lunedì 14 luglio 2025

MP3, QUESTO SCONOSCIUTO

 Mentre ieri abbiamo goduto della grande vittoria di Jannik Sinner a Wimbledon, sono passati oggi ormai trent'anni esatti dalla nascita di quel formato sonoro digitale tanto criticato dai puristi del suono, ma così comodo perché in poco spazio, sempre digitale, ma anche fisico in effetti, permette di raccogliere una quantità enorme di musica che ognuno di noi ha appunto sul proprio cellulare, ormai diventato con il passare degli anni non più un semplice telefono portatile, ma piuttosto una mini work-station, tant'è vero che io stesso lo utilizzo per gestire questo blog "in tutti i luoghi e in tutti i laghi" in cui mi trovo perché capita spesso che l'idea da mettere in un post ti arrivi anche tipo se sei in coda alla cassa del supermercato e allora la metti giù al volo digitando sul display touchscreen.


Ma è del formato musicale che si parla oggi, ovvero dell' Mp3 (che poi più di recente è diventato anche il nome di uno scooter a tre ruote) e quello sopra in foto è stato il mio primo lettore che in pratica era una chiavetta USB con un player integrato. 
Formato l'Mp3 a cui si stava lavorando già dall'anno precedente con un nome diverso e che, detto semplice semplice, viene ottenuto prendendo il flusso di dati originale del file audio e cancellando quelle frequenze che durante la riproduzione vengono sovrapposte da altre preponderanti per cui non sarebbero udibili dall'orecchio umano, mentre magari da apparecchi ultra sofisticati possono essere rilevate come mancanti. 
Ma si tratta di cose infinitesimali di cui non ci si accorge se il file Mp3 ha un buon bitrate, il cui valore massimo è 320 kb/s anche se i programmi disponibili per "estrarre" il suono possono aumentarlo senza però avere un vero miglioramento della qualità, ma solo un incremento della dimensione del file. 
Cioè sono finezze da maniaci della perfezione come quell'idea che aveva una persona di mia conoscenza che le registrazioni su cassetta pretendeva di farle senza mai andare con i livelli dei v-meter

sul rosso perché diceva che si andava a distorcere il suono, mentre il rosso del picco è una cosa normale, cioè è quello che rende il suono dinamico quando tutto il resto della registrazione sta sul giusto livello. 
Ma niente, non c'era verso di fargliela capire e così, preso dalla disperazione, gliel'ho spiegata ad una pianta grassa che invece ha recepito subito il messaggio, lasciando lui alle sue registrazioni troppo basse senza dinamica alcuna. 
De gustibis... 
Una curiosità sulla nascita del Mp3 è che, come brano di riferimento per provare tale metodo di compressione, venne scelto Tom's Diner di Suzanne Vega, che in discoteca abbiamo ballato tutti (io per la precisione l'ho fatta girare in vinile sui Technics perché stavo in consolle) nella VERSIONE REMIX downtempo,

ma quella originale usata per il test era stata invece la VERSIONE ORIGINALE, cioè quella acappella, solo voce, contenuta nell'album.

Questo come primo test, mentre poi, come dicevo prima, si dovette verificare il risultato su fonti audio dove strumenti diversi si sovrapponevano e in quel caso entravano in gioco quei "tagli" di dati che permettevano di passare da un file WAV, di dimensioni molto importanti, ad un Mp3 decisamente più piccolo. 
Ma alla fine della favola, quello che conta è il gusto personale, e magari, chissà, quella persona che avevo tirato in ballo prima che invece di ascoltare la musica e godersela, la stava a "guardare" sul v-meter aveva ragione, anche se non ci credo per niente😜... 

domenica 13 luglio 2025

LIVE AID: 40 ANNI FA L'EVENTO MONDIALE

 Quarant'anni fa si teneva in contemporanea, a Londra nello stadio di Wembley e a Philadelphia al JFK Stadium, lo storico concerto del Live Aid nato dall'idea di Bob Geldof e Midge Ure per raccogliere fondi con l'intenzione di alleviare il problema della fame in Etiopia.


Fu una passerella di artisti notevole, ma non priva di problemi dato che, a parte l'esibizione dei Queen ripresa, anzi, fotocopiata poi nel film BOHEMIAN RHAPSODY (della quale Brian May non rimase molto soddisfatto comunque), tanti furono i problemi tecnici dovuti principalmente al fatto che non c'era tempo di fare prove e sound check, ma gli artisti dovevano salire sul palco ed esibirsi "pronti-via" con giusto il tempo di collegare i cavi agli strumenti e con i tecnici al mixer che settavano tutto al volo.

