Non è la prima volta che questo racconto di H.P. Lovecraft viene portato sullo schermo, ma finora gli adattamenti erano stati piuttosto di manica larga.
Questa volta, con la regia di Richard Stanley che da più di vent'anni non diceva "Aaaaa... action!", ci troviamo davanti ad una trasposizione decisamente fedele allo scritto, dove un qualcosa arriva dallo spazio e comincia a modificare quello che gli sta intorno, le cose, la psiche delle persone, la materia, persino il tempo, il tutto avvolto da un colore che nel romanzo viene detto "impossibile da definire", mentre per noi spettatori viene mostrato come un rosa/violetto/porpora (un po'come quello dell' alone della pubblicità dell' AIDS anni 80 😀). I nomi non sono esattamente quelli del racconto, anche se simili, ma sono stati resi più moderni perché la storia è portata ai giorni nostri per la presenza di Internet e cellulari, ma sono cose che alla fine non cambiano granché l'idea di base perché la vicenda si svolge comunque in una casa sperduta nel bosco e isolata dalla civiltà. Nicolas Cage sbrocca di brutto da metà film in poi (e dai... lo so che sarebbe facile scherzare sulla sua espressione che, per forza di cose, rimane la stessa per quasi tutto il minutaggio) e forse visto in inglese sarebbe stato meglio, ma si sa che son pigro e prendo la pappa già pronta. Quello che si nota ad un certo punto sono degli evidenti omaggi a LA COSA carpenteriana con dei momenti di body horror mica da poco e senza alcuna CGI (usata invece in altri momenti con risultati altalenanti); omaggi che comunque seguono lo spunto dello scritto di Lovecraft, per cui forse sarebbe più giusto dire che Carpenter stesso aveva già omaggiato lo scrittore nel lontano 1982 grazie a quel genio di Rob Bottin e le sue ben note orge di sangue ed ossa. L'unica cosa che mi sento di far notare è proprio la regia di Stanley che sovente si perde in qualche lungaggine di troppo, per esempio anche nei momenti di sclero di Nicolas che, a causa di questo indugiare, a volte rischia di diventare un po' ridicolo, ma ripeto che forse in inglese faceva un altro effetto, e la scena de "La cena è pronta" che mi è parsa un momento di parodia. Ma probabilmente è solo un'impressione mia🙄...
Si infatti si distingue dalle mode horror di... chessò... Netflix
RispondiEliminaA me è piaciuto un botto, anche se il bello del racconto verteva anche sul fatto che era un colore sconosciuto all'occhio umano e non certamente fucsia. :-P
RispondiEliminaEh ma in qualche modo doveva essere visualizzato. Da quel punto di vista, la fantasia, l'immaginazione che ti provoca un racconto è ineguagliabile.
EliminaA questo punto lo vedrò, anche se mi par di capire che non c'entri molto col racconto di Lovecraft.
RispondiEliminaNo, c'entra. È stato solo aggiornato nei nomi, luoghi, cose, ma la storia è quella.
EliminaIn fondo per molte persone, soprattutto uomini, il "fucsia" è già un colore spaziale e quasi inconcepibile... :) Da come ne parli sembra veramente bello, magari cercherò la versione inglese per evitare di ridere :)
RispondiEliminaProbabile che renda meglio lo sclero di Nicolas😀
EliminaA me non è dispiaciuto affatto. Non è semplice portare sullo schermo le opere di Lovecraft, anche se c'è da dire che forse Il Colore venuto dallo Spazio ("colore impossibile da spiegare" a parte) è uno dei racconti che più si potevano prestare al cinema. Io l'ho visto in lingua originale, ma non perché sia un amante del genere, anzi (preferisco vedere un film, non leggerlo), ma soltanto perché all'epoca non speravo nemmeno che arrivasse in Italia. E devo dirti... anche Cage non mi è dispiaciuto 😅
RispondiEliminaInfatti l'unica mia critica riguarda quello, colpa del doppiaggio. È triste ma non lavorano più come una volta.
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