venerdì 31 marzo 2023

MATANGO IL MOSTRO: UN FUNGHETTO TRALLALLÀ, DUE FUNGHETTI TRALLALLÀ...

 Enrico Ghezzi che parla fuori sync è una visone che alcuni ricorderanno negli anni 90 su Rai3 a notte fonda durante le presentazioni dei film all'interno di Fuori Orario, la rubrica che si apriva con Because the Night cantata da Patti Smith.


Uno di quei film beccati in tale frangente per una botta di c... ehm... fortuna è stato IRMA VEP di cui ho già parlato in diverse occasioni, ma un'altro piccolo cult, presentato da Ghezzi specificando che poi non lo avrebbe mai più trasmesso in tv per cui mi sono affrettato a preparare una VHS in quei pochi minuti di introduzione, è Matango Il Mostro, film giapponese fantahorror del 1963 (ma in Italia arriverà solo 10 anno dopo) diretto da Ishiro Honda, cioè il papà di Godzilla, dove un gruppo di naufraghi formato da uomini e donne, finisce su un'isola che cerca di "assimilarli" trasformandoli in creature fungose.

Soggetto che però, mentre guardavo il film, non mi era del tutto nuovo, e non perché sta faccenda dei funghi potesse ricordare Super Mario Il Film (bruttissimo, ma con un suo perché) di cui proprio ieri ha parlato CASSIDY, ma perché piuttosto era molto simile ad un racconto di William Hope Hodgson che avevo letto anni prima quando ero un accanito divoratore di libri, racconto dal titolo Al Largo (The Voice In The Night), e difatti ho scoperto in seguito che il film di Honda ne è liberamente tratto.
Inoltre, se può stuzzicare la curiosità, tale racconto di Hodgson è contenuto in una raccolta antologica

che possiedo tuttora, nonostante i traslochi, dal titolo HORRORIANA dove sta in compagnia di molti altri autori del calibro di Robert Bloch, Richard Matheson, Ray Bradbury dei quali ho letto pagine su pagine grazie ad Urania, e ci si trova dentro persino Stephen King con il famoso I Figli Del Grano che non poteva certo essere immune da adattamenti cinematografici per cui ce lo siamo ritrovati al cinema nel 1983 come Grano Rosso Sangue e che conta finora ben otto sequel, argomento tra l'altro per puro caso trattato dalla BOLLA proprio oggi. 

Ma torniamo al nostro horror che in realtà lo è per modo di dire, eh, dato che nessun Godzilla ha mai fatto veramente paura, però qui la tensione c'è e trucco e scenografie fanno il loro dovere, tenuto conto che non c'era un grosso budget a disposizione. 
Giusto per pochi intenditori. 

giovedì 30 marzo 2023

LA LEGGE DI LIDIA POET: BELLE IMMAGINI, BEI COSTUMI, MA ANCHE L'ORECCHIO VUOLE LA SUA PARTE

 Avendo un debole per Matilda DeAngelis (anche per lei si) mi è sembrato opportuno dare un'occhiata a La Legge Di Lidia Poet su Netflix, serie incentrata sulla prima donna avvocato che non ha avuto per niente vita facile solo per il fatto di essere di sesso femminile.


Discriminazione a parte, la serie non è esattamente una biografia, ma piuttosto prende spunto da tale personaggio per imbastire un po' di soggetti a sfondo giallo che mi avevano fatto pensare un po' ad ENOLA HOLMES e a MISS SCARLET AND THE DUKE, e che sulle prime non parevano niente male sottolineati anche da una colonna sonora moderna che crea un ottimo contrasto con i costumi sfarzosi (un po' l'effetto BRIDGERTON, per capirci).

Peccato che non si capisca granché dei dialoghi per quel modo di recitare che hanno gli attori delle nuove generazioni (non tutti per fortuna) un po' masticato, strascicato. 
Ma cavoli. 
Un po' di teatro no? 
Lì se non scandisci bene senti arrivare dalle ultime file il solito che grida "Voce!" e con tutte le ragioni di questo mondo.

Certo, con Netflix puoi alzare il volume, ma se le parole non sono comunque intelleggibili che fai? 
Metti i sottotitoli come con MARE FUORI? (necessari lì per il dialetto). 
Insomma fiction seguita dal pubblico, si, ma criticata dall'autrice del libro Cristina Ricci (no, non quella... un'altra) per le licenze che la sceneggiatura si è presa dipingendo in tv una Lidia Poet molto diversa dall'originale.

O forse che anche lei, la Cristina, non aveva capito proprio tutte le parole? 

mercoledì 29 marzo 2023

GLI UCCELLI: QUELLA VOLTA CHE HITCHCOCK DIVENNE FANTASCIENTIFICO

 Nella giornata di ieri che ho preferito dedicare a due addii importanti e a due ottimi prodotti italiani, giusto 60 anni fa, usciva negli Stati Uniti Gli Uccelli di Alfred Hitchcock, ma per vederlo in Italia avremmo dovuto attendere fino al 31 ottobre dello stesso anno.


Film che personalmente adoro per quel suo sapore più sci-fi/horror rispetto ai lavori a cui aveva abituato il suo pubblico Hitch, con la vicenda dei pennuti che fanno strage di umani. 
Forse proprio per questo cambio di rotta sulle prime non venne preso piuttosto bene, cioè per la solita storia che un artista deve fare sempre la stessa cosa per compiacere il pubblico, ma se poi è sempre uguale a se stesso la gente si lamenta lo stesso (uff!).

