Oggi si parla di musica tedesca per un paio di motivi: il secondo è per un addio e lo vedremo dopo, mentre il primo risale a qualche anno fa, tipo circa una decina, quando mi trovavo a letto con la febbre alta per la solita influenza d'ordinanza perché erano anni in cui ancora non si parlava di Covid, e, fra una dormita e l'altra, passavo il tempo con il portatile. Durante uno dei momenti di lucidità mi era capitato su YouTube il concerto integrale dei Kraftwerk pubblicato anche in dvd con il titolo Minimum Maximum, dove i 4 musicisti, vestiti come AUTOMAN,
stavano tutto il tempo impalati immobili davanti a delle consolle dove smaneggiavano su qualcosa di non ben definito, eccetto per l'esecuzione di THE ROBOTS (più dance e sincopata rispetto all'originale) dove venivano completamente sostituiti dai loro sosia cibernetici.Si, perché in effetti, tutto il sound che usciva da quel concerto live era talmente sintetico che poteva benissimo essere programmato da una singola persona grazie ai computer (lo sponsor era il Sony Vaio) protagonisti delle canzoni della band tedesca, e, sempre sul Tubo, ci sono video amatoriali di musicisti che da soli, davanti a tastiere e sequencers, suonano dai Kraftwerk a Morricone, da Vangelis a Jean Michel Jarre.
Quindi non so dire esattamente quanto di "suonato" in tempo reale ci fosse su quel palco oltre alla voce di Ralf Hutter microfonato come Ambra e, in quel periodo, identico a Bill Murray,
che con Florian Schneider erano gli unici due della formazione originale, ma ho apprezzato alcuni nuovi arrangiamenti, tipo THE MAN MACHINE che apre il concerto con dei suoni pazzeschi(lo ascoltavo naturalmente in cuffia), molto più "cattiva" della versione originale, come anche AUTOBAHN, stupenda eseguita così.Altre canzoni invece mi hanno fatto rimpiangere la glaciale sonorità minimale dell'originale come RADIO-ACTIVITY che qui parte bene, ma poi purtroppo diventa un rave party techno imbarazzante (vista l'età dei musicisti).
Ma al numeroso pubblico sembrava piacere anche così perché ballavano tutti.Sarà allora come il famoso discorso sulle mosche, che se a miliardi di loro piace quella cosa puzzolente, magari hanno ragione loro e sbagliamo noi che la schifiamo...?
Da notare che pochi anni fa i Kraftwerk, poco prima della SCOMPARSA di Schneider che già aveva lasciato il gruppo, hanno portato in giro un'altro tour, ma ormai con il solo Hutter degli originali, con l'aggiunta di immagini 3d che, con gli occhialini appositi, ti facevano entrare in pieno nelle proiezioni del maxischermo.
Il che aiutava un po' meglio a reggere le due ore di uno spettacolo un po' troppo statico, e apprezzabile comunque per la potenza e per i suoni pulitissimi essendo digitali al 100%.
Lo stesso spettacolo torna il 2 Maggio al Teatro Degli Arcomboldi (quello di Zelig) a Milano.
Parlavo prima anche di un addio per quanto riguarda la musica tedesca ed è rivolto a Klaus Schulze,
ex Tangerine Dream, ma con loro solo nel primo album, che ci ha lasciati a 74 anni.
Klaus da solista ha pubblicato la bellezza di circa 40 dischi ed è stato anche collaboratore di altri musicisti come il conterraneo Hans Zimmer, Steve Winwood, e persino gli Alphaville (tedeschi anche loro) per il loro album del 1989 The Breathtaking Blue,
che doveva segnare un ritorno, disco però passato inosservato perché ormai lontano dai fasti pop di Big In Japan e Forever Young.
Oggi si spara a zero qui (no Renato, stai tranquillo); eh si, perché Weekend Con Il Morto negli anni 80, che si fregiava di una soundtrack firmata da Andy Summers, era stata una trovata molto divertente ed ha prodotto pure un seguito discreto, ma non è detto che l'idea funzioni sempre 40 anni dopo, specialmente se riletto all'italiana e, in particolar modo, alla romana.
Lo dimostra questo film diretto da Claudio Amendola con un cast che sulla carta dovrebbe fare faville, fra Massimo Ghini, Lucia Ocone, Gianmarco Tognazzi e persino Giuliana Lojodoce finita dal teatro in mezzo a questo macello, con la guest star Piero Pelù che ultimamente ha riformato i Litfiba e che fa la parte che più gli si addice, cioè la rockstar e nel film si sentono anche alcuni dei suoi lavori solisti.
Star però che è morta per uno stupido incidente casalingo, ma che viene riesumata per sfruttarne l'immagine fino all'inverosimile; inverosimile proprio come è codesto film.
Non riesco a spendere tante parole per un prodotto che dalle premesse, e anche dal trailer, sembrava divertente e invece, fra umorismo nero sulle pompe funebri poco riuscito e un Tognazzi irritante, è di una noia "mortale"...
Bah... Anche se non avevo visto la prima stagione ho voluto vedere i primi due episodi del tanto pubblicizzato Diavoli (seconda stagione) di Sky pensando che magari poi potrei recuperare la prima, ma alla fine delle quasi due ore mi son chiesto: "Cosa c'era da pubblicizzare tanto?"
Il tema di attualità sulle app cinesi che tracciano le persone?
La potenziale (è ambientato prima del 2020) prossima pandemia a cui tali app sarebbero collegate?
Le riprese coi soggetti scentrati come in Mr Robot?
Coso lì, Patrick Dempsey che gigioneggia misterioso e l'altro, Alessandro Borghi, sempre con l'espressione tesa che lo capisco anche perché c'ha delle gatte da pelare mica da poco?
Tranquilli che non ho spoilerato nulla che son tutte cose che già si sentono nel trailer, il quale, lo ammetto, è fatto bene per mettere curiosità, ed ecco quindi perché "Ci son cascato di nuovo" (cit. ACHILLE LAURO).
Ok, è un lavoro che è ben girato e ben recitato e ti dimentichi pure che è italiano (Stanis lo apprezzerebbe), ma in verità è anche franco-britannico, però alla fine ci ho trovato solo tanta tecnica e, non so a voi, ma a me questo non basta.
Io se guardo una serie devo vedere qualcosa che mi prenda bene e mi porti avanti con piacere per quegli 8 - 10 episodi, per cui, guarda, piuttosto preferisco gli amori vintage di BRIDGERTON e le buffonate astruse de LA CASA DI CARTA eh...
No, non sto scherzando.