Non mancarono nemmeno le critiche, una delle quali è forse la più feroce quella di Morrissey, leader degli Smiths, che ha da sempre avuto un pessimo rapporto con il governo inglese e infatti non partecipò dichiarando che Margaret Thatcher avrebbe potuto da sola offrire quei fondi che invece sono stati donati dalle classi meno abbienti.


Sempre il fattore soldi fu il motivo per cui altri artisti non parteciparono come i Tears For Fears poiché Roland Orzabal voleva da Geldof delle prove tangibili che quei soldi sarebbero davvero andati in beneficenza (ma si raccontano anche versioni diverse), forse ricordando l'evento del Concert For Bangladesh organizzato da George Harrison dove sembra che qualcuno si prese i soldi e scappò come fosse un film di Woody Allen.

E si, anche questo Live Aid fu un evento musicale sotto il sole cocente come quello che avverrà vent'anni dopo di cui avevo parlato QUI poiché tutto cominciò intorno alle ore 12 per terminare poi di notte, ricordando pure Phil Collins che fece quel famoso TOUR DE FORCE (un po' una sboronata, dai) con il Concorde per suonare anche a Philadelphia con i Led Zeppelin. 
Più del 90 per cento delle tv mondiali rimase collegato in diretta per l'evento dovendo a volte scegliere quale delle esibizioni mandare in onda poiché ad un certo punto le performances tenute nelle due locations si sovrapponevano. 
Da notare che poi il riversamento in home video cercò di correggere le imperfezioni come quella terribile STECCA presa live da Simon LeBon su A View To A Kill,

che venne abilmente sovraincisa, mentre quella sul piano fatta da Phil Collins rimane e va bene così (c'è nel link lassù) che tanto l'ex Genesis l'aveva presa in ridere. 
Controversie o no, rimane comunque un evento storico che molti di quelli che stanno leggendo avranno anche vissuto in diretta tv come il sottoscritto, ed evento che ha contribuito a rendere così speciali gli Anni 80. 

sabato 12 luglio 2025

VELVET SUNDOWN: LA BAND CHE NON ESISTE

 Musica del sabato molto particolare oggi perché ormai siamo finiti dentro a BLACK MIRROR, c'è poco da fare, e lo dimostrano i Velvet Sundown, band indie dal sound westcoast formata da quattro elementi il cui stile fa ricordare certe cose alla Eagles e tutto quel filone da LAUREL CANYON così caro anche a Francesco Bianconi dei Baustelle.


Tre album all'attivo, più un mini lp di inediti e migliaia di ascolti sulle piattaforme tipo Spotify. 
Ma il bello è che tutto ciò non esiste perché è stato creato dall'intelligenza artificiale con programmi tipo Suno per le canzoni e Chat Gpt per la biografia della band, con anche molte foto (anche quelle finte) a corredo.

Il risultato è stupefacente, perlomeno per quanto mi riguarda, poiché i loro inesistenti album (qui sopra il PRIMO) sono di gran lunga migliori di tante produzioni attuali con "artisti" veri che ci mettono la faccia e la voce, produzioni pure quelle basate sulla A.I. (ma non lo ammetteranno mai), rivolte invece al filone hip hop, rap,  trap eccetera, forse perché finora sembrava che l'abbinamento computer/musica fosse destinato solo a quello, nel senso che se una volta si faceva già musica utilizzando i computer come hanno dimostrato i Kraftwerk (nota bene l'uso di allora dove l'umano rimaneva il padrone della situazione), attualmente invece si fa musica pensata e creata direttamente dai computer con basi tutte molto simili tra loro e sintetiche (vedi quello che è passato agli ultimi Festival Di Sanremo). 
E invece stavolta l'intelligenza artificiale suona come se fosse vera con solo forse la mancanza di un refrain che spicca, un giro, una frase che faccia la canzone, quella che fa cantare in coro quando parte nei concerti (QUESTO sotto è il singolo più recente).

Si, perché i brani sono belli, su questo non si può dire nulla, ma scorrono un po' troppo lineari (quasi come quelle canzoni che spesso vengono composte per un film su una finta band), e sembra manchi qualcosa al brano per poter spiccare il volo. 
Cosa questa in realtà che, bisogna dirlo, nel mondo indie è più frequente di quanto si possa immaginare, dato che il più delle volte il tocco che fa "speciale" una canzone viene dato dal produttore e cito come esempio Alan Parsons che quando ha messo le mani su TIME PASSAGES di Al Stewart ha creato una cosa completamente diversa dall'idea di partenza del cantautore inglese facendolo diventare simile ad un album del Project featuring Al Stewart (ma non dimentichiamo il suo lavoro su MUSIC di John Miles e la confezione ultra curata di quel FAMOSO DISCO dei Pink Floyd).