Ma passato l'effetto sorpresa il film è bellissimo e riesce a farsi perdonare un chromakey piuttosto pezzente (ora si chiama "green screen", ma è la stessa cosa) che ricorre spessissimo per mettere gli attori in situazioni più complicate di quello che erano in realtà, con uccelli moltiplicati all'inverosimile, ma per finta.

La velocità del montaggio serrato di tali scene però riusciva a sopperire a tale magagna dell'effetto non molto speciale, perché non ti lasciava il tempo di ragionarci sopra, cosa che invece molti registi horror non hanno capito ancora adesso e, al contrario, indugiano troppo lasciando al cervello dello spettatore tutto il tempo per metabolizzare che quello che gli occhi stanno guardando è una bella ciofeca.

Il cast, oltre a Jessica Tandy (futuro premio Oscar per A Spasso Con Daisy) e la disneyana Suzanne Pleshette, comprende la debuttante TIPPI HEDREN, futura mamma di Melanie Griffith e che vedremo poi anche nel seguito e nel remake, ma entrambi non firmati da Hitchcock, e il rappresentante della fantascienza in persona Rod Taylor, ovvero L'UOMO CHE VISSE NEL FUTURO dell'omonimo film vintage, ma tuttora stupendo, sulla macchina del tempo di H.G. Wells. 
E naturalmente non manca il tradizionale cameo di Alfred.



martedì 28 marzo 2023

OPPOSTI CHE ATTRAGGONO: CONFUSI E MARE FUORI (E IMMANCABILI ANCHE OGGI GLI ADDII)

 Due serie tv profondamente diverse stanno facendo sfracelli di ascolti e, cosa importante, sono italiane (e su RaiPlay): Confusi e Mare Fuori.


La prima è una sitcom leggera, divertente, mentre la seconda è un pugno nello stomaco, ma entrambe hanno un comune denominatore perché sono interpretate da attori molto giovani, che recitano bene e credono in quello che stanno facendo, per cui il risultato si vede. 
Mare Fuori si avvale spesso dei sottotitoli, per fortuna, poiché molti dialoghi sono in dialetto stretto del sud e parla di delinquenza, carcere minorile, roba tosta insomma, con Carolina Crescentini direttrice del carcere che NON È Cagna Maledetta, ma questo lo sapevamo già. 
Confusi invece è milanese al 100% con ragazzi che convivono in un appartamento e può far pensare un po', con tutto il rispetto, anche a Friends, perciò proprio due mondi diversi. 
Mondi diversi, diametralmente opposti come quelli in cui si muoveva artisticamente anche Ivano Marescotti, attore e regista mancato a 77 anni domenica e visto, sia in teatro che al cinema, barcamenarsi con disinvoltura fra ruoli drammatici shakespeariani e commedie tipo con Checco Zalone.


Proprio quella sua caratteristica aria austera risultava, per contrasto, essere comica in certi contesti e funzionava per tale motivo.
Sempre legato allo spettacolo, ad 84 anni è mancato stanotte anche Gianni Minà, giornalista con all'attivo migliaia di interviste anche televisive a personaggi famosi fra cui un paio a Fidel Castro, interviste anche poi pubblicate in alcuni libri.

Era stato anche il primo conduttore di Blitz, programma Rai della domenica pomeriggio in cui accadde quel fattaccio della bestemmia in diretta lanciata da un furioso Leopoldo Mastelloni, ma in quell'edizione la conduzione era già passata a Stella Pende. 
Gianni (ve lo giuro sui Bee Gees) era anche scherzosamente citato da Paolo Belli con i suoi Ladri Di Biciclette insieme a Baccini in SOTTO QUESTO SOLE.

Ed è con questa canzone che sa già di estate, vespa, mare che mi piace ricordarlo. 
Addio Ivano e Gianni. 

lunedì 27 marzo 2023

THE MISFITS: GUARDIE E LADRI SECONDO RENNY HARLIN

 Riecco Renny Harlin a dirigere un film alla sua maniera, o quasi, perché sto parlando di The Misfits andato in onda su Rai 2 molte settimane fa, cioè quella settimana precedente il Festival, ma disponibile anche su Prime Video e su Raiplay.


Renny, lo sappiamo, è un regista specializzato in film d'azione come 58 Minuti Per Morire - Die Harder, Blu Profondo e quel Cliffhanger con uno Stallone scalatore che sono alcuni dei suoi top, per cui sapevo già cosa aspettarmi da una pellicola che parla di ladri e rapine in grande stile. 
Sapevo si, ma anche non sapevo che il ritmo calasse così tanto in alcuni momenti come la lunga scena nel deserto.

Tutto sommato però diverte con una coppia di antagonisti che continueranno a schivarsi tutto il tempo, e sto parlando di Pierce Brosnan gigione più che mai e Tim Roth in perfetta tenuta da Iena.

Pierce fa il ladro strafamoso che viene ingaggiato dal quartetto di fuorilegge che si fa chiamare The Misfits (molto carina la scena della scelta del nome) come una serie di molto tempo fa (titolo originale Misfits Of Science, ma in Italia solo Misfits) che andava in onda negli anni 80 su una piccola tv privata dove una dei protagonisti era una giovanissima Courteney Cox

ancora immune dalla chirurgia plastica, quindi molto diversa da com'è adesso, e non sto parlando solo di età. 
Ma tralasciamo adesso le vecchie serie tv che tanto c'era stato anche un remake in tempi più recenti e magari molti si ricordano quello invece dell'originale oppure la band hardcore-punk con lo stesso nome.