A questo punto ritengo che poche parole e pochi episodi (2) possano bastare e la dico come il presentatore di Miss Italia:
Un film delizioso del 2020, realizzato con pochi mezzi, ma con un grosso nome nel cast, cioè Sigourney Weaver, la nostra cara amica che ha passato insieme a noi già diverse decadi mutando profondamente i personaggi che interpreta, da implacabile ammazza alieni
a POSSEDUTA che assume gli acchiappafantasmi, nonché CAPUFFICIO di Melanie Griffith, fino a diventare qui la direttrice di un'agenzia letteraria, la più antica di New York, che si fregia di avere fra i suoi clienti il mitico e sfuggente J.D. Salinger, l'autore de Il Giovane Holden, in originale The Catcher In The Rye, ma dato che era intraducibile degnamente in italiano, come spiegato nella prefazione che conoscete sicuramente perché DOVETE aver letto il libro, si è preferito puntare su Holden Caulfield, il protagonista di questo romanzo fondamentale che quasi tutti i professori di lettere fanno leggere a scuola, ed io lo ricordo con molto piacere in tale frangente scolastico perché me lo portavo nel tascone del mio trench così da poterlo leggere anche sul bus (non per niente esistono le edizioni pocket).
In quest'agenzia arriva a lavorare, fresca fresca da Berkeley, Joanna e lì per lì sembra di essere in un Il Diavolo Veste Prada versione letteraria (come suggerisce anche la locandina) con Margaret Qualley che adesso è finita di diritto nella schiera delle mie attrici per le quali ho un debole, nella parte della giovane nuova assunta e Sigourney un po' arcigna e dittatoriale, al limite dell'antipatia e con un'anacronistica avversione per i computer.
A Joanna verrà affidato il compito di rispondere alle lettere dei fans di Salinger con un freddo form prestampato da adattare ad ogni lettera, ma la nostra amica finirà per fare un po' di testa sua combinando qualche pasticcio.
C'è anche colui che si prende a cuore Joanna, come Stanley Tucci faceva nell'altro film sulla moda, ma per fortuna è solo la prima impressione, perché poi tutto fila su binari differenti sempre con un buon ritmo e con una colonna sonora che pare fatta per un film di Miyazaki.
Con tutte queste cose messe insieme non poteva che uscire un film molto carino, ma, dato che non è legato ad una grossa casa, passato un po' inosservato rispetto ad altri prodotti magari strapubblicizzati, ma che poi alla fine pensi "embè?".
Qui invece mi sono ritrovato con il sorriso (un po' ebete, lo ammetto) e finalmente la piacevole sensazione di non aver sprecato il mio tempo.
Tempo che rimane persino comodamente entro le due ore ed anche questa ormai è una cosa davvero rara.
Ok, il titolo non è proprio lo stesso di quel film che adoro con Bruce Willis, Helen Mirren, Morgan Freeman, Mary Louise Parker e John Malkovich (Red, che sta per Retired Extremely Dangerous, e che in italiano diventava Reduci Estremamente Distruttivi) perché l'originale della Disney Pixar sarebbe Turning Red, ma in Italia il turning lo abbiamo perso per un più semplice Red, cioè rosso come il sacro panda rosso.
Ma non è questo il punto perché non si tratta di un remake, perlomeno di quell'altro Red.
Si, perché ricordate invece Voglia Di Vincere con Michael J.Fox?
Bene, ecco riassunto il vero succo di questo nuovo film, cioè la stessa vicenda identica però virata al femminile con un sofficioso panda rosso al posto del licantropo zannuto che sennò i bambini si spaventano, e con le mestruazioni al posto dei cambiamenti ormonali maschili, mentre il basket è sostituito dall'evento di un concerto dei 4 Town, teen band clone dei BTS.
Carino, scorre veloce nei 90 minuti circa, ma niente di che.
Una rilettura, un quasi remake che però non ti porta nulla, anzi, quel finalone spaccatutto dà persino un po' fastidio.
Una cosa particolare che mi ha colpito sono le bocche dentate dei protagonisti
che ricordano pari pari quelle utilizzate in Wallace & Gromit - La Maledizione Del Coniglio Mannaro (e tutta la serie relativa), ma qui non si tratta di pionieristica animazione a passo uno, bensì della più sofisticata tecnologia digitale che in passato ha sorpreso tutti, ma che ormai ci ha abituati, per non dire assuefatti, per cui ci sorprendiamo sempre meno di quanto vediamo sullo schermo.
E inoltre si ricade nel solito doppiaggio con le ospitate vocali dei VIP come Ambra Angiolini, Sabrina Impacciatore, Marco Maccarini e Federico Russo insieme a mezzo X-Factor (Hell Raton, Baltimora, Versailles, Michele dei Karakaz, con l'aggiunta di Moonryde) che proprio non riescono a dare quel tocco magico che una volta invece nei film Disney, quando i disegni non venivano fatti al computer, ma a mano, non mancava mai e ti spingeva a rivedere subito daccapo il film anche altre due volte di seguito.
Ora invece una basta e avanza, mentre quello con Bruce l'ho visto almeno tre volte e il sequel due di sicuro.
In questi giorni fra Pasqua e 25 Aprile, alcuni attori famosi per cinema e serie tv purtroppo sono scomparsi.
Per esempio, se ricordate la famosa serie Alf, l'alieno mangiagatti (che mi faceva impazzire), Liz Sheridan che interpretava la vicina ficcanaso se n'è andata a 95 anni, ma è da ricordare anche, anzi forse di più, per il ruolo che ha avuto in Seinfeld dove era la madre di Jerry.
Jacques Perrin invece è mancato ad 80 anni ed era famoso per aver interpretato il ruolo di Salvatore da adulto in Nuovo Cinema Paradiso,
per poi tornare ancora a lavorare con Tornatore in Stanno Tutti Bene, ma la sua carriera cinematografica è stata davvero lunga tipo in film come La Ragazza Con La Valigia con la Cardinale e, qui come anche produttore, Z - L'Orgia Del Potere.
Salutiamo per l'ultima volta anche Robert Morse che, dopo una carriera cinematografica che parte dagli anni 50 e apparizioni in alcune serie tv come La Signora In Giallo, era diventato in pianta stabile Bertram Cooper di Mad Men,
e ci ha lasciati a 90 anni.
Una cosa particolare su Robert è che molti dei suoi film hanno quei titoli fantasiosi all'italiana che si usavano negli anni 60 e 70, come Cos'Hai Fatto Quando Siamo Rimasti Al Buio? oppure Come Far Carriera Senza Lavorare, ma stavolta erano così anche gli originali, o perlomeno molto vicini.
Per finire, un addio ad un'artista molto particolare: Cynthia Plaster Caster (vero cognome Albritton), scultrice che si era specializzata nei calchi in gesso dei genitali delle rockstar degli anni 60/70.
Non era mai riuscita però ad organizzare una mostra, per la quale l'avrebbe aiutata Frank Zappa, a causa dei pochi volontari, di cui uno famoso era stato Jimi Hendrix, così in seguito aveva fatto anche calchi di seni femminili.
