Gabry Ponte, colui che ha nel mondo portato il verbo di Blue Da Ba Dee Da Ba Daa vendendo millemila copie finisce ultimo all'Eurovision Song Contest?
Apriti cielo!
Scherzi a parte, nel perculare l'Italia e i suoi stereotipi probabilmente è rimasto più simpatico il caffeinomane Tommy Cash che, tra l'italiano maccheronico e i suoi balletti sgangherati, si è preso il terzo posto presentando una performance dinamica e divertente, mentre Gabry, se ricordate, aveva portato uno show ben più corposo alla selezione di San Marino con tanto di ballerine trecciate e di rosso vestite che replicavano il videoclip sul palco,
ma è anche vero che là nella piccola repubblica erano in undici, cioè sette più le quattro ballerine, mentre qui a Basilea invece c'era quel limite delle sette persone presenti sul palco.
Il nostro venerato Lucio Corsi si è dovuto accontentare della quinta posizione, ma raggiunta onestamente senza "fumi e raggi laser" (cit. Battiato) e ricevendo anche i complimenti di Ed Sheeran per la sua canzone
(che il rosso musicista stia meditando un duetto?) presentata leggermente modificata rispetto all' esecuzione sanremese, ma sempre con quel look glam anni 70, un incrocio tra i Kiss e David Bowie.
Degli altri ne avevo già parlato QUI, perciò non sto a ripetermi, mentre per il vincitore, rappresentante dell'AUSTRIA, non ho commenti da fare se non che avevo trovato la sua canzone una delle più noiose presentate a Basilea. Certo dietro c'è tutto un messaggio di sofferenza e poi il fatto che un uomo canti così come un contralto-soprano ha fatto sicuramente effetto, senza dimenticare che la canzone in tv è stata presentata in bianco e nero e si sa che, quando nel cinema vuoi fare il regista figo, devi fare una pellicola dal sapore vintage perlomeno a prima vista, come, per dire, Paola Cortellesi con C'È ANCORA DOMANI.
Ma è un attimo che, anche con il bianco e nero, finisci invece a fare una nuova Corazzata Kotiomkin e ti prendi quei famosi
che forse, secondo il rag. Fantozzi Ugo, non definiscono esattamente un capolavoro...
Continua il super maxi ponte, maxi tipo come quello che vorrebbe Salvini e che invece da Pasqua ci porta fino al Primo Maggio passando per il Giorno Della Liberazione del 25 aprile dove oggi butto lì Sconfort Zone, nuova serie su Prime Video con Maccio Capatonda, che fa quello che dice, cioè mette in una zona opposta alla classica comfort zone, ma il fatto è che ci mette lo spettatore stesso.
E forse questo non è esattamente un bene poiché si parte scherzando su un hospice dove vengono ricoverati i malati terminali e sul quale in effetti ci trovo poco da ridere.
Se non ho smesso la visione è solo perché da Maccio (che francamente non è il mio comico preferito, ma tutti ne parlano così bene...) mi aspettavo dell'altro che forse doveva arrivare, ma anche quando più avanti arriva non è che siamo al meglio della forma con una comicità che arranca a fatica cercando di farti sorridere sullo sgradevole.
Ma nel mio caso non è accaduto.
Cioè, anche Fantozzi, di cui ho parlato DI RECENTE per i 50 anni dell'uscita del primo film, era comicità sgradevole perché perculava un perdente e la sua famiglia, ma faceva ridere anche se con un po' di tristezza dentro.
Qui l'atto del ridere invece per me qui viene forzato, non naturale e liberatorio come invece dovrebbe essere.
Boh, saranno questi maledetti tempi che cambiano, ma secondo me stavolta non ci siamo.
Per arrivare a timbrare il cartellino d'entrata alle 8 e 30 precise, Fantozzi sedici anni fa cominciò col mettere la sveglia alle 6 e un quarto: oggi, a forza di esperimenti e perfezionamenti continui, è arrivato a metterla alle 7:51... vale a dire al limite delle possibilità umane! Tutto è calcolato sul filo dei secondi: cinque secondi per riprendere conoscenza, quattro secondi per superare il quotidiano impatto con la vista della moglie più sei per chiedersi come sempre senza risposta cosa mai lo spinse un giorno a sposare quella specie di curioso animale domestico, tre secondi per bere il maledetto caffè della signora Pina tremila gradi Fahrenheit! -, dagli otto ai dieci secondi per stemperare la lingua rovente sotto il rubinetto, due secondi e mezzo per il bacino a sua figlia Mariangela, caffellatte con pettinata incorporata, spazzolata dentifricio mentolato su sapore caffè, provocante funzioni fisiologiche che può così espletare nel tempo di valore europeo di sei secondi netti. Ha ancora un patrimonio di tre minuti per vestirsi e correre alla fermata del suo autobus che passa alle 8:01. Tutto questo naturalmente salvo tragici imprevisti...
E imprevisti che da quel 27 marzo del 1975 vedremo finalmente sul grande schermo del cinema per dare inizio ad una saga che per anni ci ha fatto ridere con Paolo Villaggio nei panni e baschetto del suo personaggio più famoso, il ragionier Ugo Fantozzi.