Tant'è che, gira gira, anche qui il titolo è lo stesso originale anche del famoso film con Marylin Monroe e Clark Gable, Gli Spostati,

ma è tutta un'altra storia che, se gradite quelle appunto di superrapine tipo LA CASA DI CARTA o CALEIDOSCOPIO, qui c'è pane per i vostri denti, anzi oro, tanto oro a lingotti come in Goldfinger,

e vedi che Pierce un po' di Bond se lo ritrova sempre tra i piedi anche se allora c'era Sean. 

domenica 26 marzo 2023

MOTIVETTI DA AUTOSTRADA: AUTOBAHN DEI KRAFTWERK

 Oggi apro con un saluto e un ringraziamento a Moz che mi ha ospitato DALLE SUE PARTI, e un'altro saluto invece va a voi, cari vacanzieri che, grazie anche all'ora legale che è arrivata stanotte, viaggiate e viaggerete nei prossimi weekend per andare a cercare un po' di sole e mare, disperatamente come fosse Susan (piccola citazione cinemusicale), e che imprecate per le pessime condizioni delle nostre autostrade costellate da cantieri resi necessari per pararsi il fondoschiena dopo il tragico evento del ponte Morandi a Genova; beh sappiate che avete tutta la mia comprensione poiché spesso mi trovo anch'io fermo in coda o a fare gimkane fra cartelli, new jersey e segnaletica provvisoria.


Il fatto è che la storia delle nostre autostrade, anche se non lo diresti mai, risale invece ad un secolo fa, cioè era esattamente il 26 marzo del 1923 la data in cui sono iniziati i lavori della Milano-Laghi, la prima autostrada del mondo, mentre l'autogrill, quello era già stato inventato nel selvaggio West come si vede IN UN FILM di Sam Peckinpah. 
Facile quindi che da allora qualcosa sia stato deteriorato dal tempo, dagli agenti atmosferici o più semplicemente dal normale transito dei veicoli stessi. 
Purtroppo finora non era sembrato così importante fare un lavoro di restyling preferendo invece nascondere la testa non sotto la sabbia come gli struzzi, ma piuttosto sotto ai viadotti che invece, se esaminati da vicino, mostrano spesso piloni in stato avanzato di decomposizione. 
Ma sono sicuro che prima o poi tutto finirà e ci ritroveremo di nuovo le nostre autostrade come nuove di zecca. 
Forse più poi che prima, ma vabbè, se ci si trova in coda c'è sempre l'autoradio dove si può inserire un cd dei KRAFTWERK come questo AUTOBAHN


che l'anno prossimo compirà 50 anni e che i quattro simpatici e briosi 😜teutonici avevano dedicato proprio alle autostrade negli anni 70 cantando "andiam andiam andiam in autostrada"... 
Eh contaci... 

sabato 25 marzo 2023

ALESSANDRO CATTELAN: COME SI CAMBIA FT. BAUSTELLE & ELLY SCHLEIN

 Anche questo sabato lo dedico alla musica tornando a parlare dello show di Alessandro Cattelan, ovvero STASERA C'È CATTELAN SU RAI 2, che va in onda in tarda serata e dopo la pausa si è ora ripresentato da alcune settimane con una formula leggermente modificata (suppongo dopo una estenuante riunione di lavoro con gli autori, gli sponsor e quant'altro) per cui adesso gli artisti ospiti fanno palese promozione al disco o al film in uscita, mentre nella prima edizione si prestavano semplicemente a giocare col conduttore accennando solo marginalmente al loro nuovo lavoro che stavano già promuovendo in altre sedi. È il caso estremo quello dei Baustelle che hanno fatto una fugace apparizione alla fine di una puntata dove hanno soltanto cantato (suonato no) dal vivo il loro nuovo singolo MILANO È LA METAFORA DELL'AMORE


senza alcuna intervista e che, dopo le introspezioni soliste di Francesco Bianconi con quel SUO DISCO di cui avevo parlato all'epoca, sono tornati con ritmo e atmosfera scanzonata ma con un testo bastardodentro che parla di Milano. 
Occasione anche per me per elevarlo a proposta musicale del sabato dato che i Baustelle mi piacciono molto anche se un intero album non riesco a digerirlo in toto (l'ho già detto e lo confermo). 
Ok, anche se ora il programma di Cattelan è diventato un po' più ruffiano e promozionale, rimane però uno dei migliori che ci stanno sulla tv generalista con quei momenti top come ELLY SCHLEIN che suona Imagine al piano

zoppicando qua e là (come diceva una famosa canzone di Renato Zero) o lo scherzo al telefono con Sai Chi Ti Saluta Tantissimo? che sta diventando un tormentone. 
E chissenefrega se va in onda così tardi tanto lo guardo sempre su Raiplay. 

venerdì 24 marzo 2023

JOHN WICK 4: NUOVA USCITA AL CINEMA CON UNA NOTA TRISTE

 Più o meno in concomitanza con l'anniversario dei 50 anni della pubblicazione italiana di THE DARK SIDE OF THE MOON dei Pink Floyd (ma all'estero era già uscito il primo marzo) che viene festeggiato in questi giorni con una riedizione "spaziale" del disco in Dolby Atmos, è arrivato finalmente nelle nostre sale il quarto capitolo di John Wick dove Keanu Reeves ritorna un po' Neo di Matrix ritrovando (già dal secondo episodio) il Morpheus originale (Laurence Fishburne) e si dice pronto a menare tutti come se non ci fosse un domani dopo le scene impossibili del TERZO sulle Yamaha MT09 in corsa notturna e le scazzottate a libri in faccia.