Curiosità: la canzone dei Kiss,
PLASTER CASTER, debitrice di un certo sound in stile Who e probabilmente il brano migliore di Love Gun, album che vanta una copertina stupenda, come si può vedere qui sopra, era proprio dedicata a lei che, dopo una lunga malattia, è deceduta a 74 anni.
Ormai il confine tra musica e cinema è sempre più labile, e a ciò contribuisce anche il dilemma su come sarebbe stata la vita di Laura Pausini se non le fosse arrivata a 18 anni fra capo e collo quella vittoria al Festival Di Sanremo.
Se lo chiede proprio la cantante in questo documentario/biopic dove viene messo in scena anche un destino alternativo dove lei stessa si sarebbe vista come un architetto, mamma single di un maschietto di nome Marcello (il suo fratello maggiore mai nato) e con un negozio di ceramiche (sua passione), con inoltre il proseguimento delle serate di piano bar in trattoria che faceva insieme a suo padre in quel di Solarolo.
Invece il destino l'ha voluta star internazionale sui palchi di tutto il mondo con tour dagli impianti che fanno impallidire i Rolling Stones.
Beh, fortunata lei, certo, però aldilà dell' interesse (minimo) per i backstage mostrati nel documentario, la visione di questo film su Prime Video (molto pubblicizzato) non mi ha lasciato granché, anche perché considero Laura una brava cantante, molto più di certe sue colleghe di cui parlo spesso e volentieri male, anche simpatica e che più volte si è prestata anche a siparietti comici con personaggi tipo Rocco Tanica (Sergio Conforti) al Musichione, trasmissione cult della Rai in seconda serata che qualcuno si ricorderà, ma purtroppo lei non rientra fra i miei preferiti.
Forse l'unica sua canzone che posso dire che mi piaccia molto è RESTA IN ASCOLTO per quel suo stile un po' AOR, ma una canzone soltanto è francamente un po' pochino.Molto probabilmente un vero fan invece lo apprezzerà in blocco; anche le parti recitate da Laura che ha ammesso di aver messo a dura prova le vere attrici che interpretavano le scene con lei, dato che non si è mai ricordata una battuta per come doveva essere detta, ma alla fine ce l'hanno fatta lo stesso.
Mannaggia...
Cosa appare chiaro è che parlando di Laura non siamo certo in presenza di quella cantante/attrice che risponde al nome di Barbra Streisand, che ha compiuto 80 anni proprio oggi e che è stata anche protagonista (indiretta) di una delle scene più divertenti di LICORICE PIZZA.
Ma il tempo per crescere ancora ce l'ha, dai, e fra poco la vedremo anche nelle vesti di presentatrice dell' Eurovision Song Contest.
Nuovo singolo e primo vero album di Ariete che dopo il lancio ricevuto lo scorso anno, quando ancora era minorenne, dalla campagna pubblicitaria di un gelato, ed essersi quindi rifatta della sua uscita da X-Factor ai bootcamp nel 2019 per la (non) scelta di Sfera Ebbasta, prosegue sulla sua strada continuando a cantare muovendo le labbra imbronciate il minimo possibile secondo la moda che ultimamente serpeggia tra le nuove proposte musicali. Anche qui con CASTELLI DI LENZUOLA
ci troviamo davanti ad una bella canzone che se solo fosse cantata secondo i dettami minimi delle scuole di canto sarebbe un capolavoro.
Ma Ariete (Arianna Del Giaccio) è così. Prendere o lasciare, e io la prendo perché mi piace anche se acerba.
Di tutt'altra levatura invece Auroro Borealo, artista surreale ed originale al punto da far uscire un album dal titolo EHche dura solo 3 minuti, e che esce su Tik Tok, per cui il massimo dell'avanguardia modaiola, ma consiglio caldamente di scoprire anche i suoi lavori precedenti.
Per finire ci metto un disco che mi è capitato di ascoltare una delle scorse notti al buio sul balcone di casa, cioè Skeeter Davis (era una cantante country) con la dolcissima THE END OF THE WORLD.No, niente di romantico su quel balcone che mica stiamo a Verona e mica mi chiamo Giulietta io, eh.
Stavo solo stendendo il bucato e la radio in cuffia è sempre un'ottima compagnia anche in quei casi.
Come collegata alle atmosfere western lasciate qui pochi giorni fa da ENNIO, ecco una miniserie tv o minishow o commedia musicale (che forse è la definizione più corretta) del 1968 con protagonisti IL QUARTETTO CETRA e tutta una serie di ospiti in ogni puntata, come Giorgio Gaber, Isabella Biagini, Enrico Simonetti e Mina, per fare solo alcuni nomi del chilometrico cast, mentre questa è la copertina del 45 giri con la sigla dove vediamo i 4 Cetra abbigliati alla maniera di Marty McFl... ehm... Clint Eastwood (o forse è meglio dire Woody di Toy Story),
e non ci sono dubbi che Lucia Mannucci, piacevole nonostante non fosse un sex symbol, anche paludata in tale look era quasi più credibile dei suoi colleghi.
L'ambientazione quindi è western perché erano gli anni d'oro di Sergio Leone per cui tutto derivava da lì, anche gli spot televisivi della CARNE MONTANAerano pari pari ai titoli di testa dei film del nostro regista, con quella famosa frase "Laggiù nel Montana tra mandrie e cowboy c'è sempre qualcuno di troppo fra noi...".
Lo show era infatti basato su una storia, un canovaccio con tutti i classici cliché (o stereotipi) dei film ambientati nel selvaggio ovest, con persino i pellerossa Cherokee interpretati dai Rokes di Shel Shapiro
che ogni volta cantavano la stessa canzone, ma con un testo diverso adattato alla situazione del momento, tipo "Senza un buon tamburo, meglio mettersi al sicuro" oppure "Senza una buona merenda, si fa brutta la faccenda".
Lucia Mannucci, la voce femminile del quartetto, sfoderava le sue doti da cowgirl cavalcando fiera, ma in realtà al suo posto c'era una giovanissima FIORELLA MANNOIA
che, ancora minorenne, stava iniziando proprio allora a fare la stunt woman, mestiere di famiglia, e cavalcherà anche al posto di Loretta Goggi ne LA FRECCIA NERA, passando poi per diversi set cinematografici come controfigura delle più famose attrici in scene concitate e rischiose.
Divertimento semplice con poche pretese come la tv di quel tempo, praticamente un varietà mascherato da commedia musicale, e su YOUTUBE sono disponibili tutte le puntate, ma in qualità video piuttosto scadente.Ricordatevi in conclusione le parole della canzone che dice che "Ad Abilene chi spara primo vive bene. Gli altri no... Generalmente no".
Ma mi ricordo che questa regola valeva anche nella taverna di Mos Eisley su Tatooine...