Certo i primi due episodi, gli unici diretti da Luciano Salce, sono senza dubbio i migliori della serie per quel gusto amaro delle situazioni comiche che ti fanno ridere, si, ma sotto sotto mettono dentro anche tanta tristezza.
Perlomeno questo era stato il sentimento che avevo provato io nella sala del cinema di seconda visione quando ho visto questo primo tragico Fantozzi finire nell'acquario dove nuotano i dipendenti dell'azienda dove lavora, non prima di aver subito le peggiori umiliazioni rivolte a lui e alla sua famiglia.
Francamente non sono sicuro che un film come questo, se uscisse adesso dove si sta attenti a non dire mai una parola sbagliata per non offendere qualcuno, potrebbe passare appunto le rigide regole della censura.
Difatti lo fa notare anche Alessandro Cattelan che sono anni che al cinema non si ritrova più a sganasciarsi dalle risate senza freni perché qualcosa è cambiato e probabilmente in peggio.
Ma, per fortuna all'epoca non si badava a certe sottigliezze paracule e veniva portato sullo schermo tutto, ma proprio tutto senza mezzi termini.
Inoltre era stata azzeccata la scelta degli attori comprimari da Gigi Reder (Filini) ad Anna Mazzamauro (la signorina Silvani), da Liù Bosisio, sostituita nel secondo episodio da Milena Vukotic come signora Pina, a Plinio Fernando (Mariangela).
Compreso lui, il ragionier Ugo con il volto di Paolo Villaggio che in passato si era divertito a mettere in giro una leggenda fake che voleva Ugo Tognazzi e Renato Pozzetto come le prime scelte del casting, cosa poi smentita da lui stesso.
Perché Paolo era fatto così, una vera canaglia, e mai ce ne sarà uno uguale, burbero, cinico e anche un po' bastardodentro.
Anzi, racconta Renato Pozzetto che al previsto debutto di Paolo al Derby di Milano dove l'attore era andato a chiedere di esibirsi perché aveva bisogno di denaro, Villaggio lì per lì non si presentò (pare che avesse già intascato l'anticipo) e lo andarono a prendere lui, Cochi ed Enzo (Jannacci) di forza dove alloggiava per scaraventarlo sul palco.
Oggi purtroppo si parla di un'altra grande perdita perché è mancato Bruno Pizzul ad 86 anni, una delle voci del calcio più caratteristiche di sempre, tanto che gli sono state fatte parecchie imitazioni (Nicola Savino, Neri Marcorè, Pintus) sfruttando quelle sue frasi ricorrenti tipo "tutto molto bello", "sono sotto di un goal" con quella sua cadenza particolare.
Saltuariamente ha commentato anche altri sport ma il calcio è stato quello principale anche perché aveva iniziato da ragazzo proprio come calciatore
e l'eredità quella del commentatore l'ha poi ricevuta come successore di Nando Martellini.
Nella sua carriera Bruno con quel suo sorriso bonario ha condotto anche La Domenica Sportiva ed ha partecipato a diversi programmi sportivi, e qualche volta lo abbiamo visto anche al cinema fare dei camei in pellicole come L'Arbitro,
film con Lando Buzzanca e (si, avete letto bene nel poster) Joan Collins quella di Dynasty (ricordiamo che l'attrice era apparsa anche nell'EPISODIO di Attenti A Quei Due mai andato in onda sulla Rai), e Fantozzi - Il Ritorno.
Un'altra particolarità su Bruno a cui ho dedicato queste due righe digitali di oggi, è che, finché ha potuto, si è sempre spostato in bicicletta per le strade di Milano dove abitava e lavorava.
Sono davvero molto amareggiato nell'apprendere che Richard Tandy, tastierista della ELECTRIC LIGHT ORCHESTRA, non è più tra noi.
Richard (nella foto qui sopra è quello nell'angolo in alto con la camicia rossa che si intravede sotto la giacca) era uno degli elementi che sono sempre rimasti nella formazione durante i lunghi anni inseme a Jeff Lynne, dopo gli snellimenti come la perdita del barbuto trio di archi che nella foto c'è ancora e del quale rimarrà solo il violinista Mik Kaminski, e anche nelle recenti reunion.
L'Orchestra Della Luce Elettrica è stata uno dei miei punti fermi nella formazione musicale anche perché per molte cose si sentiva l'influenza dei Beatles di cui il leader Lynne era grande fan e anche collaboratore avendo lavorato con George Harrison.
Kitsch come i loro spettacoli live, li ho amati a tal punto da farmi piacere persino XANADU, il film con OLIVIA NEWTON JOHN e Michael Beck dove hanno curato metà della colonna sonora e che da tutti è considerato al pari della Corazzata Kotiomkin di Fantozzi, ma, appunto, in versione kitsch.
