Anche oggi si parla di musica perché diamo l'ultimo saluto a Cissy Houston, 91 anni e mamma di Whitney,
nonché ottima cantante pure lei che aveva cominciato negli anni 60 con The Sweet Inspirations, un quartetto tipo The Supremes di Diana Ross con le quali arrivò ad esibirsi anche sul palco di Sanremo.
Non l'Ariston però, perché all'epoca il Festival si teneva nel Salone Delle Feste del Casinò e avevano cantato in un italiano approssimativo BACI BACI BACI, canzone presentata anche da Wilma Goich perché era l'epoca della doppia versione. Quell'anno, per la cronaca, aveva vinto Zingara cantata nelle due versioni da Iva Zanicchi e dal mio amico Bobby Solo, il nostro Elvis all'italiana.
Anzi, a proposito di Presley, saranno loro ad accompagnare il King del rocknroll in circa mille date dei suoi concerti.
Dopo il quartetto, che all'inizio comprendeva anche la nipote Dionne Warwick, Cissy ha portato avanti per un po' una carriera nel soul/gospel finché non è subentrata la figlia a marchiare a fuoco in maniera indimenticabile il mondo della musica pop.
Sempre in tema di musica, colgo l'occasione per ricordare anche la scomparsa di Farida,
cantante che negli anni 80 gravitava nel giro di Renato Zero e con il personaggio della "Donna" lo aveva accompagnato nel suo Ero Zero Tour del 1979, quello con la carrozza trainata dai cavalli bianchi.
Additatemi pure come blasfemo, ma la canzone che mi piace di più in questo periodo è GOOD LUCK, BABE! di Chappell Roan
che avete senz'altro sentito e notato alla radio perché così bizzarra, la canzone ed anche lei di brutto con quei costumi esagerati un po' stile Madonna/Cyndi Lauper degli anni 80 e un po' principessa che non ti fanno certo passare inosservata.
Qui nel VIDEO LIVE invece la vediamo chiusa dentro ad una comoda (?) armatura medievale. Nonostante però sia un nome nuovo per il sottoscritto, la ragazza, ventiseienne del Michigan, ha all'attivo già diversi singoli riuniti poi nel suo primo album uscito lo scorso anno, ma solo con questa nuova canzone, che preannuncia un nuovo lavoro che stavolta sarà in mano al solo Dan Nigro come produttore, è arrivata nelle radio italiane forse perché è una canzone all'apparenza spensierata.
Dal lato opposto della medaglia invece oggi ci metto Pharrell Williams,
il direttore creativo di Louis Vuitton nonché musicista che in passato si è mostrato geniale e pure un po' paraculo quando ha cantato Happy per Cattivissimo Me (e c'è tornato anche per il quarto capitolo), ma stavolta, lontano dalle colonne sonore, ha tirato fuori PIECE BY PIECE, una roba che a sentirla mi fa venire un nervoso... Ma se mi dite che è genio anche questo allora mi adeguo anche se non capisco, come diceva Maurizio Ferrini in casa di Renzo Arbore.
Già in passato ho parlato di donne nello spazio, e oggi sto pensando che quell'11 ottobre dell'orwelliano 1984 non sarà facile da dimenticare per Kathryn Sullivan
poiché mentre noi, chi con Schott e Timberland e chi dinerovestito come i dark, ci ascoltavano i dischi dei Cure, Depeche Mode, Smiths, Echo & The Bunnymen, l'appena pubblicato The Unforgettable Fire degli U2 e stavamo aspettando che i Duran Duran tirassero fuori The Wild Boys, lei se ne stava stava lassù nello spazio a galleggiare bella bella come se niente fosse.
Era lei infatti un membro dell'equipaggio dello Shuttle e in tale frangente ebbe l'occasione per fare una passeggiata extraveicolare di più di tre ore diventando così la prima donna statunitense a fare tale attività (ma i Russi c'erano già arrivati pochi mesi prima e l'ho raccontato QUI), cosa che, ad uno con sempre i piedi piantati su questa benedetta terra, davvero riesce difficile immaginare che effetto possa fare.
Chissà se Kathryn si è emozionata come Jennifer Lawrence in Passengers e le è scappata una lacrimuccia (cosa che nel film succede con un evidente errore poiché la lacrima non colerebbe giù per la guancia, ma vabbè...).
A dirla tutta se al suo posto ci fossi stato io forse mi scappava altro che una lacrimuccia, ma piuttosto qualcosa di molto meno romantico che sarebbe rimasto con me lì dentro la tuta... Ehm!
Una curiosità è che Kathryn ha sperimentato anche la direzione opposta essendo la prima donna ad essere scesa nella Fossa Delle Marianne.
Mica male eh?
Altro che i film di fantascienza scrausi che ci becchiamo sulle piattaforme, magari attirati da un'immagine accattivante (uh, quante volte) o da Bruce Willis messo lì in primo piano, ma che poi dice due battute e ciao per i suoi ormai ben noti problemi di afasia.
Adesso la Kat ha i suoi bei 73 anni e certe cose non le fa certamente più, ma sicuramente ne avrà tante da raccontare...