Ecco perché questi Velvet Sundown alla fine suonano davvero come una indie band senza il produttore padrone che ne guida le mosse. 
Sicuramente dietro c'è anche qualcuno che verifica e corregge il prodotto poiché personalmente ho provato a fare recensire a Chat Gpt qualcosa, così per provare, e quello che ne è uscito è stato un testo che era attinente alla mia richiesta, ma con anche parecchi errori e cose inventate di sana pianta che, se uno sa di cosa si sta parlando, si riescono a sgamare subito, mentre nel caso dei Velvet Sundown, tutto è curato alla perfezione come se ci fosse un vero ufficio stampa al lavoro. 
Che tutto ciò sia un bene o un male adesso forse è ancora presto per dirlo, anche perché questo potrebbe essere solo un semplice esperimento, una dimostrazione di come possa essere utilizzata la potenza e la capacità creativa di un computer in questo contesto.

Si, proprio quel computer che quando è spento diventa il classico Black Mirror... 

venerdì 11 luglio 2025

LO SPETTRO: UN HORROR INVECCHIATO MALE

 Avendo visto su YouTube I VAMPIRI, ho seguito uno dei consigli proposti dall'algoritmo ed ho visionato anche Lo Spettro, film del 1963 diretto sempre da Riccardo Freda sotto lo pseudonimo di Robert Hampton e, nonostante ritornino i nomi dei personaggi de L'ORRIBILE SEGRETO DEL DR. HICHCOCK compresa la meravigliosa Barbara Steele, questo non è un sequel di quell'altro, anche per via del finale del precedente film che però non voglio spoilerare.


Ecco, rispetto a QUELLO il cui trailer mi veniva proposto nel cinema di seconda visione che frequentavo (durante la settimana proiettava vecchi film diversi ogni giorno, mentre solo nel weekend quelli recenti) mettendomi curiosità e anche un po' d'ansia dato che mi mostrava Barbara Steele chiusa viva in una bara con finestrella

(non ho mai capito il perché di quella apertura, ma diciamo che aveva fatto il suo dovere), qui salvo solo lei, Barbara, con i suoi enormi occhi dai quali diventa difficile distogliere lo sguardo, dato che tutto il resto, dalle locations (un paio) ai comprimari (una cinquina) non brilla per niente.

Evabé, è un film gotico, mi direte, cosa deve brillare? 
Infatti l'oscurità regna sovrana ma, mentre nel precedente (L'ORRIBILE SEGRETO eccetera) la lentezza era un valore aggiunto, qui sfiora davvero la noia e non bastano le "apparizioni" dello spettro del titolo a risollevare il livello del film che in origine era vietato ai minori di 18 anni, ma visto adesso rasenta spesso il ridicolo specie con quello spiegone finale che pare un cartone di Scooby Doo quando il cattivo viene smascherato e spiega tutto per filo e per segno. 
Cosa che avveniva anche in I VAMPIRI, ma non da parte del villain, lasciandoti un po' perplesso per il risultato frettoloso e raffazzonato. 
In quel caso pare che il motivo fosse stato un cambio di regia che da Freda era passato a Bava per il finale dato che c'erano stati degli screzi sul set. 
Qui invece tutto è in mano a Freda che forse stavolta si ispira al collega, ma probabilmente poteva andare meglio o perlomeno poteva evitare di finire in quel ridicolo involontario. 
Anzi sarà pure la stessa Barbara Steele che alla fine del film, il cui soggetto è stato "rubato" ad un racconto di Max Dave (pseudonimo di Pino Belli), la risata se la farà di gusto. 

giovedì 10 luglio 2025

MADONNA, LA REGINA DEL POP A NUDO

 Ci sono passate in tante, poco o per nulla vestite davanti ai fotografi all'inizio della carriera, mentre alcune come la nostra Sandra Milo avevano posato anche in non più giovane età giusto per dimostrare che belle lo si è sempre.

E alla regola non era sfuggita neppure Madonna nel 1979 quando, ancora sconosciuta, aveva fatto un servizio fotografico nuda. 
Fatto sta che nel 1985 Playboy aveva poi a sorpresa pubblicato quelle sue vecchie foto giocando sul testo di Like A Virgin con la frase "for the very first time". 
Ma la nostra amica, che in quegli anni stava cavalcando il suo successo alla grande, aveva sorpreso tutti dichiarando sul New York Post 

che non se ne vergognava e anzi, da lì a qualche anno dopo sarebbero arrivati anche quei suoi dischi come JUSTIFY MY LOVE,

ovvero erotismo schietto allo stato puro, e HUMAN NATURE con videoclip dal gusto BDSM, come a confermare che tutto faceva parte del SUO gioco e a guidarlo era stata sempre lei.

Altro che ragazzina in mano ai manager e vittima dei media. 
Anche per questo, senza ombra di dubbi, Madonna è sempre la regina del pop al di sopra di tante altre pretendenti al titolo. 

mercoledì 9 luglio 2025

I VAMPIRI (MA DI DRACULA NEANCHE L'OMBRA...)