Film che si preannuncia divertente se amate questo genere "leggermente" sopra le righe, ma che purtroppo è legato ad un addio perché Lance Reddick, apparso in tutti e 4 gli episodi nel ruolo di Charon, è deceduto nei giorni scorsi a 60 anni.

Lance era noto anche in tv soprattutto per la serie The Wire. 
Giusto per non farci mancare nulla, dato che nel titolo si parla di "nota triste" anche la musica è in lutto per la morte improvvisa di Luca Bergia,

(quello con la camicia bianca) il batterista e fondatore dei Marlene Kuntz, rock band fuori dai circuiti commerciali di cui Cristiano Godano era il frontman. 
Nonostante il loro essere indie e muovendo i primi passi grazie a Giovanni Lindo Ferretti (CCCP e CSI) e Gianni Maroccolo (CCCP, CSI e Litfiba), i Marlene Kuntz hanno avuto nel 2000 anche un fugace periodo rivolto al pubblico più generico con un brano insolitamente dal sapore pop che era stato LA CANZONE CHE SCRIVO PER TE, dove appare Skin degli Skunk Anansie come vocal guest.

Luca aveva 54 anni ed aveva lasciato il gruppo nel 2021 per dedicarsi al lavoro di insegnante. 
Addio Lance e Luca. 

giovedì 23 marzo 2023

THE MANDALORIAN - TERZA STAGIONE... MAH, SARÀ LA PRIMAVERA, MA QUI SI DORME

 Mentre esattamente 40 anni fa Ronald Reagan, l'allora presidente degli Stati Uniti perculato anche da Zemeckis in Ritorno Al Futuro, si impadroniva del nome di una delle mie saghe preferite per battezzare il suo sistema di difesa basato sull'intercettazione di missili chiamandolo Star Wars (ma da un ex attore c'era da aspettarselo), ad oggi sui nostri schermi tv ormai sono già passati tre episodi della terza stagione di The Mandalorian,


quello che con le PRIME DUE pareva il miglior spinoff di Guerre Stellari per come rimetteva in gioco tutto quello che arrivava da quel mondo lontano lontano, e che invece adesso, dopo un primo episodio folgorante, pare trascinarsi con un po' di stanchezza, attraverso un secondo capitolo buio e lento e specialmente con il terzo, diretto da Lee Isaac Chung, il regista di MINARI, dove l'azione, dopo una bellissima scena classica con i Tie-Fighter che attaccano i nostri amici, si discosta da Mando, Grogu e Bo Katan Kryze (perché anche lei è della partita stavolta) per incentrarsi invece su un paio di personaggi che avevamo visto già in precedenza come ambigui collaboratori dell'Impero. Non voglio però mettere spoiler nel caso per alcuni sia ancora da vedere, dato che so di molti che, vista la breve durata di alcuni episodi (non questo terzo che è di 50 minuti), preferiscono attendere la pubblicazione completa per poi fare una maratona tutta d'un botto. 
Cosa che io non riuscirei a fare perché con questo terzo episodio mi son trovato più volte con la palpebra a mezzasta, tant'è che mi torna il sospetto che qualcosa della sceneggiatura di questa stagione sia stato davvero "bruciato" per risollevare THE BOOK OF BOBA FETT quando stava andando malissimo. "Questa è la via" dicono i mandaloriani, ma francamente spero di no e attendo di vedere il quarto per capire se la situazione si risolleva, e poi c'è l'arrivo annunciato di Christopher Lloyd sperando di non rimanere deluso da un qualche fulmineo cameo come capita spesso.

Ah... Ma cosa c'entra una GIF di Grogu piazzata in questo punto? 
Ovviamente nulla, ma è così tenero che non potevo non metterlo nel post.

mercoledì 22 marzo 2023

THE BEATLES - PLEASE PLEASE ME: ESATTAMENTE 60 ANNI FA SI FACEVA LA STORIA

 Era il 22 marzo di 60 anni fa, e dopo quel giorno la musica non sarebbe stata più la stessa perché veniva pubblicato il primo album dei Beatles dal titolo Please, Please Me, disco d'esordio con il 50 per cento di cover al suo interno come si usava fare, ma che, come nel caso di Twist & Shout, ormai viene associata più ai 4 di Liverpool che agli interpreti originali, cioè gli Isley Brothers.


La prima stampa ormai rarissima aveva un audio monofonico mentre le successive utilizzavano quello strano stereo con gli strumenti e le voci divisi a destra e sinistra, e la sua famosa foto di copertina, oltre essere anche quella del 45 giri, diverrà anche quella della prima delle due raccolte successive allo scioglimento con i Beatles sulle scale della EMI.