Di solito un trailer viene montato giustamente ad hoc per farti credere che un film ciofeca sia bellissimo, e infatti quante volte ci sono rimasto fregato; anzi, capita anche che nel trailer ci siano scene fatte apposta per quello e che poi nel film non vedrai, come succede in due famosi titoli del momento di cui tanto si sta parlando e uno dei due è il nuovo Joker.
Stavolta nel caso di Citadel: Diana, lo spinoff italiano che esce oggi della SERIE ACTION del fratelli Russo (bella, ma non priva di qualche difetto di lungaggine) che avevo visto un anno e mezzo fa su Prime Video, pare che succeda il contrario perché ho visto un TRAILER così brutto per com'è recitato che non mi viene per niente voglia di vedere la serie se non per le scene action badabum! Oppure questo è davvero il meglio che sono riusciti a fare per un trailer? Altro brutto segno allora.
Lo dico con tutto il rispetto per Matilda De Angelis che è bellissima anche con i capelli sbilenchi, ma già in quei brevi spezzoni la ragazza recita bofonchiando secondo la scuola corrente di recitazione italiana e questo proprio non lo reggo.
No, grazie.
Oppure, se la guarderete, provate a farmi cambiare idea dicendo che è un capolavoro, un po' come Berlino de La Casa Di Carta nello SPOT della macchina che chiede di farsi convincere a comprarla (citazione di una scena di The Wolf Of Wall Street).
Ma io non sono Berlino e non sono sicuro di potervi credere.
Oggi c'è posta per voi, nel senso che è il 9 ottobre ed è la Giornata Mondiale Della Posta, ricorrenza riferita alla data della firma del trattato di Berna che sanciva la nascita appunto del servizio postale ben 150 anni fa.
E in effetti sono tanti anni durante i quali la posta si è evoluta, ma mai soppiantata dai moderni servizi di messaggistica.
Certo non è forse più usanza ormai quella di scriversi una cartolina quando vai in vacanza perché fai molto prima a mandare una foto selfie su WhatsApp per far rodere subito il fegato a chi è rimasto a lavorare, ma, per esempio, appunto in ambito lavorativo, tale posta si è modernizzata diventando elettronica (ora pure certificata PEC) come nel film del 1998 C'è Posta Per Te con Tom Hanks e Meg Ryan (Maria De Filippi arriverà molto dopo) dove i due protagonisti acerrimi rivali in affari sono invece innamorati via Mail, ma in incognito.
Storia che poi è un remake del vintaggio film in bianco e nero del 1940 Scrivimi Fermoposta con James Stewart, il cui titolo originale però era The Shop Around The Corner.
Posta non elettronica, ma decisamente più tradizionale e che prende al cuore quella invece che porta in scena nel 1994 Il Postino di Michael Radford con Massimo Troisi, Philippe Noiret e Maria Grazia Cucinotta, mentre diventa comica con Claudio Bisio in Benvenuti Al Sud del 2010,
film in cui divide la scena con Alessandro Siani nell'unica volta che ho apprezzato l'attore napoletano in un film.
Post (scusate il gioco di parole) apocalittico invece è lo scenario di The Postman che in italiano conosciamo come L'Uomo Del Giorno Dopo,
con Kevin Costner in un film che però ha floppato al botteghino subito dopo l'altro fiasco dell'attore con Waterworld.
La situazione postale si può fare anche piccante con Il Postino Suona Sempre Due Volte, più noir in versione originale del 1946 e più pepata nel remake del 1981 con Jack Nicholson e Jessica Lange, come mostra la locandina originale piuttosto esplicita.
E direi che anche per oggi ho "postato" abbastanza...
A volte per un titolo simile vai a prendere un granchio e mi è capitato infatti con La Coppia Quasi Perfetta, serie british che ho cominciato a guardare pensando che fosse La Coppia Perfetta,
quella con Nicole Kidman (sono infatti entrambe su Netflix).
Sapevo che nella vicenda c'era un morto di mezzo e infatti anche in quest'altra serie il cadavere c'è, ma la situazione è completamente diversa, molto pesante e cupa, che parte da uno spunto fantascientifico di trovare il partner perfetto tramite un test del DNA (magari funziona, chissà, fra tante minchiate che i cervelloni si inventano) e qualche sospetto mi è venuto quando alla fine del primo episodio di Nicole non c'era ancora traccia.
Mi faceva anche un po' specie sentire in una scena la canzone di Janelle Monae, MAKE ME FEEL, che è una chiara e completa ispirazione a Prince (non è plagio perché fanno questi pezzi ispirati ad altri anche Bruno Mars e The Weeknd), e che era del 2018, e infatti la serie che stavo guardando, il cui titolo originale è The One, scoprirò più tardi che era del 2021 perciò di poco più vecchia della canzone, però, essendo il brano anche nello spot della nuova BMW, non mi risultava poi così vintage. Alla fine però i conti chiaramente non mi tornavano lo stesso, al che ho realizzato di aver sbagliato tutto e sono andato a cercare la serie giusta.
Se in quella che avevo appena visto i colori erano cupi, in quella giusta si va ad una scelta cromatica diametralmente opposta con tanto sole cuore amore (ciao Valeria Rossi), mare sapore di mare (ciao compianto Little Tony), spiaggie deserte ed assolate
(non proprio deserte, ma ciao Renatì) e il primo episodio prende benissimo fino alla fine quando salta fuori il cadavere.