Perche è piccolo il mondo, ma anche la galassia...
Il 22 aprile, cioè domani, è stato nominato Earth Day, Giornata Mondiale Della Terra, e perché non celebrarlo qui sul web, a scopo scaramantico, con un film di quelli dove la terra rischia di essere annientata? Ce l'abbiamo qui pronto, ma siccome lo si trova al discount, è un film per la tv del 2011 che, a seconda di dove ne parlano, si presenta con l'articolo "Le" o senza (e già questo non è esattamente un buon segno), realizzato in economia sul solito tema della catastrofe apocalittica che tanto farebbe Roland Emmerich, ma se ti ritrovi con pochi mezzi fai quello che puoi per raccontare di un "buco bianco" (di cui ignoravo totalmente l'esistenza in favore di quelli neri) che rischierebbe di bloccare la rotazione della terra.
Si, perché nonostante ci sia una regia volenterosa il film per la tv cade presto nella sezione b-movie (o anche più in basso) ed è interamente ripreso con una camera balenga (che ok è di moda, ma a me sta sulle balle), ma la cosa che si nota di più è la musica sempre uguale che gira sulle quattro note drammatiche anche in momenti dove non c'entra un cazzo (ma che piace ai giovani).
I pochi mezzi poi si vedono anche negli effetti speciali che però tutto sommato fanno il loro dovere, basta che lo prendi come un vecchio episodio di Doctor Who, quelli del reboot con Christopher Eccleston e David Tennant e ti va bene anche così.
Il cast è abbastanza anonimo se non per Robert Knepper da Prison Break che fa il suo credendoci fino in fondo.
Si aggiunge al tutto anche un pessimo doppiaggio specialmente per la stridula voce italiana della ragazza del protagonista interpretata da Julia Maxwell.
Su Prime Video (non al discount, che scherzavo dai), nel caso vogliate verificare di persona.
Ecco che i giornalisti "creativi" tornano alla carica per acchiappare i gonzi in un periodo in cui le notizie sono monopolizzate dalla guerra.
Blanco, novello vincitore (discusso) di Sanremo con Mahmood, ha avuto una PICCOLA DISAVVENTURA durante un suo concerto a Roma nel momento in cui ha provato a farsi sorreggere dal pubblico, tipo nello stage diving di cui è ormai campione olimpionico Damiano dei Maneskin, trionfatori pochi giorni fa anche al Festival di Coachella, ma pure lui a volte ha riposto TROPPA FIDUCIA sulla preparazione fisica del pubblico.Si, perché gli articoli sui giornali parlavano proprio di "tuffo" sul pubblico in grande stile come nella famosa scena di SCHOOL OF ROCK con Jack Black,mentre dal video su in alto si vede chiaramente che il cantante si è sdraiato lentamente sulla folla sperando di fare il "crowdsurfing", cosa diversa, cari giornalisti, dallo stage diving, ma per voi che la musica "moderna" è tutta "musica del diavolo", buttate tutto nello stesso pentolone senza ritegno.
Folla che, però, non è riuscita a reggerlo facendolo scivolare a terra insieme ad una manciata di ragazzi, perché son sempre quei 70 chili che se ti spingono giù ti mettono in equilibrio precario.
Risalito sul palco, Blanco ha poi subito chiesto se i ragazzi coinvolti nell'allegra ammucchiata stavano tutti bene.
Da quello che invece raccontavano i giornalisti pareva che Blanco avesse avuto delle lesioni tali da richiedere l'intervento del pronto soccorso.
Vera invece era stata la facciata presa da MORGAN in un suo stage diving andato malefacendo pure incazzare molto il cantante.
Anzi, pare che fra il pubblico ci fosse pure Bugo che avrebbe esclamato: "Dov'è Morgan?". 😜
Bravi giornalisti mendaci, continuate così che già non ne abbiamo abbastanza di notizie false su tutto quello che ci circonda, e peggio ancora sono quelli che hanno riportato la notizia solo per sentito dire, magari ingigantendola come nel gioco del telefono senza fili.
Ormai però è facile sbugiardarvi grazie al web, gnè gnè gnè.
Ennio Morricone purtroppo non l'ho mai conosciuto di persona, però ha fatto parte della mia vita come fosse un amico fin da quando nel cortile di casa ascoltavamo dei 45 giri in un mangiadischi di una vicina un bel po' più grande che aveva una discreta collezione di dischi, ed io la invidiavo già enormemente anche se alcuni dei supporti erano senza copertina, per cui soggetti a graffi che su un impianto stereo hi-fi avrebbero prodotto il classico rumore di "frittura", ma che invece in quel riproduttore di plastica non facevano una gran differenza.
Fra tutti quei 45 giri di Patty Pravo, Celentano e Morandi, quello che più mi aveva colpito era solo strumentale con un fischio in bella evidenza che faceva la melodia della canzone.Dall' etichetta nera sul disco scopro che si chiama semplicemente TITOLI e sull'altro lato c'è Per Un Pugno Di Dollari tratti entrambi dalla colonna sonora di un film western omonimo che non conoscevo ancora, ma a giudicare dalla musica, cavolo, pensavo che doveva essere proprio bello.
Tale 45 giri era intestato ad Ennio Morricone, nome che mi accompagnerà per anni sottolineando alcuni dei più bei film visti al cinema e in casa, per cui per me Ennio era un amico anche se non ci eravamo mai incontrati.
Si parla di 500 colonne sonore firmate da Ennio, ma io più modestamente di quei film ne avrò visti per intero poco più della la metà, per cui ho da recuperare un po' di lavoro arretrato.
Anzi, quasi due anni fa, il giorno della sua SCOMPARSA mi ricordo che ho fatto un post breve poiché in quel periodo mi sentivo di farlo così, proprio per la mia non completa conoscenza della sua opera e infatti tante cose che in realtà avrei voluto scrivere le ho riscoperte in questo film dedicato al musicista firmato da Giuseppe Tornatore, il quale, quando chiese ad Ennio di fargli la colonna sonora del suo Nuovo Cinema Paradiso, sulle prime rifiutò, salvo poi ricredersi dopo aver letto la sceneggiatura.
Perché Ennio era così e nel 90 per cento dei casi non si sentiva adeguato al lavoro che gli chiedevano di fare, alcune volte anche perché certi registi forzavano la sua creatività proponendogli degli esempi da seguire; esempi che lui accettava anche, ma alla fine il lavoro che ne usciva era sempre suo personale.
La stessa cosa gli era accaduta molto tempo prima, quando arrangiava le canzoni di musica leggera per la RCA e più di una volta si era scontrato con gli autori per nette divergenze di idee, come con Franco Migliacci per IN GINOCCHIO DA TE di Gianni Morandi,che Ennio avrebbe voluto più delicata al contrario di Franco che desiderava invece quella pomposità solenne che poi è stata messa nel disco dopo averla fatta rifare da Morricone per ben tre volte, e alla fine Ennio, consegnandogli la partitura, gliel'ha definita davanti a lui una schifezza.