Una piccola curiosità è che su due tracce dell'album (Love Me Do e P.S. I Love You) non è Ringo a suonare la batteria, ma il suo sostituto Andy White dato che George Martin durante le registrazioni non era ancora del tutto convinto di quale batterista scritturare definitivamente. 
Curiosità di cui avevo già accennato in occasione dell'uscita del loro PRIMO 45 GIRI
Beh poi la storia ha fatto il suo corso dando ragione a Ringo che da allora i suoi tamburi se li è tenuti ben stretti ed ha avuto anche la sua bella parte di paciere quando negli anni precedenti lo scioglimento erano cominciati gli attriti e addirittura George Harrison aveva mollato la band. Ma di queste cose ne avevo già parlato in occasione di quella STUPENDA SERIE firmata da Peter Jackson su di loro e che ce li mostrava in vista del famoso ultimo concerto sul tetto. 
Ad onor del vero, bisogna precisare che in Italia il disco sarà pubblicato solo nel novembre successivo, dopo che i nostri distributori si erano convinti che i quattro "capelloni" potevano avere un certo potenziale. 
Ma potevo concludere il post senza nemmeno mettere una canzone da questo disco?
Certo che no, e allora ecco I SAW HER STANDING THERE:

martedì 21 marzo 2023

BUONGIORNO MAMMA! SECONDA STAGIONE: MANCAVANO SOLO I MAGNETI DI FAST & FURIOUS

 Ullallà, Ommioddio, ci son cascato di nuovo, come direbbe Achille Lauro, e son tornato a seguire Buongiorno Mamma! su Canale 5, ovvero la seconda stagione di quella fiction con Raul Bova e Maria Chiara Giannetta che già avevo avuto modo di criticare UN PAIO DI ANNI FA.


Qui Anna si  sveglia dal coma, perché dai, son 8 anni che sta lì a vegetare in un letto e mica puoi fare un'altra stagione così, e quindi grazie a dei superpoteri che ha acquisito nel frattempo, riprende un lampo (circa mezz'ora di fiction e fisioterapia) le forze e, anzi, guida pure la macchina che tanto nel frattempo la patente (che fortuna!) non le è nemmeno scaduta sennò se ero io mi toccava pure rifare l'esame. 
Ma, se nella precedente stagione tutto partiva come idea da una vicenda vera, qui la fantasia è andata a briglia sciolta per dare di più senza limite alcuno, con la piccola Sole che diventa mamma a 17 anni mentre il padre della neonata se la fa sotto e scappa in America, Francesca che si sposa per finta con un indiano per fargli avere il permesso di soggiorno e Jacopo che molla gli studi per inseguire il suo sogno di fare musica elettronica, ma c'è sempre il giro della droga lì dietro l'angolo che lo aspetta con l'illusione dei soldi facili. 
Si aggiunga a tutto ciò un'ulteriore scoperta sui genitori di Sole di cui prima conoscevamo solo la madre. 
Così tanta roba che se ci fosse stata pure un'invasione aliena o un'apocalisse zombi sarebbero passate sicuramente in secondo piano perché dai, l'ambientazione, seppure sia sul lago di Bracciano, è un mondo di fantasia dove i telefonini utilizzano uno strano Simil-Android, Instagram si chiama Social, i poggiatesta delle auto spariscono a seconda delle inquadrature, che sennò "impallano", e una consolle per dj come questa da 2000 euro la chiamano genericamente mixer.


Insomma talmente tanta carne buttata sul fuoco con pure sponsor in bella vista (famosi bastoncini ricoperti di coccolato e pizza surgelata che saltano fuori in ogni episodio) che ora come ora non saprei immaginare che trovate potrebbero inventare per una eventuale terza stagione da buttare lì senza nemmeno un cliffhanger come la scorsa volta. 
Anche il cambio di regia non giova alla situazione rispetto alla prima stagione che, anche se non era un capolavoro, perlomeno teneva una direzione non così da soap opera che invece Alexis Sweet e Laura Chiossone hanno portato qui complice una recitazione dai risultati spesso a livelli amatoriali. 
Avrei dovuto capire già tutto quando, mentre la stavo guardando, mi si è seduto accanto Marco Masini cantando Perché Lo Fai? 

lunedì 20 marzo 2023

THE WHALE: UN OSCAR MERITATO PER BRENDAN

 Dopo la NOTTE DEGLI OSCAR ho continuato il compito che mi ero prefissato, ma per ora non ancora adempiuto in toto, di vedere perlomeno i dieci film in lizza e stavolta è finalmente toccato a The Whale, dal titolo esplicativo se si conosce l'inglese e che per fortuna rimane così anche in italiano senza nemmeno aggiunte di dubbia necessità.


Tratto da una piece teatrale e lo si vede benissimo dato che si svolge tutto all'interno dell'abitazione di Charlie, insegnante in colloquio con i suoi allievi tramite internet, ma, dice lui, con la webcam non funzionante. 
Scusa invece che gli serve per mascherare un aspetto non proprio accattivante, sovrappeso e sfatto come è riuscito a ridursi dopo un matrimonio fallito e una relazione omosessuale finita con la morte del compagno. 
Sotto le fattezze da Jabba The Hutt c'è quel Brendan Fraser, premiato come miglior attore protagonista che ha ringraziato più volte Aronofsky per averlo rimesso in carreggiata dopo un periodo non esattamente fortunato per lui. Il film ha diverse scene fatte apposta per far provare disgusto a chi guarda Charlie anche nudo mentre si fa la doccia e mentre si trascina con fatica appoggiato ad un deambulatore, e Brendan rende benissimo tale sforzo che presumo sia stato ottenuto anche grazie ad opportune zavorre addosso dato che mai ti viene da pensare 

che quello che vedi sullo schermo sia un trucco posticcio come quello che rendeva obesa Gwyneth Paltrow in Amore A Prima Svista, dove ovviamente si parlava di tutt'altra storia e con uno spirito completamente diverso,