Peccato che in seguito, dal secondo episodio ci sia una bella tirata di freno a mano e le cose di fanno un po' più barbose facendo scendere di brutto l'indicatore personale di interesse.
Eh ma è la regola delle serie tv ormai quella di allungare il brodo per mettere insieme il blocco di episodi (o forse è già così il libro?), mentre per Dieci Piccoli Indiani, il film del 1945 tratto dal romanzo di Agatha Christie da cui la storia prende spunto, stava nelle due ore (97 minuti per la precisione) come il remake del 1974 (... E Poi Non Ne Rimase Nessuno) e quello del 1989 con Donald Pleasence, e funzionavano benissimo, come anche la recente miniserie tv del 2015 in soli tre episodi.
Eh, ma adesso è così, anzi se il film uscisse adesso ti beccheresti almeno due ore e mezza di polpettone che sennò non ne vale la pena.
Che tempi!
Ma sai che a sto punto forse torno a guardare la serie sbagliata?
Tornando per la quarta volta nei panni di Axel Foley dopo il (pure quello) moscio terzo capitolo nonostante fosse diretto da John Landis (ma lo sappiamo che il nostro regista non ha una grande fortuna con i sequel), stavolta il nostro amico ha il duro compito di riallacciare i rapporti con la figlioletta alla quale, quando era piccola, insegnava come liberarsi dalle manette e uscire dal bagagliaio di una macchina, mentre adesso è cresciuta, fa l'avvocato ed è totalmente in rotta con suo padre.
Tale missione di riconciliazione alla fine pare essere molto più dura di quella in cui si trova Axel tra poliziotti corrotti e brutta gente dove una menzione particolare va a Kevin Bacon ormai abbonato ai ruoli da stronzo.
Torna il suo amico e collega Billy Rosewood (un Judge Reinholds devastato dalla chirurgia che pare di vedere Mickey Rourke) incastrato in una faccendaccia brutta brutta, e anche Taggart
interpretato da John Ashton che è mancato purtroppo lo scorso settembre a 76 anni e già nel film si vedeva che non era in una forma perfetta.
Già che siamo in tema di addii apro una parentesi e aggiungo anche un ultimo saluto a Lea Pericoli,
89 anni e campionessa italiana di tennis, dopodiché passata ad essere conduttrice e giornalista sportiva.
È mancato a 28 anni anche Sammy Basso, affetto da quella sindrome che fa invecchiare precocemente tutto il corpo tranne il cervello e infatti aveva conseguito ben due lauree.
Il suo traguardo dell'età è anche eccezionale dato che di solito le persone affette da tale sindrome hanno un'aspettativa di vita che si aggira intorno ai 13 anni.
Chiudo così la parentesi e torniamo rapidamente al film di oggi dove si aggiunge alla scena Joseph Gordon-Levitt nel classico schema dei due che inizialmente non si sopportano, ma poi collaborano, ed è grande questa scena sull'elicottero.
E poi la musica dove non manca il tema Axel F in un deja vu che pare quello che abbiamo già vissuto con tante scene di Top Gun - Maverick, forse perché alla produzione, dopo un'infinità di tira e molla dal 2009, c'è sempre Jerry Bruckheimer che per me è già una garanzia.
Anche qui l'inizio è molto simile con The Heat Is On di Glenn Frey e, se non fosse per gli attori che ormai hanno sul volto stampato il peso degli anni, parrebbe di essere tornati negli anni 80.
Piccola curiosità: nel 2012 era stato realizzato un pilot di una serie tv dove sarebbe stato protagonista il figlio di Axel Foley e dove sporadicamente doveva apparire anche Eddie Murphy, ma poi tutto venne accantonato per divergenze tra Eddie e la produzione e l'episodio non venne mai trasmesso.
Solo di recente ho sentito dire che è stato pubblicato online, ma non sapevo su quale piattaforma o sito.
Al che ho pronunciato la famosa frase "Al mio segnale... scatenate le ricerche!" ed eccolo infatti che c'è bello bello su YouTube in lingua originale, ma preferisco non mettere nessun link per non rischiare la disavventura dell'amico CASSIDY.
Mentre si festeggiano i 100 anni della radiofonia italiana che apriva i battenti proprio il 6 ottobre, ma del 1924, in questo modo: «URI (Unione Radiofonica Italiana). 1-RO: Stazione di Roma. Lunghezza d'onda metri 425. A tutti coloro che sono in ascolto il nostro saluto e il nostro buonasera. Sono le ore 21 del 6 ottobre 1924. Trasmettiamo il concerto di inaugurazione della prima stazione radiofonica italiana per il servizio delle radioaudizioni circolari. Il quartetto composto da Ines Viviani Donarelli, che vi sta parlando, Alberto Magalotti, Amedeo Fortunati e Alessandro Cicognani, eseguirà Haydn dal quartetto "Opera 7", I e II tempo.», la sfida fra Rai 1 con Affari Tuoi, il gioco dei pacchi e la Nove dove Amadeus ha riesumato I Soliti Ignoti con un altro titolo è per ora vinta da Stefano Di Martino che ha preso in mano il gioco ereditato proprio da Amedeo Sebastiani.
Quindi per l'ex dj si tratta di un flop?