 I Vampiri è un film italiano in bianco e nero del 1957 diretto da Riccardo Freda che in futuro userà anche lo pseudonimo di Robert Hampton per pellicole come L'ORRIBILE SEGRETO DEL DR. HICHCOCK.


I Vampiri lo si trova su Prime Video a noleggio oppure, se cercate bene sul Tubo, c'è una versione colorizzata dove ogni tanto tale colore sfarfalla un po', ma tutto sommato il risultato finale non è male perché l'immagine è anche più luminosa dell'originale. 
Film di scarso successo in Italia, mentre all'estero in particolare in Francia è diventato un mezzo cult, forse anche perché l'ambientazione è proprio parigina.

Nonostante il titolo i classici vampiri con canini e mantello non ci sono e manco i pipistrelli, ma si parla invece di gente che per restare giovane utilizza il sangue di giovani vittime quindi possiamo pensare che il riferimento vampiresco sia proprio quello. 
Inoltre incredibilmente non si vede colare nemmeno una goccia di sangue. 
La vicenda quindi più che horror è quasi un giallo con un giornalista che cerca la verità dietro alla sparizione di molte giovani donne. 
Bellissime sono le scenografie gotiche messe a disposizione dalla Titanus nei suoi teatri di posa e il film gode anche di un doppiaggio meraviglioso con voci date agli attori da gente come Emilio Cigoli e Pino Locchi.

Ma il vero punto di forza nel film, quello che fa la differenza e vale la pena di essere visto, ce lo ha messo Mario Bava, allora direttore della fotografia, ed è quell'effetto speciale dell'invecchiamento in scena su Gianna Maria Canale senza stacchi ottenuto grazie al bianco e nero del film e un trucco blu puffo sul viso dell'attrice con tracciate in rosso invece le rughe che simuleranno l'invecchiamento. 
Grazie alla miscelazione di altrettante luci colorate in blu e rosso, tali rughe rimangono nascoste alla visione finché non si cambia il colore della lampada. Ora so che a spiegarlo così a parole non è molto efficace quindi meglio vederlo nelle due scene del film, oppure spiegato proprio da Mario in questo VIDEO,


ed effetto che utilizzerà poi anche in La Maschera Del Demonio. 
Dopo la prima parte della mutazione che è a vista, comunque lo stacco poi c'è e la camera torna successivamente sull'attrice opportunamente truccata, mentre adesso tali risultati si ottengono molto rapidamente con il digitale come nel film UNA FAMIGLIA MOSTRUOSA, dove la giovane protagonista viene invecchiata per alcuni secondi,

ma tuttavia con il digitale ti accorgi che c'è sempre qualcosa di fasullo. 
Se poi pensi inoltre che era il lontano 1957, tanto di cappello eh? 

martedì 8 luglio 2025

ARRIVANO GLI SPARKS!

 Attenzione, o nostalgici del synthpop e del glam, poiché oggi 8 luglio al Teatro Degli Arcimboldi di Milano, patria del televisivo Zelig, arrivano per la prima volta in concerto in Italia i fratelli Ron e Russell Mael, ovvero gli statunitensi Sparks,


ben noti alla fine degli anni 70, oltre che per le canzoni, per quel look che ce li mostrava diametralmente opposti. 
Quelle loro canzoni invece hanno di loro caratteristiche molto originali, ma spesso anche dance

dato che hanno collaborato anche con il mago Giorgio Moroder per l'album N°1 I Heaven dove il singolo era BEAT THE CLOCK, e anche il successivo trainato invece da WHEN I'M WITH YOU,

senza dimenticare i brani che a tratti mostravano pure venature OPERISTICHE come il modo di cantare di Russell evoca (ispirazione, questa in particolare, dichiaratamente per Contessa di Ruggeri).

Anche adesso sono rimasti così diversi, ma un po' meno perché gli anni sono passati anche per loro e Ron oltre al baffetto da Charlot (per non dire altre somiglianze) porta gli occhiali, mentre Russell ha da tempo adottato un hairstyle meno voluminoso e ricorda un po' il nostro Renato Zero. 
Se aveste qualche ulteriore curiosità sugli Sparks (ed è sacrosanto averla) esiste un documentario su di loro diretto da Edgar Wright, che già solo per il fatto che sia sua la regia gli dà dei punti a favore, dal titolo The Sparks Brothers. 
Ah, si... quel Beat The Clock lo possiedo anch'io in versione maxi singolo dalla dinamica pazzesca. 

MP3, QUESTO SCONOSCIUTO

 Mentre ieri abbiamo goduto della grande vittoria di Jannik Sinner a Wimbledon, sono passati oggi ormai trent'anni esatti dalla nascita ...