perciò finzione si, ma fino ad un certo punto perché Brendan aveva anche davvero preso diversi chili (no, non così tanti come Charlie) per essere più credibile. 
Non voglio nemmeno commentare le accuse di grassofobia rivolte al regista perché ormai qualunque cosa un artista porti sullo schermo ci sarà sempre quello che gode nel fare l'hater pronto a scagliarvisi contro.
Nel cast è una piacevole sorpresa trovare anche Sadie Sink, cioè la Max di Stranger Things, nella parte della figlia di Charlie, e pure sua sorella minore che interpreta lo stesso personaggio più giovane nei flashback. 
The Whale, cioè La Balena, non è solo il nostro Charlie sovrappeso, ma è anche la famosa Moby Dick di Melville che torna citata più volte nel film per un legame letterario con il protagonista che, dopo un drammatico evolversi degli eventi, troverà quello che per lui è finalmente un happy end. 
Fazzoletti consigliati a meno che non siate una impassibile canaglia come il sottoscritto😁. 

domenica 19 marzo 2023

AUGURI A TUTTI I PAPÀ

 Weekend tutto dedicato alla musica perché anche oggi arriva una canzone, ma che canzone!


Cioè nel giorno della Festa Del Papà quale pezzo non è più adatto di questa SEI FORTE PAPÀ di Gianni Morandi, papà pure lui, che sarà anche trash, si, parodiata in mille modi, anche riutilizzata da Elio E Le Storie Tese in LA VENDETTA DEL FANTASMA FORMAGGINO,

ma che quel Gianni, che esiste da sempre nel mondo della musica, ha inciso senza farsi troppi problemi tuffandosi in un mondo tipico da Zecchino D'oro? 
Anche al mio papà (che non c'è più da alcuni anni) mando un augurio tramite queste pagine web anche se lui non avrebbe mai capito come funzionano perché era terribilmente tradizionale e le cose le leggeva (a fatica) solo sui giornali oppure le sentiva alla radio e in tv e, forse anche per questo, dal cuore grande e ingenuo come quello di un bambino. 
Auguri a tutti i papà. 

sabato 18 marzo 2023

CALEXICO - BALLAD OF CABLE HOGUE: LA MUSICA COME UN WESTERN VECCHIO STILE

 Son passati più di 20 anni da quando, per colpa di Linus che la metteva su RadioDeejay, mi sono innamorato di questa canzone dei Calexico, gruppo che prende il nome da quella città sul confine fra California e Messico vicina all'altra città ibrida Mexicali, anche se la band è di Tucson, e il suono che ne viene fuori infatti è un po' mariachi.


BALLAD OF CABLE HOGUE, cioè la canzone in questione, prende invece il nome da un VECCHIO FILM di Sam Peckinpah che in questi ultimi tempi è tornato spesso in questo blog per tutta una serie di MOTIVI e c'è gente come CASSIDY che lo conosce pure bene dato che sul suo blog trovate tutto quanto riguarda la pellicola e anche di più. 
A valorizzare il brano, che parte con un riff di chitarra che sembra una citazione di White Wedding di Billy Idol, ci sono gli interventi sussurrati di Marianne Dissard, cantante francese che apporta anche un ottimo contributo visivo vagamente goth nel videoclip, grazie ai costumi di ispirazione western femminili che sono sempre bellissimi, e che per molti anni ha vissuto proprio a Tucson. 
Notare nel video al minuto 1:53, durante l'assolo di tromba, la scordatura al volo della chitarra per ottenere quel particolare effetto bending. 
In concerti PIÙ RECENTI purtroppo le parti di Marianne sono state cantate su un'ottava superiore da Andriana Babali, la nuova vocalist di origini greche che l'ha succeduta, perdendo però molto in sensualità.

Un genere musicale questo che vedrei bene nelle preferenze di Quentin Tarantino, visto che fra gli extra di Kill Bill 2 ci trovi cose del tipo i Chingon con MALAGUENA SALEROSA.


E nel mio piccolo mondo musicale dal gusto messicano ci metto anche i Green Car Motel che, con DESTINO DE ABRIL, musicano i titoli di coda di quel capolavoro che è Collateral di Michael Mann con Tom Cruise e Jamie Foxx.

Inutile dire che, se ne sto parlando adesso, la canzone dei Calexico mi piace tuttora come allora, come se tutto questo tempo non fosse mai passato. 
¡Hasta luego! 

venerdì 17 marzo 2023

LA VESTALE DI SATANA (MA IL PADRONE DI CASA NON C'È)

 La vittoria agli OSCAR di EVERYTHING, EVERYWHERE, ALL AT ONCE che anche in italiano ha mantenuto il titolo originale, mi ha fatto pensare ancora una volta ad un film molto vintage (1971) come La Vestale Di Satana che si porta appresso un titolo italiano messo lì a muzzo solo per attirare il pubblico poiché del demonio e di relativi riti fatti da discinte fanciulle non vi è traccia in questa pellicola ambientata in una Ostenda nebbiosa e grigia in contrasto con il colore rosso del titolo originale Les Levres Rouges.


Difatti è un film su Elizabeth Bathory, una contessa vampira che il rosso lo porta come rossetto, come abito e lo beve come sangue per mantenersi giovane, ma sopratutto lei è un personaggio che ricorre spesso in letteratura, cinema e serie tv, come anche nella quinta stagione di American Horror Story dove Lady Gaga

interpretava una identica contessa vampira (Elizabeth Johnson) che era palesemente ispirata a tale inquietante e sexy signora. 
Il doppiaggio italiano non è dei migliori purtroppo, ma se si riesce a sorvolare (o a sentire la traccia originale) il film non è male fra erotismo e un po' di splatter buttato lì.