Andava invece molto orgoglioso di SE TELEFONANDO di Mina per come aveva gestito i tempi e la musica della canzone facendo cadere la battuta sempre sulla nota successiva a quella del giro precedente: cosa apparentemente facile mentre la ascolti, ma inventala te se sei capace.Insomma Ennio, legato per lungo tempo alle colonne sonore western dei film di Sergio Leone, ha valicato ogni confine geografico e temporale arrivando anche alla nomination per l'Oscar con la colonna sonora di Mission, premio però soffiatogli da Herbie Hancock per Round Midnight e la cosa non gli era andata proprio giù ad Ennio perché il suo lavoro era totalmente originale, mentre la soundtrack di Round Midnight conteneva anche brani jazz non originali.
Ma Ennio, seppure urtato da tale irregolarità, non ha mica preso a sberle Chevy Chase, Goldie Hawn e Paul Hogan che erano i presentatori quella volta lì, optando invece per una silenziosa uscita dalla sala come era nel suo carattere, tanto si sarebbe preso poi in seguito l'Oscar alla carriera (commosso fino alle lacrime) e quello per The Hateful Eight, colonna sonora con la quale aveva giocato uno dei suoi tiri birboni a Quentin Tarantino che l'aveva contattato per una cosa fischi e chitarre alla Sergio Leone e invece Ennio gli ha fatto una partitura orchestrale a dir poco maestosa che ha conquistato comunque il regista di Kill Bill.
Un carattere che emerge chiaro e bizzarro come quando ti spiega i passaggi di un pezzo mimandoli nell'aria così anche tu li "vedi" come li vede lui, in questo documentario lungo si, ma io lo avrei voluto ancora più lungo, perché già mi manca il mio amico Ennio.
Io non sono uno sportivissimo, nel senso che il calcio non lo seguo se non in rare occasioni come gli europei e i mondiali (e quest'anno quindi niente ciccia, niente... cit. Liga) e personalmente pratico solo lunghe camminate alternate a corsette a piedi o in bicicletta, come pure oggi sarò sulle due ruote (l'avevo anticipato ieri) per fare il classico merendino di Pasquetta. Con gli sport acquatici invece non ho un buon rapporto, non perché non sappia nuotare, ma perché non mi trovo bene in una cosa fredda e bagnata, mentre mi sento benissimo disteso in una vasca da bagno con acqua calda e un buon sottofondo musicale (magari con candele profumate e petali di rosa... beh... scusa se è poco).
Per quanto riguarda Federica Pellegrini invece, gioie e dolori sono raccontati in questo docufilm uscito a gennaio e che porta lo stesso TITOLO di un mediocre horror "subbaqquo"; film che, anche se non sei uno sportivo del settore, devo dire che riesce a rendersi interessante.
Belle anche le musiche di Samuel dei Subsonica con una soundtrack che ad un certo punto mi ha ricordato persino Miami Vice con delle sonorità molto simili a CROCKETT'S THEME.Sarà poi una mia deformazione (o una mia tara) però ad un certo punto mi è venuto in mente un famoso film di Renato Pozzetto e precisamente nel momento in cui Federica ha presentato il suo alloggio durante le olimpiadi di Tokyo con il mini bagno e il letto di cartone... Taaac!
E, mentre Zelensky si sta calando, a mio parere, un po' troppo nella parte di un novello Keanu Reeves continuando a chiedere "Armi, tante armi...", concludo il post di oggi cambiando decisamente tono e unendomi al coro dei blogger che la ricordano, con un doveroso ultimo saluto a Catherine Spaak
che ci ha lasciati a 77 anni dopo una carriera iniziata con il cinema e proseguita come conduttrice televisiva.
Come sarà la Pasqua per i paesi dell'est toccati dalla guerra? Come sarà la Pasqua per tutti i profughi che sono scappati dalla distruzione, dall' orrore scatenato da un conflitto di cui nessuno sentiva il bisogno (ma, francamente, come si può aver ancora bisogno della guerra per risolvere dei problemi politici a meno che tu non abbia qualche grave tara mentale?)?
Augurando una Buona Pasqua a tutti, per cominciare affido la soundtrack di oggi ai Simple Minds dal vivo con la loro EAST AT EASTER, cioè l'est a Pasqua.
We go walking, hand in hand
All across the land it's East At Easter
People walking hand in hand
When ships are moving south it will be East at Easter
We will rock you, rock you little child
We will rock you, rock you little child
All across the land it's East At Easter
All across the land it's East At Easter
Anche il marchio PINK FLOYD (in realtà ormai soltanto David Gilmour e Nick Mason) ha deciso di contribuire alle varie iniziative che si stanno muovendo in questo periodo realizzando un disco di beneficenza per l'Ucraina insieme all'artista locale Andriy Khlyvnyuk dei Boombox dal titolo HEY HEY RISE UP.
Con Andrea Bocelli concludo il mio post pasquale in quanto esce su Spotify anche la sua compilation creata appositamente per le festività dal titolo My Easter che contiene una serie di sue interpretazioni e duetti già pubblicate in precedenti album come The Prayer con Celine Dion e Hallelujah con la figlia Virginia.
Devo dire che di solito nei miei post cerco sempre il lato un po' ridicolo, come pure nella SCORSA PASQUA ancora blindata, ma temo che in questo caso, quest'anno ci sia ben poco da ridere.
Oggi è così, ma prometto di restare sempre la solita canaglia (a tratti) irriverente, sperando in tempi migliori. E domani merendino in bicicletta!!!
Matthew Vaughn mi aveva abituato ad un certo tipo di cinema con Kick Ass, dove all'azione e allo splatter si alternavano momenti da commedia, pure nera, ma, se ricordo bene, il mio primo approccio con lui era stato il favolistico Stardust con il simpaticissimo Robert DeNiro pirata segretamente gay.
Qui nel prequel dei due già usciti film sull'agenzia King's Man (spassoso il primo, mentre il secondo per la verità un po' deludente) dove qui l'agenzia non è ancora nata, Matt il tono me lo cambia parecchio ed il film assume molta più drammaticità, il che non è comunque un male, dato che si tratta di un film molto ben fatto e congegnato, con un cast di personaggi dove su tutti spicca Rhys Ifans nei panni del monaco Rasputin,
nome quanto mai vicino all'attualità per il 60 % delle sue lettere dato che basta togliere il Ras ed il gioco è fatto; che poi il Ras è anche il capo dei bulli del quartiere, come insegnatoci da Abatantuono, per cui la similitudine è ancora più accentuata, con la differenza che Diego nel film finiva a fare anche del bene, mentre sto bullo Vladimiro...