Richard, che aveva 76 anni aveva fondato la E.L.O. insieme a Jeff e Roy Wood che uscivano dal progetto The Move e da allora con le sue tastiere ha sempre lavorato duro sia dal vivo che in sala di registrazione, dove Jeff amava sottolineare che Tandy (il quale in altri contesti suonava anche il basso ed aveva poi avuto anche un paio di dischi solisti) era sempre l'ultimo ad andare via a causa della grande passione che metteva nel suo lavoro.
Qui nel video di CONFUSION lo vediamo suonare sul piano synth Yamaha in quell'album del 1979, Discovery, che era stato il top delle vendite nella storia della band... pardon... Orchestra.
Altro addio musicale riguarda Duane Eddy,
86 anni, chitarrista americano famoso negli anni 60 per l'arrangiamento di parecchie cover secondo la sua particolare tecnica chitarristica di cui quella più famosa è Peter Gunn Theme di Henry Mancini (colonna sonora di una serie tv) che si ascolta anche nel film The Blues Brothers, ma anche riveduta e corretta negli anni 90 con Duane Eddy stesso dagli ART OF NOISE. E passando dai fratelli Blues, per il cinema dobbiamo dare l'addio a Bernard Hill, 79 anni, che James Cameron ci aveva fatto conoscere nei panni del Capitano del TITANIC, mentre poi Peter Jackson gli ha messo addosso i panni regali e sfarzosi di Re Theoden Ednew
nel secondo e terzo film del Signore Degli Anelli.
Infine, per quanto non sia più un assiduo lettore di libri (ma tanto tempo fa... in questa galassia lontana lontana divoravo Urania e Salgari), segnalo anche la scomparsa di Paul Auster a 77 anni per un cancro ai polmoni.
Paul era l'autore della nota Trilogia Di New York composta da tre romanzi che sono Città Di Vetro, Fantasmi e La Stanza Chiusa, dei quali il primo era stato anche adattato in una graphic novel.
Era Ora è il nuovo film su Netflix con Edoardo Leo dove viene raccontata una storia un po' simile a Ricomincio Da Capo mixata con Cambia La Tua Vita Con Un Click.
Leo qui è un uomo così preso dal lavoro da far passare in secondo piano il tempo da trascorrere in famiglia e non è tutta fantasia questa perché conosco davvero persone che vivono così (male).
Capita però che la sera del suo compleanno un desidero gli cambia la vita e da allora ogni mattina si risveglia sempre un anno dopo senza ricordare nulla di quanto accaduto prima,
nel senso che il giorno dopo trova sua moglie incinta, quello successivo la bambina è già nata e così via con la figlia che cresce giorno dopo giorno di un anno e anche una crisi coniugale che sta venendo a galla.
Siamo ancora una volta nel campo dei remake poiché il soggetto è quello di un recente film australiano, Come Se Non Ci Fosse Un Domani - Long Story Short, ma, specie il finale, viene modificato in meglio e a chi dice che Edoardo Leo nei film è sempre uguale a se stesso (vero, eccetto in NON CI RESTA CHE IL CRIMINE) io rispondo che anche Paolo Villaggio portava in scena sempre lo stesso personaggio con nomi diversi eppure piaceva proprio per quello.
50 anni fa veniva pubblicato il primo libro di Fantozzi firmato da Paolo Villaggio, mancato 4 anni orsono, e da allora il mondo non è stato più lo stesso.
Per la verità il vero grande botto sarà qualche anno dopo con il primo film diretto da Luciano Salce, ma se il libro non avesse avuto quel potenziale al suo interno, di cui si resero conto tutti quelli che cominciarono a leggerlo, non avremmo avuto quella saga cinica e un pochino bastardadentro che tutti conosciamo. Per me i migliori restano i primi due film assolutamente perfetti, poiché tutti i seguiti diventavano man mano che andavano avanti un po' più allineati alla commedia più grossolana alla Boldi. Mentre nei primi due ridevo, si, ma ridevo con un retrogusto amarissimo che poi si è perso per strada. Dalle disavventure di Ugo Fantozzi sono nati dei modi di dire indissolubili tipo "mostruoso, vadi, cagata pazzesca" e scene culto come l'autobus preso al volo, che conosce anche chi non ha mai visto i film (improbabile), cosa che davvero ormai accade di rado in un cinema fatto con molto meno amore e invece più con l'occhio come Zio Paperone, con il simbolo del dollaro (o euro) stampato dentro. Ma a sua volta Fantozzi era un'evoluzione del personaggio televisivo Giandomenico Fracchia (di cui arriveranno anche un paio film negli anni 80 per cui lo vedremo anche contro Dracula) sottomesso al suo capo con il volto di Gianni Agus e lo ricordiamo tutti seduto scomodo su quella famosa poltrona - sacco, mentre nel libro invece era uno dei colleghi, le cui caratteristiche verranno ereditate e fuse insieme nei film con quelle del ragionier Filini. Evoluzione perché Fantozzi era si anche lui un ragionerie sottomesso di cui se ne approfittavano tutti, ma ogni tanto mostrava quel guizzo di ribellione che il suo collega invece non aveva. Ovviamente concludo celebrando Ugo Fantozzi, e naturalmente Paolo Villaggio, con i canonici 92 MINUTI DI APPLAUSI...