Quindi, nel caso vi capitasse fra le mani questa pellicola, ora sapete un po' meglio di cosa tratta e, tornando al VINCITORE degli OSCAR, mi immagino per esso un titolo italiano di quelli che i ben noti distributori si ingegnano sempre ad inventare come quando c'era la moda del "se fai questo faccio quello", oppure (per fortuna meno eclatante) quando a PROMISING YOUNG WOMAN hanno dato, secondo me, una valenza da commedia volendolo tradurre in italiano a tutti i costi e chiamandolo Una Donna Promettente con quell'articolo davanti che alleggerisce tutto il concetto, e invece è un film che, specie sul finale ti tira una tale mazzata nello stomaco come pochi sulle note di Angel Of The Morning; ecco, per IL FILM dei Daniels poteva capitare ancora peggio come vedersi affibbiato qualcosa tipo Una Mamma Tutta Matta, oppure Grosso Guaio Alla Lavanderia Cinese, o anche Tutto In Una Volta, o ancora Tutti Pazzi Nel Multiverso Della Follia. 
Certo... Lo so che ricordano tutti qualcosa di già visto, ma sono proprio queste le bieche strategie dei distributori italiani, anche nel caso de La Vestale Di Satana dato che in quel periodo i film demoniaci proliferavano grazie anche a Roman Polansky e il suo Rosemary's Baby (1968), e se poi ci mettevi in mezzo anche le evocative sacerdotesse servitrici era incasso assicurato, perciò in tutti questi casi meglio l'originale senza dubbio.

giovedì 16 marzo 2023

SPORT & MUSICA (ANCHE TUTTA MATTA) IN LUTTO

 Sportivi di tutto il mondo o, perlomeno, quelli che a scuola partecipavano ai Giochi Della Gioventù, sappiate che nei giorni scorsi è mancato Dick Fosbury a 76 anni, cioè colui che rivoluzionó la tecnica del salto in alto saltando di schiena e vincendo, grazie a tale tecnica innovativa, nel 1968 l'oro olimpico.


Prima di ciò si utilizzava prevalentemente la tecnica della "sforbiciata" oppure il salto "ventrale", ma, grazie anche all'introduzione dei materassini poiché prima invece si cadeva sulla sabbia e sbattere così la schiena non era molto piacevole, Dick poté sperimentare tale stile che prese da lui il nome.

Anche nella musica ci sono un paio di addii, ma il primo è decisamente un nome particolare, ovvero quello di Napoleon XIV, pseudonimo di Jerrold (Jerry) Samuels, produttore e musicista statunitense scomparso ad 85 anni che, dopo essere stato un autore per Sammi Davis Jr., Doris Day, Johnnie Ray, nel 1966 tirò fuori in prima persona, ma sotto pseudonimo, un singolo terrificante dal titolo THEY'RE COMING TO TAKE ME AWAY AH-HAAA.

Tale disco potrebbe essere considerato il primo esempio di musica demenziale della storia dato che parla di un tizio in preda al delirio e di gente che viene a portarlo via. 
Delirio che è anche reso in maniera sonora con un effetto stile Alvin & The Chipmunks che entra piano piano in crescendo grazie ad una tecnica di manipolazione dei nastri. 
Pare impossibile ma qualcuno dei nostri discografici era riuscito a sentirla tant'è che la canzone ha avuto pure una COVER ITALIANA da parte de I Balordi, gruppo che si presentava in scena suonando oggetti di uso comune tipo pentole e simili.

L'effetto vocale qui invece era ottenuto con un semplice falsetto. 
La curiosità più grande però è che in seguito nel 1968, de I Balordi ne fece parte anche Marco Ferradini (quello di Teorema) alla chitarra per un breve periodo. 
Da notare che Napoleon XIV, come Jerry Samuels aveva invece già pubblicato dischi "normali" del tipo PUPPY LOVE,


cioè puro stile Platters. 
Ma sai com'è... 
Dopo un po' uno si stufa di tutto sto zucchero e miele e, per non uscire di testa, come valvola di sfogo ti fa un disco tutto matto che, bene o male, ti fa passare alla storia.

Infine a 71 anni è mancato dopo una lunga malattia anche Bobby Caldwell, noto soprattutto per la sua hit del 1978 WHAT YOU WON'T DO FOR LOVE.

Le atmosfere jazzate e il canto da crooner erano il suo marchio di fabbrica insieme ai suoi occhi azzurri.
Tale canzone sarà poi coverizzata da diversi artisti, tipo alle estremità degli anni 90 i Go West e i BoyzIIMen, e persino campionata dove meno te l'aspetti, cioè nel disco postumo di 2Pac Shakur, DO FOR LOVE.

Goodbye Dick, Jerry and Bobby. 

mercoledì 15 marzo 2023

CALL MY AGENT ITALIA: QUELLO CHE C'È DIETRO A CINEMA E FICTION (E ANCHE DI PIÙ)

 Ancora una volta si pesca dai prodotti dei nostri vicini francesi per creare una fiction italiana, ma stavolta non l'abbiamo fatto solo noi perché il format è già stato esportato ovunque nel mondo.