Talmente drammatico questo film che ad un certo punto, nelle scene di guerra (eh si, anche qui siamo nell'attualità, altro che prequel) sembra di rivedere 1917 anche se qui non viene usato il piano sequenza (finto) come nel film di Mendes.
Ralph Fiennes ormai da qualche anno a suo agio nelle organizzazioni di agenti segreti, dà del suo meglio come sempre (grande la scena sull'aereo) e, per fortuna, non cade negli eccessi che in un film di tale levatura poteva capitare di dover portare in scena, come si è visto nel secondo capitolo.
Lo spettacolo comunque c'è, e Matthew sa come servirlo mettendo insieme una miriade di attori famosi, alcuni da riconoscere sotto il trucco, compresi Colin Firth, dai due King's Man precedenti, e Aaron Taylor Johnson (Kick Ass, appunto).
Solo una piccola nota negativa è il doppiaggio del Pastore che viene affidato a Filippo Timi il quale ricade in quella recitazione sopra le righe che già aveva danneggiato il Bane di Tom Hardy, tanto da renderlo ridicolo in uno dei capitoli più imbarazzanti della "gloriosa" scuola di doppiaggio italiana .
Ma si può sempre correre ai ripari preferendo la versione in lingua originale su Disney +.
Cinema, TV e musica sono gli argomenti base di questo blog, per cui può capitare che, casualmente, si vada a parlare anche di quei prodotti televisivi considerati di secondo piano dai critici, ma che sono invece delle vere e proprie corazzate a livello commerciale come le Soap Opera, le quali prendono tale nome proprio dal fatto che in origine erano sponsorizzate da prodotti per l'igiene come saponi, shampoo, creme di bellezza, e hanno come rappresentanti assoluti come popolarità in Italia, titoli come Beautiful (rebootata però con volti nuovi e meno seguito), Dallas e Dynasty, cioè la leggerezza effimera assoluta proprio mentre sappiamo che la guerra sta rischiando di allargarsi verso la Finlandia, ma è anche vero che non sono certo io la persona più adatta per insegnare al mondo come correre ai ripari, e se state leggendo questo blog vuol dire che sapete a cosa andate incontro.
Di altre due soap opera che sono fra le più longeve della storia si parla oggi, seppure entrambe non arrivino al primato insuperabile di Sentieri, e si tratta di EastEnders per il Regno Unito, mai trasmessa in Italia, ma volendo si trovano episodi su YouTube e ne ricordo uno in particolare riguardante una festa in maschera a tema 007, mentre gli americani hanno seguito per più di 50 anni le vicende raccontate in Così Gira Il Mondo (circa 8000 episodi) e, per un periodo molto più breve, anche in Italia l'abbiamo vista prima su Canale 5 e poi trasferita su Rete 4, e la cui sigla italiana era DROWNING IN THE SEA OF LOVE degli Adventures.
Oggi ne parlo di questi due prodotti per la tv, in quanto quasi contemporaneamente due star di tali Soap sono scomparse nei giorni scorsi: JUNE BROWN a 95 anni,che aveva recitato per 30 anni in EastEnders della BBC, mentre Kathryn Hays, deceduta ad 88 anni, ha partecipato per quasi 40 anni a Così Gira Il Mondo, apparendo intanto anche in ogni altra serie tv immaginabile, compreso anche un episodio di Star Trek (figurati se mancava) dove impersonava un' aliena che, grazie ai suoi poteri, curava il Capitano Kirk da gravi ferite.
In Cosi Gira Il Mondo hanno fatto apparizioni anche moltissimi altri nomi del cinema americano come Jason Biggs (American Pie), Jordana Brewster (Fast & Furious), Courtney Cox (Friends), James Earl Jones (Star Wars), e sono solo una piccola parte.
Quindi, tutto legato a quel mondo così particolare delle Soap di cui abbiamo UN POSTO AL SOLE come rappresentante nazionale (eee che posso farci... questo c'è, eh... ), il mio ultimo saluto va a June & Kathryn: goodbye.
A volte scrivo un post su qualcosa pensando di scrivere delle cose che interessano solo a me come fosse un promemoria, un diario (molte volte certi film o serie tv di cui parlo infatti sono quasi sconosciuti), e invece, a sorpresa poi mi ritrovo quel post inondato di visualizzazioni e di commenti.
Commenti anche inaspettati come sul post che avevo dedicato ad ANNA, la ragazza di LaSpezia che cantava Bando, dove qualcuno si era risentito per una mia chiusura ironica anche se a me quella canzone era piaciuta molto.
Altre volte invece, dopo aver creduto di aver scritto un post epico da premio Pulitzer, succede l'esatto contrario e passa inosservato, per cui se fossi uno che cerca i click a tutti i costi dovrei seguire determinate tattiche promozionali per acchiappare consensi.
Ma dato che dalle mia pagine per ora ho bandito ogni forma di pubblicità, mi pare chiaro (almeno credo) che il mio percorso nella blogosfera stia continuando secondo i criteri di coerenza che mi ero prefissato all'inizio, cioè quella domenica di aprile di tre anni fa in cui ho pubblicato i miei primi due post: uno sul tour di DALLA E DE GREGORI del 1979, e l'altro invece che era una semplice PRESENTAZIONE, anche se in realtà nelle mie intenzioni dovevano uscire nell'ordine inverso, ma essendo alle prime armi era ancora tanto se ero riuscito a metterli qui.
In effetti poi con il passare dei giorni, alcuni post hanno anche riguardato gli eventi che ci hanno colpito e coinvolto, perché, ok, io sto con la testa in una galassia lontana lontana, ma fisicamente mi trovo in un mondo che non credevo esistesse più se non nei romanzi di fantascienza o fantapolitica da cui vengono spesso tratti anche dei bei film.
Perciò se mi viene da dire due parole al di fuori di cinema, tv e musica, che sono gli argomenti che prediligo, vi prego di scusarmi e sopportarmi, perché dato che il mio blog è in realtà un diario giornaliero, purtroppo alcuni giorni possono essere marcati anche da eventi di attualità.
Per le mie scarse competenze a riguardo però non credo che sarò mai invitato come opinionista in quei programmi dove è finito pure MASSIMO CANNOLETTA, il campione de L'eredità, a cui avevo augurato proprio che non accadesse, per cui mi faccio gli auguri per il terzo compleanno del blog (ma gli altri due non li avevo mai citati), anche se da lettore gravitavo già da diverso tempo in zona e spesso avevo anche commentato da anonimo (ma non quegli anonimi haters, eh).
Perciò spero di saper resistere alle tentazioni più di quanto non fosse capace Oscar Wilde (uno che ha scritto cose un po' più popolari delle mie), e rimanere, come dicevano i CCCP, "Fedele Alla Linea".
