lunedì 16 marzo 2020

BLADE RUNNER E IL GIOCO DELLE PARTI


Oggi ripesco un classico che più classico... Blade Runner.
Visto e rivisto nelle varie versioni, il primo film che ho potuto godere in una sala con impianto stereo surround e dopo anni che ne parlo e che lo rivedo, mi offre ancora dei nuovi spunti di riflessione.
Innanzitutto credo che empatizzare con Rick Deckard sia inevitabile, avendo lui la faccia rassicurante di un Han Solo con la sola differenza dei capelli molto più corti.
E poi il film parte con l'altro cacciatore che fa il famoso test di Voight-Kampff a Brion James, il quale, quando vede che sta cominciando a tradirsi, ha una reazione un tantino violenta contro di lui, per cui Brion lo mettiamo inconsciamente dalla parte del torto.
Poi arriva Harrison Ford e pensi "eccolo è lui".
Ma cosa sarebbe accaduto se Deckard avesse avuto la faccia di un altro attore, magari specializzato in parti da cattivo implacabile tipo Jack Nicholson o Tommy Lee Jones?
E sono solo due dei tanti nomi a cui aveva pensato Ridley prima di far cadere la scelta su Ford.
Chissà, forse avremmo visto il film sotto un'altra ottica.
Perché se andiamo ad analizzare bene il capolavoro di Scott, a mente fredda e dopo diversi anni, viene il sospetto (perlomeno a me) che i veri buoni del film siano i replicanti che, alla fine dei conti, desiderano solo vivere una vita normale come gli umani e non avere più quella spada di Damocle della durata prestabilita.
D'altronde l'istinto di sopravvivenza può portare ad atti di violenza contro chi invece ti costringe a stare a quelle regole imposte e non proprio politicamente corrette; ne abbiamo un esempio anche in questi giorni di isolamento forzato, di regole imposte che non tutti sopportano e alcuni reagiscono in maniera sbagliata.
Si aggiunga poi che Harrison Ford ha interpretato in seguito anche parti da vero cattivo, come ne Le Verità Nascoste con Michelle Pfeiffer.
Fatto sta che il finale con il famoso monologo di Roy Batty capovolge le prospettive perché un attimo prima Deckard viene salvato da morte certa proprio dal replicante a cui sta dando la caccia.
Deckard che per tutto il film non fa che braccarli con l'intenzione di "ritirarli", definizione elegante e tecnica di quello che si direbbe "farli fuori" se si trattasse di un western di Sergio Leone, essendo Rick un vero e proprio cacciatore di taglie, ma invece del cavallo ha uno Spinner (con dei cavi enormi che lo sollevano nell'edizione che abbiamo visto al cinema, mentre ora con l'era digitale sono stati magicamente cancellati) e un socio, Gaff, che si diverte a prenderlo simpaticamente per i fondelli fino alla fine.
Ma per anni noi siamo stati dalla parte della legge rappresentata da Han Solo... ops!!! Rick Deckard senza tanto pensare se tale legge sia più o meno giusta.
Se poi aggiungi che lo stesso Rick dovrebbe essere un replicante, ma senza scadenza, allora capisci che il costruttore fa figli e figliastri e provi anche un po' di pietà per coloro che invece sono stati meno fortunati.
Ecco quindi come un film capolavoro può essere visto sotto un altro punto di vista.

2 commenti:

  1. Un'interpretazione molto interessante! Come sai non sono mai riuscita a farmi piacere questo film, ma trovo molto stimolante la tua idea che i replicanti siano i buoni e Rick il cattivo. Al libro l'idea si adatta meno, perché è tutto dal punto di vista di Deckard e i replicanti sono più sadici e infantili che nel film, ma per il film invece credo che calzi a pennello.

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    1. Grazie, il libro avevo cominciato a leggerlo tempo fa, ma poi non ho più trovato il tempo di finirlo. Magari come per Arancia Meccanica mi gioverebbe confrontare le differenze. Nel caso di Burgess infatti il finale era stato completamente tagliato da Kubrick e il film prendeva un aspetto diverso.

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Non c'è moderazione per i commenti perché sono un'anima candida e mi fido.
Chi spamma invece non è gradito per cui occhio!
Tengo sempre pronto il blaster.

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