Personalmente io continuo a preferire il gioco dove devi indovinare le identità perché l'altro non l'ho mai trovato così appassionante essendo solo una questione dove conta la fortuna di beccare il pacco giusto.
Un po'come The Wall con Gerry Scotti dove hai un bel daffare a dire "a destra a sinistra" ad una palla che scende giù senza nessun intervento umano e nel frattempo cerchi di non sentirti un perfetto deficiente.
Ma pensiamo bene a come funziona la tv per l'utente medio.
I pacchi seguono il traino del TG1 che continua ad essere seguitissimo, e quell'utente medio è notoriamente pigro perciò lascia la tv sintonizzata su quel canale, mentre la Nove non ha notiziari per cui se vuoi vedere il programma di Amadeus devi andare lì apposta.
Inoltre su Canale 5 c'è anche Striscia La Notizia che segue a ruota il TG5.
E ancora, la Rai pubblicizza il gioco ovunque sulle sue reti, mentre la Nove lo fa solo sulla stessa rete e su Real Time che è diventata sempre della Warner Bros., perciò ha molta meno visibilità a meno che tu non sia un assiduo spettatore di quelle due reti e so per certo che non è così, eccezion fatta per Fabio Fazio che, nonostante il trasloco, ha continuato ad avere una fetta di pubblico fedele seppure anche lì più ristretta di prima.
Di buono c'è che sulla Nove c'è meno ansia da prestazione per lo share, quel maledetto parametro che sulle reti ammiraglie, dove vivono solo per quello, fa protrarre i programmi fino ad orari impossibili.
Per ora è così e, come cantavano gli Asia, il supergruppo degli anni 80,ONLY TIME WILL TELL che è sempre un pezzo favoloso da riascoltare o da scoprire se non lo conoscete.
Nel titolo del post ho parafrasato un assioma che spesso viene usato riferito a Benito Mussolini (e anche titolo di un libro di Francesco Filippi), perché sarò un ingenuo, uno che di musica non capisce una mazza, un ottimista a tutti i costi, ma non condivido davvero tutto questo accanirsi dei critici musicali contro Katy Perry e il suo nuovo album 143.
Premetto che un suo disco per intero non lo avevo mai ascoltato fino ad ora, cioè nel senso che finora mi ero basato sui singoli che passava la radio e che per me erano tutti delle hit con tutte le cosine a posto.
Un compendio generale sulla cantante l'avevo avuto durante il suo PRISMATIC WORLD TOUR dove un grande impianto scenico cercava di sopperire alle qualità vocali non proprio eccelse di Katy, mentre la sua diretta avversaria Lady Gaga ha pienamente dimostrato che anche dal vivo ha i numeri, e che numeri.
Nonostante quelle mancanze, lo spettacolo era stato di mio gradimento perché comunque riesco a capire quando una canzone realizzata in studio con cura maniacale tra effetti e sovraincisioni poi dal vivo sia difficile da far rendere in maniera identica, per cui preferisco un'esecuzione meno fedele all'originale piuttosto che il PLAYBACK USATO DA MADONNA, e Katy in quel tour sono sicuro che non lo usava.
Secondo le critiche negative, 143 (titolo che si riferisce ad un modo in codice di scriversi I Love You di quando i display dei telefonini erano microscopici) presenta un pop ormai datato fermo agli esordi di Katy, che infatti ha richiamato per parte del disco lo stesso produttore di allora.
Ma questa si può chiamare invece coerenza dato che altri artisti, tipo i Coldplay, ma lo stesso mostro sacro Bob Dylan ai suoi tempi, per non parlare di NEIL YOUNG ROBOTICO, sono stati accusati di aver cambiato le carte in tavola facendo dischi che non rispettavano più il genere al quale erano legati.
Legati? Ma scherziamo?
Cioè un artista deve fare dischi per compiacere il pubblico e poi se lo fa lo si accusa di essere ripetitivo?
Insomma, mai contento sto pubblico o i giornalisti.
Beh Katy Perry in questo disco non fa che ripetere gli stili, gli arrangiamenti i temi che ha portato avanti finora, perciò cosa c'è di male?
Ok, non sarà certo un capolavoro, ma per esempio il singolo WOMAN'S WORLD ha un bel tiro radiofonico e pecca forse solo per essere un po' tanto stile Lady Gaga, ed è accompagnato da un videoclip pazzesco che trasuda erotismo da tutte le parti e che ad un certo punto, giuro, cita addirittura una foto così.
Di vero c'è che altre cose invece sono abbastanza noiose come I'M HIS, HE'S MINE che è una rilettura dichiarata di Gypsy Woman di Crystal Waters, canzone che già nella sua versione originale reggevo veramente poco, ma lei forse ci confida parecchio perché è uscita a settembre come terzo singolo, anche qui supportata da un video ad alto tasso ormonale.
Forse tale remake col testo cambiato non è tanto gradito nemmeno a Manuel Agnelli che durante le AUDIZIONI di X-Factor ha regolarmente criticato tutti quelli che presentavano cover con il testo modificato/rinnovato.