Ora scappo che quest'anno c'ho da fare la revisione al Millennium Falcon😜.
Cos'è Licorice Pizza? È un film di Paul Thomas Anderson sugli anni 70 americani con ragazzi che sognano di fare del cinema, ma che per necessità faranno altre scelte, e con due protagonisti decisamente poco vicini al concetto di sex symbol, però proprio per questo credibili.
Lui è Gary, interpretato dal figlio di Philip Seymour Hoffman, Cooper, e guarda caso P. T. lo ha voluto come protagonista, come per passargli il testimone dopo la scomparsa prematura del padre, mentre lei è Alana, cioè Alana Haim, vocalist della band Haims che ha fondato insieme alle sue sorelle, le quali appaiono pure loro nel film nella parte... delle sorelle appunto, con tutta la loro vera famiglia.
Licorice Pizza è un film dove la musica è importante e a volte copre persino i dialoghi, come dire che la visualizzazione complessiva conta più delle parole come se fosse un videoclip come si facevano negli anni 80 che a volte erano proprio dei minifilm dove i dialoghi non c'erano e capivi lo stesso la vicenda.
Licorice Pizza è un film che conta delle partecipazioni gustose ed estese come quelle di Sean Penn,
Tom Waits e Bradley Cooper, che non sono solo dei camei come si raccontava prima che uscisse, e infatti poi sono proprio quelle le scene per cui ti ricordi davvero la pellicola.
Licorice Pizza è un film dove si corre tanto (non come Forrest Gump, ma quasi), da soli o in coppia, oppure anche in gruppo, ma in questo caso si corre giù in discesa guidando un camion in retromarcia a motore spento come un pazzo nella notte per vedere se poi è così difficile morire (o meglio, per raggiungere la prima pompa di benzina).
Licorice Pizza è un film nominato agli Oscar, ma che non si è portato a casa nulla, ma P. T. ci è abituato e si guarda ancora il suo Orso D'Oro del Festival Di Berlino ottenuto per MAGNOLIA lì in bella vista sul caminetto, e in questo nuovo film ti ci mette anche il solito John C. Reilly sotto un trucco mostruoso per sfidarti a riconoscerlo.
Licorice Pizza è un film discontinuo fra una scena e l'altra, come se fosse in realtà un collage di episodi e che, addirittura, parte come se fosse già iniziato, come se l'omino in sala proiezione (se non fosse per il leone della Metro Goldwyn Mayer e il titolo che lo aprono) avesse montato per errore la seconda pizza invece della prima (cosa accaduta davvero per alcuni film come The Tree Of Life di Terrence Malick, oppure, più terra terra, JOAN LUI di Celentano).
Licorice Pizza ti lascia un gusto amaro dentro perché si capisce che Gary vorrebbe stare con Alana, ma lei lo friendzona in continuazione (ha 10 anni più di lui) e, anzi, proprio davanti a lui si mette insieme a personaggi che le servirebbero come trampolino di lancio per una carriera, un cambio di vita che continua a rincorrere (ancora di corsa si va, si), ma dai quali riceve continue delusioni, finché alla fine, ma proprio, proprio alla fine...
Licorice Pizza è un film dai colori vintage che ti portano in pieno in quel decennio che, personalmente ho vissuto in Italia, perciò in maniera molto diversa dai protagonisti, però il senso è quello, e anche i dialoghi, molto spesso lenti, sembrano seguire quello stile un po' retrò, per cui l'immersione è totale.
Per finire, Licorice Pizza era il nome di una catena di negozi di dischi californiana e quel nome, che evoca un po' le rotelle Haribo,
è l'equivalente del soprannome "padelloni" che noi davamo agli ellepì in vinile quando lavoravamo nelle radio private (perché, dai, tutti ci siamo passati) e nelle discoteche. Un'operazione nostalgia che, a mio parere, ha funzionato bene, anche se non si può definire un film che passerà alla storia.
Si, ok tra tanta violenza e distruzione che sta portando questa guerra, come se il Covid-19 non fosse stato abbastanza, magari di primo acchito può apparire fuori luogo parlare di una serie tv sui defunti, ma sai com'è... a parte il fatto che un po' di distrazione dalle continue notizie drammatiche ci vuole, si può sorridere anche vedendo come funziona il Paradiso in realtà, rappresentato con tanta fantasia un bel po' di tempo prima (2016) di quell'altra serie che tratta più o meno lo stesso tema (ma in versione tecnologica) e che si chiama UPLOAD di cui ho anche già parlato della SECONDA STAGIONE.
Ma Eleanor (Kristen Bell, cioè l'ex Veronica Mars) in Paradiso ci deve essere finita per errore, dato che lei è una classica egoista, approfittatrice, menefreghista... stronza ecco, per cui, secondo le regole, dovrebbe stare da tutt'altra parte.
Succede però che, dopo la sua morte, avvenuta in circostanze imbarazzanti, si ritrovi lo stesso in questo posto che sarebbe riservato esclusivamente per chi ha fatto solo del bene durante la vita terrena (no... Eleanor, lei no).
A quanto pare, il creatore del luogo, Michael (uno strepitoso Ted Danson senza i cadaveri di C.S.I., ma alla fine sempre alle prese coi defunti) deve aver fatto qualche pasticcio perché Eleanor scopre in breve tempo che lei non è la sola ad essere fuori posto.
E l'equilibrio di tutto il sistema comincia presto a farsi precario.
Gag ce ne sono a raffica e situazioni esilaranti pure, perciò si riesce anche a ridere della morte, dato lo "spirito" (hahaha che buontempone) molto leggero della serie.
Lo devo dire subito: sentire parlare Mastandrea nei panni dell'ispettore Ginko mi ha fatto sorridere perché la sua voce fa pensare subito all'Armadillo della serie di ZEROCALCARE, e non credo proprio di essere l'unico ad avere avuto tale impressione, al punto che ti aspetti prima o poi una frase in romanesco, invece no, inflessioni dialettali per fortuna non se ne sentono (quasi).
Valerio si trattiene bene, per cui su questo ci si può anche passare sopra, cosa che invece mi riesce difficile con Luca Marinelli che è perfetto sotto la maschera (riletta in stile fetish bdsm) del Re del Terrore con inquadrati solo i suoi occhi di ghiaccio, ma poi al naturale leccato con la brillantina alla Rodolfo Valentino mi perde tutto il carisma, anzi succede già quando viene ripreso di profilo per la verità con sta "pinna" che si ritrova;
cioè mi fa un po' l'effetto Adam Driver in Star Wars con il suo nasone, ecco... cioè temibile sotto la maschera di Ky Lo Ren, ma a viso scoperto... Ehm...
