sabato 30 luglio 2022

ITALO DISCO: IL SUONO SCINTILLANTE DEGLI ANNI '80 (UN DOCUMENTARIO PER CHI VUOLE SAPERNE DI PIÙ)

 Sulla piattaforma gratuita Arte è disponibile questo documentario dello scorso anno, con un titolo leggermente diverso, ma è sempre lui, realizzato in Germania con voce narrante tedesca, sottotitolato, ma con molte parti parlate in italiano dai protagonisti, e diretto da un regista altrettanto italiano, Alessandro Melazzani,


che esplora il fenomeno della musica da discoteca prodotta in Italia negli anni 80. Non a caso è realizzato in Germania forse, perché era a Monaco di Baviera che si era creato una specie di Quartier Generale per la produzione della musica fatta coi synth dove si riuscivano ad avere dei suoni pazzeschi completamente all'avanguardia alla fine degli anni 70 (gli ex dj lo ricordano bene che i vinili stampati in Germania avevano una dinamica impareggiabile, al contrario dei pessimi dischi spagnoli), il cui pioniere era stato l'altoatesino Giorgio Moroder,

ma presto seguito dai siciliani Carmelo e Michelangelo LaBionda, i quali dopo un inizio da cantautori acustici poco gratificante, si sono buttati a mani basse sul genere Dance, prima coi D.D.SOUND,
e poi con i LABIONDA, avendo così, i volponi, due produzioni da discoteca che potevano uscire contemporaneamente facendo incasso doppio senza il rischio di saturare il mercato, 

marcando il territorio e, con alcuni pezzi più votati all'elettronica e videoclip in stile anime, diventando addirittura, in un certo senso, i precursori dei Daft Punk (che arriveranno invece molto dopo con quel cartone animato dal titolo Interstella 5555),
e in seguito lanciatissimi con le produzioni miliardarie come i Righeira. 
Quei RIGHEIRA così apparentemente vacui, effimeri e colorati come un cartone animato (pure loro), ma perfetto simbolo italiano degli anni 80
che, con le loro visioni apocalittche dissimulate in riff di synth, hanno marchiato a fuoco il decennio. 
La stessa tattica dei fratelli siciliani verrà utilizzata da diversi produttori che, sotto nomi diversi, faranno uscire decine di dischi che saranno ballatissimi e vendutissimi, come è stato fatto con certi personaggi fake come DEN HARROW, che metteva solo la sua presenza da bel modello al servizio della voce di tre diversi cantanti professionisti, ma tutti sotto la produzione di Turatti e Chieregato
che producevano a raffica dischi di cui alcuni uscivano con nomi diversi, mentre altri, se erano considerati adatti al personaggio, venivano attribuiti e poi mimati nelle esibizioni da Den (Stefano Zandri) il cui nome d'arte era un gioco di parole con il vocabolo "denaro"; contemporaneamente al primo singolo a nome di Den Harrow infatti Turatti e Chieregato avevano tirato fuori altri due personaggi inesistenti chiamati Joe Yellow (gioiello) e Jock Hattle (giochetto), ma poi persi per strada (Jock diverrà Albert-One più avanti). 
Alcuni personaggi invece erano reali come Sabrina Salerno che con la sua BOYS, e la sua fisicità non comune, è diventata in un botto una star dalla popolarità al livello di Madonna, perlomeno finché è durata, e comunque mai dimenticata poiché sono abbastanza recenti alcune sue apparizioni in concerti divisi con Samantha Fox, altra artista con le stesse doti di Sabrina.
Come sta accadendo adesso con i nuovi esponenti della musica autotunata e rappata, all'epoca i prodotti Italo disco erano considerati robaccia di poco conto, fatta con due note di synth e un inglese pure pronunciato male. 
Questo pregiudizio veniva soprattutto da quelli che scindevano la musica fra colta e commerciale, mentre da parte mia ho assimilato praticamente tutto il possibile partecipando con grande piacere ai concerti di Genesis, Pink Floyd, Ramones, Yes, Jethro Tull, e pure i Pooh, Lucio Dalla, Renato Zero, Edoardo Bennato e Ivan Graziani, con in parallelo in discoteca appunto la Italo disco perché erano quelli i dischi che mi facevano riempire la pista, e grazie a quelli mi divertivo anch'io che i dischi li mettevo nella mia postazione di dj (insieme però anche ai Cure, i Cult, gli U2 e i Simple Minds eh...). 
Il fatto è che questi dischi funzionavano da paura e i turisti che venivano da noi, poi si portavano a casa i vinili che ballavano nelle discoteche e gli stessi brani finivano poi trasmessi nelle radio di tutta Europa. 
Per dire... Dolce Vita di Ryan Paris è stata per settimane al top delle classifiche. 
Quindi musica commerciale si, ma fallo te, se sei capace, un disco in grado di farsi ascoltare da tutti in questo modo? 
È molto più facile fare musica che piace solo a chi la sta suonando o comunque ad una ristretta cerchia di persone. 
Tant'è vero che pure i Genesis e gli Yes in quel periodo hanno sfornato dischi impeccabili, ma con strizzatine d'occhio alla possibilità di essere passati sui piatti delle discoteche. 
Anzi, qualcuno mi criticava perché nel 1979 mettevo già Another Brick In The Wall in discoteca, salvo poi ricredersi quando sono arrivati i Pink Project (italiani pure quelli) a miscelare Pink Floyd e Alan Parsons. 
Negli anni 90/2000 poi sono arrivate la Macarena e Asereje ad avere la stessa sorte di dischi leggeri, ma campioni di vendite, ma, dato che non erano dei nostri prodotti, a rinverdire la quota nazionale in discoteca ci hanno pensato Paola & Chiara con Vamos A Bailar, Jovanotti e gli 883 ancora formati da Pezzali/Repetto. 
Insomma, se è il pubblico a decretare il successo di un disco, significa che questi prodotti sono stati la vera punta di diamante di un decennio che, chi l'ha vissuto può confermare, ha il pregio di essere stato irripetibile. 

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