l'Italia con altre 4 nazioni, e con ospiti d'onore proprio i Maneskin ad aprire lo show.
Uno stimato ministro parlamentare inglese si trova coinvolto in uno scandalo sessuale: non una situazione imbarazzante con una scrofa come in Black Mirror, ma un rapporto sessuale sul posto di lavoro con una donna, a quanto pare non consenziente, cosa che in epoca del Metoo è di estrema attualità.
Ottimo il cast con Sienna Miller (la Baronessa di G. I. Joe) nella parte della moglie del ministro e Michelle Dockery da DOWNTON ABBEY come avvocato della difesa, e belle anche certe trovate di regia che mixano l'apertura di una porta con quella di un frigorifero o lo sbattimento di un cassetto con un pugno sul tavolo del congresso, o ancora più notevole la scena della notifica della denuncia per stupro.
L'atmosfera pesante si sente tutta e ti fa sentire perfettamente le emozioni dei protagonisti.
Pare un buon prodotto di Netflix perlomeno per come parte bene, ma ho avuto l'impressione che perda un po' i giri per strada nella sceneggiatura.
Colpa sicuramente dei miei gusti che sono diversi dato che cerco più relax, fantasia o, in alternativa, horror esagerato, ma tutto sommato un qualcosa di leggero.
Qui invece siamo davanti ad una cosa che ti stringe lo stomaco e, davvero, mi ha disturbato molto, come credo che fosse l'intenzione finale della serie.
Anzi, Black Mirror e la scrofa mi hanno dato decisamente meno fastidio.
Il passato che si interseca con il presente e il futuro è un tema molto caro ai cinematografari, da un po' di tempo a questa parte, anche italiani, e lo ha dimostrato la saga di Non Ci Resta Che Il Crimine (bello il PRIMO dove Edoardo Leo fa il cattivissimo, ma così così il SECONDO) di cui è uscito anche il terzo capitolo il marzo scorso.
Così, con tutt'altro mood, ispirandosi ad una storia vera di una madre che, avendo un male incurabile, decide di preparare alla propria futura figlia un regalo per ogni compleanno fino ai 18 anni, nasce questo film del 2020 con Edoardo Leo (pure qui) e Vittoria Puccini che, aldilà del drammatico argomento della malattia, riesce a non diventare troppo strappalacrime.
Non mi sento di dire troppe cose perché ritengo sia il caso di scoprire da soli come il tutto sia stato realizzato, e dato che, in un certo senso, si parla anche di viaggi nel tempo, da parte mia sono finito a trovarmi interessato quasi per caso, in quanto non sapevo quasi nulla della trama quando ho visto il film sulla Rai, per cui, tutto sommato, una bella sorpresa, come anche rivedere quel simpatico Marco Messeri di Troisiana memoria ancora una volta sulla scena anche se molto diverso da allora.
Ecco ancora un'altra avventura del DOTTORE di cui si poteva fare anche a meno, se non per la continuazione della sottotrama dell'intesa particolare che sta nascendo con Yaz.
E si, perché Yaz pare chiaramente attratta da lei in quanto donna, ma lei, il dottore, fa ragionamenti che vertono abbastanza al maschile, cioè quello che era lui in tutte le sue precedenti incarnazioni.
Perciò Yaz potrebbe accettare anche il fatto che il dottore è in realtà un uomo?
Cioè proprio uomo magari no perché sappiamo che non è umano, ma farebbe la differenza se Yaz scoprisse che comunque è sempre stato, finora, di sesso maschile? Mah...
Domande fantasiose a cui Chibnall ti fa pensare forse per non farti notare quanto poco interessanti siano gli episodi della sua gestione, eccezion fatta per quello di CAPODANNO che, stranamente, pareva ritrovare lo stile alla Davies, showrunner prossimamente alla guida dopo ancora un episodio di Chris.
I Sea Devils del titolo sono personaggi che risalgono a 5 decenni or sono (il dottore allora era John Pertwee) e fanno ritorno adesso per un episodio che pare Pirati Dei Caraibi senza Johnny Depp, il che non sarebbe un male in fondo, ma, al contrario del franchise della Disney, questo mostra parecchio i suoi limiti con cgi approssimativa (guardate le crepe della statua all'inizio, per dire) e tante, troppe scene in primo piano così si risparmia sulle scenografie.
Insomma dai, se l'ho visto è solo per aver un trait d'union, per non perdere qualche passaggio e comunque, lo dico sempre, preferisco parlare con cognizione di causa tranne in alcuni rari casi che davvero non sono riuscito a vedere IL PRODOTTO per pregiudizi miei.
Ma teniamo duro ancora un po' che al prossimo giro si cambia tutto, almeno spero...
Il titolo è The Batman, cioè IL Batman, quello numero uno e sta ad indicare che tutti gli altri son nessuno, che siano di Burton, Schumacher, Nolan o Snyder, e persino quello della serie tv con la calzamaglia grigia e un pochino di pancetta deve stare dietro a questo, perché questo è il IL Batman.
Così almeno pare decretato dall'intenzione di un tale titolo con un nuovo Bruce Wayne che stavolta ha le fattezze di Robert Pattinson, un po' come James Bond che cambia faccia ogni tot film e non ci facciamo più caso.
IL Batman invece oltre alla faccia ha passato diverse incarnazioni con idee registiche diverse e a volte controverse, come nel caso dei DUE FILM di Joel Schumacher, perculati a più non posso, ma che a me, che son Bastian contrario, però son piaciuti lo stesso (la frase nel titolo del post era proprio una battuta di Jim Carrey).
Con quest'ultima versione per fortuna ci siamo evitati cose tipo un pessimo Jared Leto Joker, ma chissà se un eventuale seguito potrebbe introdurre LA VERSIONE di Joaquin Phoenix, il quale però si muoveva in una città molto diversa da questa, dato che qui si torna ad una Gotham City decisamente più Goth(am).
Città con i classici villains che hanno si, maschere e costumi fuori dall'ordinario, che potrebbero però anche essere plausibili in una realtà del 2022 dove tanti matti sono in giro a piede libero (e pure senza maschera).
IL Batman qui però sta più a fare l'investigatore impegnato com'è a risolvere gli indovinelli che l'Enigmista gli propone (niente tutine verdi coi punti interrogativi però) piuttosto che il supereroe, che comunque tanto lo sappiamo che Bruce Wayne
non ha alcun superpotere se non quello (non da poco) di essere miliardario, il che ti consente tante cose che un tizio qualunque con uno stipendio medio non potrebbe mai permettersi.
Pattinson da vampiro a pipistrello resta a suo agio nel mood dark specie con il trucco colato,
ma non mi convince del tutto e lo avevo GIÀ DETTO tempo fa, mentre i comprimari villains sono pure ben studiati, con una menzione particolare per Zoe Kravitz, cioè Selina Kyle/Catwoman che in questa versione è più collaboratrice che nemica, felina quanto basta, ma mai e poi mai icona quanto lo è diventata Michelle Pfeiffer.
Funziona?
Oddio, 3 ore di film non son poche e dato che la soglia dell'attenzione per uno spettatore medio ne dura circa 2, arrivare alla fine non è molto facile (Gerry Scotti direbbe una frase perfetta alla bisogna: "Prenditi tutto il tempo che vuoi"), ma ci si arriva piano piano...