Dall'altra parte invece vi ho trovato con piacere un bel po' di canzoni fresche, gradevoli come per esempio ALL THE LOVE, dove certi passaggi mi hanno ricordato lo stile di Annalisa, la nostra pop star che quest'anno ha messo in riga tutti, il che probabilmente dimostra che la cantante ligure non ha nulla da invidiare alle star internazionali come Katy, la multitasking Lady Gaga e la super osannata TAYLOR SWIFT.
Anzi, a proposito di Annalisa, che lo scorso marzo aveva incontrato Katy a Los Angeles, qualcuno ha fatto notare molta somiglianza fra le copertine dei loro dischi.
Copertine che tra l'altro, nel caso della cantante americana, cambiano a seconda dell'edizione che acquistate se siete ancora amanti dei vinili, mentre io invece ho optato per la versione digitale standard, certo meno stilosa, ma più pratica.
Insomma, siamo a conoscenza che Katy Perry ha passato i suoi brutti momenti di depressione durante i quali ha lasciato momentaneamente il mondo discografico, salvo rare featuring ogni tanto, e dedicandosi ad AMERICAN IDOL dove per diverse edizioni ha fatto la giudice presentandosi anche con outfits decisamente originali,
ed ora ci riprova e per farlo fa quello che sa fare meglio, cioè la pop star leggera leggera.
Magari, chissà? sarà il caso come per quella famosa RECENSIONE NEGATIVA su The Unforgettable Fire degli U2 passata alla storia di cui avevo parlato pochi giorni fa QUI?
So solo che adesso che mi sto preparando me lo riascolto per l'ennesima volta il disco di Katy Perry mentre macineró qualche chilometro (ha il mood gusto), ma a piedi che le cuffiette in bici non si devono usare mai perché è pericolosissimo, eh!
Abbiamo un grosso problema con The Penguin, la nuova serie spinoff di THE BATMAN, il film con Robert Pattinson nella parte dell'uomo pipistrello.
Vale a dire che il Pinguino che vediamo qui non è il Pinguino che dovrebbe essere o che ci si aspetta.
Da quando Nolan ha preso in mano la saga del Cavaliere Oscuro, c'è stato un continuo cercare di rendere reale tutto quello che circondava l'eroe dark dei fumetti cercando di far dimenticare quella serie tv multicolor degli anni 60 così simile ad un cartone animato di Hanna & Barbera che, in effetti, si distaccava parecchio dall'odierna rappresentazione grafica del vendicatore alato della DC.
E allora vai con tanto nero, colori cupi, pesantezza, e queste cose già si sentivano nel film dello scorso anno.
Qui siamo invece arrivati davvero a toccare il top del realismo a tutti i costi e Gotham adesso è una metropoli come tante con criminali come tanti.
Anzi, Oswald Cobblepot (che si fa chiamare Oz) è uno come tanti perché ha pure un'origine completamente diversa, cioè non è più quel figlio deforme rifiutato dai suoi aristocratici genitori, ma è un gangster sfregiato,
sovrappeso, più simile a Tony Soprano che al personaggio che invece Danny DeVito aveva portato in scena in Batman Returns grazie a Tim Burton che già virava sul dark, ma con tanta fantasia bizzarra (pure fetish, diciamolo), e dove Michael Keaton si divideva la scena con Christopher Walken ed una indimenticabile e insuperabile (come il tonno, ma meglio) Michelle Pfeiffer.
Ecco, il problema è che la serie, se si fosse intitolata in un altro modo, magari poteva anche funzionare, ma se vuoi collegarla a tutti i costi con Batman (che tra l'altro viene nominato di striscio solo due o tre volte) allora non ci siamo.
Sembra quando, dopo il successo di Alvaro Vitali con il personaggio di Pierino, i distributori tirarono fuori un film che era già lì pronto dove Pierino non c'entrava nulla ma nel titolo misero lo stesso nome di Pierino al personaggio solo perché c'era Alvaro protagonista.
Certo possiamo apprezzare lo sforzo di Colin Farrell sotto il pesante makeup per interpretare un personaggio completamente diverso da com'è lui in realtà, ma anche quella parlata che gli dà (in originale e anche nel doppiaggio di Fabio Boccanera, fratello della Laura che ha prestato spesso la sua voce alla BELLUCCI) contribuisce a distaccare il personaggio dalle intenzioni originali.
Potrei anche apprezzare personalmente il fatto che nel cast c'è Cristin Milioti (l'adoro), ma peccato che questo non basti per cambiare le carte in tavola.
E a questo punto, con tutto il rispetto per Burton e Nolan, penso che mi sta mancando davvero tanto JOEL SCHUMACHER con i SUOI Batman, che invece quella vintaggia serie tv l'adorava...
È terminata la prima fase di X-Factor, programma che continuo a seguire nonostante tutte le critiche che gli piovono addosso persino da gente come Bruce Dickinson degli Iron Maiden, che era stato contattato per diventare giudice di un altro famoso talent e così non ha perso l'occasione per sparare a zero su tutto quel genere di programmi tv.
La cosa più sorprendente di questa edizione per me è stata la simpatia debordante di Jake La Furia dei Club Dogo, compagnone così giocoso che ci andrei subito a farmici una birretta insieme, mentre Manuel Agnelli è ancora lì che ti parla di "attitudine", Achille Lauro se la tira come se fosse David Bowie tornato (o ricaduto) sulla terra e Paola Iezzi (ovviamente del duo Paola & Chiara) non perde occasione per fare battutine a doppio senso sessuale...