Call My Agent con l'aggiunta di "Italia" quindi, adesso l'abbiamo anche noi ed è un ottimo prodotto con i personaggi del cinema che interpretano loro stessi legati ad un'agenzia dove ci ho trovato un po' di EMILY IN PARIS dato che anche qui c'è la giovane assunta che trova sia alleati che antagonisti nei colleghi di lavoro. 
Un ottimo cast dove spicca Maurizio Lastrico sempre più a suo agio nelle fiction con il suo accento da genovese a Roma.

Altri attori e registi recitano loro stessi con i loro rapporti con tale agenzia nella quale apre bene Paola Cortellesi brava come sempre, ed è geniale l'episodio del pesce d'aprile con Paolo Sorrentino (forse il migliore), mentre è surreale l'episodio con Favino, passando per Matilda D'Angelis alle prese con il cyberbullismo per un post male interpretato, fino a Stefano Accorsi in doppia veste da commissario baffuto e in panni da rocker dato che interpreta contemporaneamente un noir ed una fiction su Ligabue

(Luciano, non il pittore) suo grande amico con il quale ha realizzato anche quella docuserie su RaiPlay dal titolo È ANDATA COSÌ
Ed è andata così, cioè bene, anche questa. 
Nel senso che, come dicono in THE MANDALORIAN che è tornata con la terza stagione, "Questa È La Via" se si usa uno spunto d'oltralpe per fare un prodotto italiano decente. 
Ma anche di Mando & co. ne parlerò presto. 

martedì 14 marzo 2023

WHITNEY - UNA VOCE DIVENTATA LEGGENDA (MA IL VERO TITOLO ERA UN ALTRO)

 L'anno scorso si parlava già della lavorazione di questo film su Whitney Houston


ed era stato anticipato ancora un paio d'anni prima da un disco inedito, cioè una cover di HIGHER LOVE di Steve Winwood, canzone del 1986 che nella sua versione originale veniva utilizzata dai venditori di impianti stereo per farti assaporare la bellezza dei suoni che uscivano mettendo su questo CD che, in effetti, con quell'intro carico di tutte quelle percussioni distribuite sui due canali suonava benissimo (provatela in cuffia e capirete cosa intendo).
Fatto sta che la cantante aveva registrato una sua versione solo come demo e come tale era rimasta lì chiusa in un cassetto per anni finché il dj producer Kygo (che non è un modello di city car Toyota) non ha pensato di farne un DISCO VERO dove lui suona il piano.
Canzone che ti vien da dire "alla faccia della demo" per quanto è cantata bella carica, e la si sente durante i titoli di coda di questo film che racconta la vita di Whitney partendo dall'adolescenza in cui la vediamo ricevere gli insegnamenti sul canto dalla madre Cissy, e con Naomi Ackie che la interpreta in maniera molto somigliante anche se, nei miei ricordi lei era un filino più esile, ma, non avendo mai avuto il piacere di incontrarla da vicino, forse è solo una mia impressione, quindi se vogliamo possiamo fare il gioco delle differenze.



Naomi ha anche cantato davvero tutte le canzoni, nel film, però sono solo un paio i momenti in cui si sente la sua voce e sono quelli in cui Whitney appare ancora insicura, mentre in tutte le altre scene dei concerti è stata sovrapposta la traccia presa dalle registrazioni originali (come in BOHEMIAN RHAPSODY) con l'attrice che ha comunque cantato per mostrare lo sforzo che serviva nell'esecuzione per rendere vera l'interpretazione. 
E l'effetto finale è così perfetto al punto che ci puoi anche credere a quel cinema ti mostra anche le cose che non sapevi e in questo caso viene fuori anche una bisessualità giovanile che mi era del tutto oscura dato che la Houston la collegavo solo al turbolento matrimonio con l'ex New Edition, ovvero l'ex bimbo prodigio Bobby Brown. 
Le canzoni che si ascoltano sono davvero parecchie e a conti fatti parrebbe un musical dato che almeno il 50% del film è cantato. 
Ma non lo è un musical, anzi è piuttosto un duro e spietato resoconto di quello che è stata la carriera della cantante più brava degli ultimi tempi, la quale purtroppo ha fatto male i conti con le sue capacità ed ha ritenuto che la cocaina (e altro) migliorasse la sua resa sul palco, portandola invece ad una fine prematura (spoiler! 😜). 
A tal proposto c'è un VIDEO che circola da parecchio tempo su YouTube in cui la si vede prendersi una lunga pausa durante l'esecuzione di I Will Always Love You prima della grande apertura finale.

Cosa succeda in quel frangente non è ben chiaro, cioè probabilmente beve, ma le ipotesi sono state molte altre e non troppo carine. 
Il film invece carino lo è anche se davvero molto lungo con Stanley Tucci nella parte del produttore Clive Davis che ha scoperto e seguito sempre la Houston dandole, fin dove possible, persino consigli paterni che invece non arrivavano dal vero genitore troppo impegnato a scialaquare gli ingenti guadagni della figlia. 
Nota dolente (in un film musicale è quantomai un termine bizzarro) che a noi ci tocchi il solito titolo italiano modificato che cambia l'intenzione di quello originale il quale, prendendo spunto da un suo grande successo, spiegava chiaro il bisogno che aveva dentro Whitney di esibirsi anche rischiando grosso, come infatti è accaduto.

Lei in fondo cercava soltanto qualcuno con cui metaforicamente ballare (e per cui cantare). 

EURYTHMICS - 1984 (FOR THE LOVE OF BIG BROTHER): MUSICA PER IL CINEMA

 Il 12 novembre del 1984 veniva pubblicato l'album degli Eurythmics intitolato come l'anno in corso, ma non a caso poiché era la co...