venerdì 7 ottobre 2022

IRMA VEP - LA VITA IMITA L'ARTE: TITOLO PERFETTO ANCHE AL CONTRARIO PER LA SERIE SU SKY

 L'ho già raccontato su queste pagine di come il film del 1996 di Olivier Assayas fosse entrato furtivamente in casa mia, quasi felinamente come la sua protagonista, per cui, se volete saperne qualcosa di più ecco IL LINK AL POST.


Adesso il regista dimostra una volta di più che questo film è molto speciale per lui, quasi un tassello della propria vita poiché ne ha fatto una serie HBO in onda su Sky, dove la realtà si mescola con il racconto e dove si parla di un regista impegnato sul set di una serie tv sempre tratta dallo stesso soggetto che arriva dal cinema muto degli anni 50, cioè un remake de Les Vampires che aveva come protagonista la star Musidora, di cui lui aveva già girato un film e sposato la protagonista. 
Cioè nient'altro che la storia vera di Olivier Assayas, ma qui non ci sono più le tute di latex in cui recitava sudando, anche se non lo dava a vedere, Maggie Cheung (diventata poi davvero sua moglie) nel film del 1996 di cui se ne vedono brevi spezzoni, sostituite da altre tute non meno feline, ma di velluto, quindi suppongo più confortevoli, 

nelle quali si muove sinuosa Alicia Vikander, che pare ricevere da tale outfit persino dei super poteri rendendo il tutto molto surreale (e inoltre si ripete anche qui la stessa scena del film con la frase sulla fragilità del materiale), outfit aderenti come anche il costume che indossa Severine, ma questo in apparenza fatto con un tessuto più "tecnico" alla Avengers.

Avengers che sono presenti per René Vidal, il regista personaggio protagonista della serie tv e chiaro alter ego di Assayas, anche in una seduta dalla psicanalista, ma gli Avengers di cui si parla lì non sono Marvel, bensì quelli british di Emma Peel e John Steed (serie conosciuta in Italia come AGENTE SPECIALE), dove il regista spiega nei dettagli la sua ossessione per tali outfit fetish come quelli appunto indossati da Diana Rigg.

Quindi, anche se la storia è un remake di quella del 1996, la sceneggiatura riprende le parti vere di vita vissuta di Assayas come in un gioco di rimandi visuali e cerebrali, con tocchi fetish e pure bondage, e con il regista della finzione che si chiama René come Pannofino in Boris, analogia che curiosamente non sembra nemmeno capitata per caso perché ritroviamo quasi tutte le magagne e imprevisti che costellavano anche il set di Gli Occhi Del Cuore 2 (ditemi se il personaggio di Edmond non vi ricorda Stanis con tutte le sue fisime).
Cristian Iansante aggiunge il suo tocco doppiando come solo lui sa fare il personaggio di Gottfried, tossicodipendente, egocentrico e intrattabile. 
L'impressione che ho avuto però è che mentre in Boris funzionava tutto, e ti faceva scompisciare, pare che qui si sia allungato un po' troppo il brodo mettendo in mezzo anche un ex rapporto lesbo impregnato di dominazione che però non aggiunge granché alla storia in sé stessa, ma sta lì giusto per tirarne fuori una serie di 8 episodi (eh, se la produzione vuole così si fa così), mentre il film del 96 girava molto meglio restando sotto i 100 minuti, con un finale però a dire il vero un po' buttato lì. 
Ed è anche surreale come la realtà si incroci ancora con la finzione come quando René Vidal dice che lui non sta dirigendo una serie, ma un lungo film diviso in 8 parti, oppure nel terzo episodio quando alcuni membri del cast commentano le sceneggiature delle serie tv delle piattaforme streaming fatte con gli algoritmi, probabilmente esprimendo il vero pensiero di Assayas nei confronti di Netflix e simili. 
Com'è pure surreale che ad un certo punto arrivi anche Kristen Stewart che ai vampiri (ma quelli veri coi canini affilati) deve buona parte del suo successo nel cinema.

La serie in originale avrebbe anche parecchi dialoghi recitati in francese e sottotitolati poiché la vicenda si svolge a Parigi, ma il nostro doppiaggio ha preferito far parlare in italiano integralmente il cast (metti che ci son dei pigri come me), mentre anche il film del 96 manteneva tali differenze linguistiche a forza di sottotitoli. 
Ora lo so che alla fine del polpettone, magari a tratti non si capiva se in quel momento stavo parlando di Assayas, del suo film, della serie HBO o di quella di cui si racconta la travagliata lavorazione, ma è esattamente la sensazione che si prova mentre si sta davanti alla tv, fino ad arrivare ad un finale diverso, fantasioso e per questo forse più soddisfacente di quello visto nel film. 

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