Vabbè, ma c'è anche Giorgia che conduce, ok ma per ora molto in disparte se non per un paio di canzoni sue buttate lì a cappella per presentarsi.
Come sempre le audizioni sono ricolme di personaggi che entrano sul palco solo per divertirsi già consci che non sarebbero presi, altri che arrivano tirandosela come Achille Lauro che se la tira da Bowie e poi fanno figure barbine, mentre altri ancora che appena li vedi non gli daresti due soldi, poi scopri che sono la reincarnazione di Edith Piaf come la sgangherata e divertente LUNASPINA che ha tenuto banco presentandosi e parlando del suo gatto Primpi La Merda, e poi ha chiuso questa prima parte in bellezza riportandomi alla mente pure INCEPTION perché quella canzone della Piaf, che ha cantato pazzescamente benissimo, serviva a DiCaprio e compari per svegliarsi dal sogno del sonno condiviso.
Sonno che spero non mi prenda in seguito come invece era capitato altre volte, ma perlomeno per quelli che sono passati adesso direi che carne al fuoco ne abbiamo, perciò speriamo bene da stasera per i Bootcamp, gli Home Visit e infine i live.
Attenzione nipoti e nipotini perché oggi è la Festa Dei Nonni che dal 2005 è stata introdotta ufficialmente dallo Stato italiano.
Ci sarà chi non gliene frega meno di niente, ne sono sicuro, che la considera solo un'altra trovata commerciale, ma il punto è che se avete ancora almeno un nonno dei quattro che di solito ci toccano come regola (lo facevano notare i Beatles sul treno nel film A HARD DAY'S NIGHT), un piccolo pensierino (anche un Nontiscordardime che è il fiore ufficiale) gli farà solo che piacere specie se, appunto, quel nonno magari vive ormai da solo e i nipotini son diventati "oni".
Ricordiamoci che sono sempre i nonni che danno una mano ai figli quando gli impegni di lavoro non permettono di gestire al meglio la prole.
Ed è proprio di un nonno, che purtroppo è mancato di recente, di cui si parla oggi, un nonno famoso con ben sette nipoti avuti da otto figli provenienti da tre matrimoni, uno dei quali con Rita Coolidge che i fans di 007 magari ricordano sicuramente per ALL TIME HIGH da Octopussy. Lo so che se solo si volesse, vista l'influenza mediatica che hanno avuto e hanno tuttora, si potrebbero infilare i Beatles e James Bond in ogni post, ma tant'è.
Il nonno di cui sto parlando è Kris Kristofferson,
88 anni e superstar di quel country che da noi magari conosciamo giusto per una manciata di canzoni dato che non è così al top come negli Stati Uniti, specie nel Texas dove tuttora si indossano di routine stivali e cappelli da cowboy e dove era nato Kris, a Nashville, città del famoso festival immortalato nel film omonimo di Robert Altman.
E anche nel cinema Kris aveva fatto alcune apparizioni intorno agli anni 80 mentre la sua carriera musicale aveva avuto alti e bassi a causa di problemi di alcolismo. Il suo debutto era stato come autore di SUNDAY MORNING COMING DOWN incisa da Johnny Cash (la canteranno anche insieme in seguito in uno show natalizio qui sopra), mentre la sua ME AND BOBBY MCGEE sarà coverizzata, fra gli altri, anche da Janis Joplin, ma pubblicata poi solo in Pearl, l'album della cantante simbolo del movimento hippy, uscito postumo. Dalle nostre parti invece diamo l'addio a Glauco Mauri, 94 anni, mai stato nonno, ma attore e regista teatrale che aveva partecipato anche a diverse produzioni in prosa televisive e radiofoniche, e con la particolarità (e direi anche onore) di aver doppiato Peter Cushing nel 1977 nel primo Guerre Stellari.
Un augurio a tutti i nonni, quindi, e un addio a Kris e Glauco.
Primo ottobre e l'estate è sempre più alle nostre spalle con le temperature decisamente più basse, mentre, per il discorso piogge, quelle non ci sono mai mancate nemmeno nei giorni passati.
E se facciamo i conti ci accorgiamo che oggi sono pure passati quarant'anni da quel primo ottobre del 1984 quando nei negozi usciva The Unforgettable Fire, disco degli U2 che prendeva il titolo da una mostra fotografica su Hiroshima e che contiene la hit PRIDE (IN THE NAME OF LOVE). Disco questo che vedeva la band sensibilmente in crescita dopo la collaborazione con Jimmy Iovine e Steve Lillywhite dei primi album, e la pubblicazione del loro primo live Under A Blood Red Sky, disco breve, ma bellissimo di cui consiglio anche la versione su VHS dove nel finale, mentre scorrono i titoli di coda si sente anche HARRY'S GAME dei Clannad, band irlandese e canzone che Bono ha fortemente voluto inserire nel video perché l'adora da quando la scoprì una notte guidando in macchina (io nello STESSO MODO ho scoperto i Coma_Cose, vabbè) e che lo porterà a cantare con loro IN A LIFETIME. Cambia quindi lo staff produttivo alle spalle dei quattro ragazzi ed entra in scena Brian Eno che all'inizio non era granché interessato a prendere in mano la faccenda e infatti aveva detto al suo collaboratore Daniel Lanois qualcosa tipo "vai avanti tu che mi vien da ridere...".