Di Miriam Leone bionda nei panni di Eva Kant invece posso solo che parlarne bene; boh sarò di parte, ma è così, seppure anche la sua recitazione sia appena appena sopra alla media da soap opera che presenta in generale questo film.
Qualcuno guardandolo potrà pure dire che non sono credibili tutte le scritte in italiano che si leggono sui palazzi e sui cartelli, come Polizia Di Clerville, e sulle insegne delle banche come sui documenti, è vero, ma nei fumetti delle sorelle Giussani era esattamente così, perciò almeno da questo punto di vista nel loro film, rinviato più volte a causa della pandemia, i Manetti Bros. sono stati fedelissimi, al contrario delle riletture di certi Batman dove Gotham City, per eccesso di realismo diventava una metropoli americana come le altre.
Alla fine dei conti però, pare strano dirlo, ma pareva più azzeccato il primo film su DIABOLIK che aveva diretto Mario Bava, con John Phillip Law preso da BARBARELLA e gli ambienti che parevano ideati da Ken Adam, e con tutte le sue licenze pop che possono far discutere senza dubbio, perché anche si distaccava davvero troppo dal fumetto, però intanto era un film che viveva il suo tempo (si, come una canzone dei Litfiba) e non lo doveva ricreare con una finzione scenica, anche se quella dei Manetti è davvero molto ben realizzata nei dettagli tipo degli abiti, delle auto d'epoca e degli arredamenti: per dire, l'arrivo di Claudia Gerini alla Banca Centrale di Ghenf pare esattamente un film degli anni 60, e infatti da quel punto di vista è un piacere per gli occhi come la fotografia sempre perfetta.
Invece quei dubbi, di cui sopra, su Marinelli io li avevo espressi già dal primo giorno in cui è trapelata la notizia del suo ruolo, ma mi dicevano tutti che Luca è bravo, che è adatto, che Lo Zingaro di Lo Chiamavano Jeeg Robot spaccava, ecc, ecc...
Si nel film di Mainetti ok, si mangiava la scena, ma io mi ricordavo ancora il suo DeAndré televisivo che m'ha fatto rabbrividire perché Fabrizio con l'accento romano nun se poteva sentì, mortacci sua, ma perlomeno pe' Diabbolik... pardon, Diabolik, anche lui cerca di perdere quasi del tutto tale particolarità regionale tranne in un paio di momenti tipo il primo dialogo a viso scoperto con Eva che mme pareva de vedè Francesco Totti co' Ilary Blasi.
Cioè, fratelli Manetti, mi ricreate minuziosamente il fumetto nei minimi particolari, tanto che certe scene ricalcano le tavole originali, e questa è una nota di merito, ma poi mi cadete proprio sul protagonista?
C'è qualcosa di non molto chiaro sotto, un mistero così torbido che solo il vero Diabb... eddaje... Diabolik potrebbe venirne a capo ed uscirne vincitore, mentre qui nel film invece ci troviamo solo davanti ad una specie di cosplayer che mme sta a recità pure male.
Quindi cose buone ce ne sono, ma anche tante altre che potevano essere realizzate meglio (un regista che conosco direbbe che sono state fatte "a cazzo di cane"), tant'è che di ste cose se ne sono accorti anche i fratelli Manetti e nei due sequel già annunciati il ruolo di Diabb... ariecchece... Diabolik sarà affidato a Giacomo Gianniotti,
attore italo canadese che arriva da Grey's Anatomy, e che così "a naso" pare avere una fisicità completamente diversa da Marinelli.
Un cane irrequieto ospitato in un canile rischia di essere soppresso perché tutti quelli che hanno provato ad adottarlo lo hanno riportato presto indietro a causa dei danni che provocava in casa.
Pare un brutto destino per l'animale, finché un giorno un giovane poliziotto lo sceglie per farne il suo partner nell'unità cinofila e Ruby, il cane, si mostra particolarmente dotata per tale ruolo, arrivando persino a salvare una vita umana.
Film su Netflix tratto da una storia vera sui cui titoli di coda (come sempre ormai) vengono mostrati i veri protagonisti della vicenda (decisamente diversi dagli attori, cane compreso), diretto e realizzato però a livello di B-Movie per la tv con musichette buttate li a caso durante le scene perché non puoi permetterti un compositore che passi il tempo davanti alle immagini sottolineando ogni singola scena tipo Danny Elfman.
Comunque piacevole per lo spirito vagamente disneyano mostrato anche dal poster, ma molto, molto vagamente.
Un po' di musica nuova ogni tanto ci sta anche su queste pagine dove spesso invece si citano ricordi del passato, e devo dire che non è la prima volta che mi perdo in elogi per Elodie, una delle migliori interpreti uscite dal tanto discusso Amici.
La sua nuova BAGNO A MEZZANOTTE è carina, ma un pochino inferiore alle sue produzioni precedenti, però ha di buono quella cosa del ritornello che "acchiappa" con "uno due tre" e, soprattutto, è corredata di un videoclip da farti cadere la mascella.
Harry Styles invece segue il trend del recupero degli anni 80 e, come The Weeknd, sforna AS IT WASche è una simil Take On Me, nel senso che il riff di synth la ricorda parecchio, ed è comunque un pezzo piacevole come tutta la produzione degli anni 80.
Ora però veniamo alle dolenti note, termine quantomai ad uopo parlando di canzoni, perché il nuovo singolo di Vasco Rossi, LA PIOGGIA ALLA DOMENICA, brano già contenuto nel suo ultimo album, ma qui rieditato con Marracash che aggiunge alcune sue "barre",ricorda tanto quella Senza Parole di 30 anni fa, però più bruttina, ma si salva in corner pubblicando il brano con Marra per beneficenza.
In conclusione al post musicale di oggi devo ringraziare uno spot di pesti Barilla che mi ha ripescato Vinicio Capossela con CHE COSS'È L'AMOR,un mambo risalente pure quello ad una trentina di anni fa, ma che tuttora mette la voglia di ballare perché il ritmo latino è irresistibile (eh si, anche il reggaeton, devo dire, ma a piccole dosi) e ricordo anche di averla suonata e cantata anni fa battendo malamente su un cajun insieme ad un mio amico sassofonista così per ridere.
E sfido chiunque a stare fermo quando passa lo spot.
Menzione speciale per il duo La Rappresentante Di Lista che ha organizzato il 5 aprile in Piazza Maggiore a Bologna un concerto benefico per Save The Children dal titolo TOCCA A NOI,al quale hanno partecipato Morandi, Elisa, Diodato, Noemi, Rancore, Zen Circus, Brunori SAS e altri tra cui di nuovo Elodie.
Accesso gratuito limitato nella piazza, la Piazza Grande di Lucio che ci sarebbe stato sicuramente se solo avesse potuto, ma erano stati montati dei maxischermi anche all'esterno, i quali però non sono stati attivati per qualche misterioso motivo.