Salvo poi ripensarci dopo i primi incontri preliminari dove Brian si accorse che c'era qualcosa di grosso che poteva bollire in quella pentola irlandese.
Ma l'uscita del disco non venne accolta bene proprio da tutti, anzi, in particolare un giornalista del Rolling Stone, che per rispetto della privacy chiameremo con un nome di fantasia tipo... Kurt Loder (😜), scrisse una recensione passata alla storia dove bollava la band irlandese come senza idee.
Cioè per lui quello che era un evidente progresso nel raffinare i suoni sia introducendo il synth e strumenti addizionali suonati dallo stesso Eno ed effetti di loop sulla chitarra, sia rendendo più corposa e compatta la parte ritmica di Larry e Adam, era solo un modo per coprire un vuoto creativo.
Forse era anche troppo lungimirante sicuramente quel giornalista, dato che quel vuoto in realtà si sta verificando un po' adesso nelle ultime produzioni degli U2, ma all'epoca ci trovavamo invece davanti ad un gruppo con ancora tante cose da dire che verranno poi portate avanti con The Joshua Tree, altra pietra miliare della musica.
Anche oggi posso augurare un buon compleanno invece di parlare di qualcuno che se ne va, poiché cadono i 60 anni della "nostra" Monica Bellucci che i francesi ci hanno portato via un po' come la Corsica.
A parte questo la nostra Monica inevitabilmente è stata criticata per quasi tutte le sue prestazioni attoriali dove recita o si autodoppia lei stessa (magari in lingua originale viene meglio?), mentre in altri casi il doppiaggio professionale, grazie a voci perfette come quelle di Laura Boccanera o Irene Di Valmo, tipo in Striptease, I Fratelli Grimm E L'Incantevole Strega, Non Ti Voltare, l'aveva salvata.
Infatti, se da una parte la sua bellezza indiscutibile ti affascina essendo lei nata come supermodella poi ceduta al cinema, la sua voce, o meglio, il suo modo di porre le battute fa cadere ogni tentativo di credibilità cinematografica, il che mi dà nuovamente l'occasione di parlare dei due Diabolik dei Manetti Bros (due perché nel primo episodio lei non c'era) dove tutti sembrano recitare al suo livello, ma questo è proprio per stare alle direttive dei due registi che volevano ricreare lo stesso mood esatto dei fumetti delle sorelle Giussani.
Confermo infatti che anche vedendo in particolare l'ultimo Diabolik - Chi Sei?, dove ritorna ad interpretare il personaggio della contessa Altea, mi sembrava davvero di leggere le tavole del fumetto che, diciamolo chiaro, sono sempre state improbabili e retoriche, però come fumetto, ma solo come fumetto, avevano il loro perché e infatti li divoravo insieme ad Alan Ford.
Film questo, dove ha una piccola parte anche Max Gazzè
che interpreta... una maschera del ladro in calzamaglia, e pellicola che alla fine, proprio per la sua fintosità così ostentata, mi ha convinto di quello che i Manetti volevano portare al cinema, ma non per questo posso dire di aver cambiato idea sulla qualità dei tre film, specie IL PRIMO "teribbile" con Er Diabbolik di Marinelli.
Concludo quindi con ancora tanti auguri di buon compleanno a Monica.
A vederla sulla carta non li dimostra 60 anni, ma oggi è il compleanno di Mafalda, dato che la prima striscia della bambina terribile disegnata da Quino infatti era apparsa esattamente 60 anni fa.
Ieri invece ha compiuto i suoi bei 90 anni, come la nostra Sophia Loren, anche Brigitte Bardot, icona del cinema francese e della bellezza.
Purtroppo tali compleanni cadono anche insieme all'addio a Maggie Smith, 89 anni, che ci ha lasciati due giorni fa dopo essere stata l'incarnazione cinematografica di Minerva McGrannitt nella saga di Harry Potter
e la matriarca della famiglia di Downton Abbey, per citare giusto i due ruoli che sono entrati di forza nell'immaginario collettivo senza dimenticare però una carriera cinematografica di tutto rispetto alle spalle che parte dalla fine degli anni 50.
Quindi addio a Maggie e auguri a Brigitte e Mafalda.
Se mi leggete da un po' di tempo, saprete che ho una predilezione per i Pink Floyd anche se ascolto veramente tutto quello che passa la radio, anche Fedez, Calcutta, Tananai e Vasco Brondi (per fare giusto un esempio), per cui quando ho potuto ascoltare Luck And Strange, il nuovo disco solista di David Gilmour gongolavo di brutto.
Ma dietro l'angolo mi aspettava una cocente delusione perché quel disco, quel maledetto disco è una cosa così noiosa che a parole non lo si può descrivere.
Giuro, e questo mi dimostra ancora una volta che quel verso (tradotto nel titolo del post) tratto dal doppio The Wall che dice "together we stand, divided we fall" ha stramaledettamente ragione dato che sia David "che Roger (Waters) ultimamente hanno tirato fuori solo delle gran ciofeche.
Anzi, per dirla come Butcher di The Boys potrei fare quell'esempio delle Spice Girls che insieme erano una bomba e poi da soliste non hanno reso manco la metà.
E non sono i testi di Polly Samson (la moglie di David) che non funzionano, no, è proprio il disco in sé tutto ricurvo su sé stesso che non va.
E poverina la figlia Romany pure lei coinvolta a cantare una canzone col papà che in questi tre giorni di weekend sta a Roma al Circo Massimo a suonare anche queste canzoni brutte.
Anzi certi titoli ti fanno pensare al passato tipo THE PIPER'S CALL, che pensi che magari sia una cosa psichedelica tipo The Piper At The Gates Of Dawn e invece è sta roba qui dove l'unico momento bello è l'apertura con il coro, ma che quando torna alla strofa rimane slegato da tutto il resto, come se fosse un pezzo di canzone messo lì in mezzo a un'altra.
Guarda, sarò blasfemo, ma poco dopo ho messo su l'album di Sabrina Carpenter, Short n'Sweet, e quella sì che è musica come TASTE che è accompagnata da un video ultra violento, ma ironico,
che cita, fra le altre cose, anche Kill Bill.
Anzi ve lo consiglio di tutto cuore (anche di stare lontani dal disco di Gilmour).
Oggi è il giorno della "Terra Di Mezzo" per un mito del cinema italiano, conosciuto anche all'estero, che avrebbe compiuto un secolo, ma purtroppo ci ha lasciati diversi anni orsono e sto parlando di Marcello Mastroianni.
La citazione tolkeniana della Terra Di Mezzo è dovuta al fatto curioso che Marcello era nato il 26 settembre del 1924, ma venne registrato all'anagrafe solo due giorni dopo, per cui oggi ci troviamo esattamente in mezzo a quei due giorni che lui amava considerare entrambi il suo compleanno.
Nel 2021 avevo già dedicato all'attore un POST per i 25 anni della sua scomparsa per cui ne riporto adesso uno stralcio prettamente musicale:
"...di lui ho già parlato in occasione del post su quello sgangherato film che è DIAMANTI A COLAZIONE, come il titolo di un album di Amanda Lear che arriverà anni dopo.
E infatti anche le citazioni musicali su Marcello non si fanno mancare, con i Sottotono e la CANZONE OMONIMA,ma soprattutto con GIUDIZI UNIVERSALI di Samuele Bersani, una delle canzoni più belle del cantautore romagnolo che, grazie al suo modo di giocare con le parole, sa farti trovare nuove sfumature ad ogni suo testo in ogni ascolto successivo.
..."
E certo il top della consacrazione per Mastroianni è stato immortalato da Fellini ne La Dolce Vita, dove Anita Ekberg (con lui nella foto lassù in alto) lo chiama (Maccello come here!) da dentro la fontana, che se lo fai tu come turista ti becchi una bella multa, ma è anche vero che quando passi di lì a Roma la tentazione è grande più di quella di buttare la monetina.
Con, per me oltre ai film di cui avevo parlato in quell'altro POST, anche quel capitolo quasi in conclusione della sua carriera che era stato Che Ora È, dove lo si vedeva in scena con Massimo Troisi, film diretto da Ettore Scola (che contemporaneamente aveva girato nel con loro nel 1989 anche Splendor) tutto dialogato e molto bello se piace quel genere di film che potrebbe essere benissimo una piéce teatrale.
Essendo stato un attore così versatile poi, altri preferiranno ricordarlo mentre ulula alla Loren spogliarellista, ma appunto il bello del cinema, il nostro amato cinema, è proprio questo.
Oggi è la Giornata Internazionale Per L'Eliminazione Delle Armi Nucleari, patrocinata dalla Croce Rossa Italiana, il che sulla carta è molto bello, ma, come abbiamo visto di recente, se qualcuno vuole il conflitto a tutti i costi, riesce a provocarlo alche senza energia atomica sabotando dei semplici cercapersone e ricetrasmittenti come quelli esplosi in Libano per i quali è stata chiarita la responsabilità di Israele.
Sembrava una scena da film eh?
Quelle cose tipo Scanners o meglio ancora THE BOYS che a distanza "puff" ti fan scoppiare la testa di qualcuno, e tutto senza bisogno di ordigni nucleari.
E pensare che in questo momento ci sarebbero cose ben più importanti di farsi la guerra l'un l'altro, tipo che se venissero impiegati i mezzi e i fondi (enormi entrambi) usati per le guerre, magari si riuscirebbe, lavorando fianco a fianco, a limitare i danni di questa Emergenza Climatica sempre più emergente che tanto ha colpito anche l'Italia di recente.
Però, dato che, a pensarci bene, ho già specificato che per salvare il pianeta si dovrebbe eliminare il suo danno maggiore, cioè l'uomo come veniva raccontato in certi FILM che dovreste conoscere bene, allora vuoi vedere che tramite le guerre questi Paesi potenti stanno cercando di farlo, cioè cercano di eliminarsi a vicenda per salvare il nostro pianeta?
Ma che bel pensiero ecologista allora...
Si... Credici!
Intanto torna sempre attuale quella bellissima canzone dei Rolling Stones, GIMME SHELTER, che dice come un monito "la guerra, bambini, è solo ad uno sparo di distanza".