Termina un anno che più funesto non avremmo potuto immaginare. Un anno che ci ha portato via personaggi amati del cinema, della musica e anche del calcio come DIEGO ARMANDO MARADONA e PAOLO ROSSI, senza dimenticare chi putroppo ha perso anche amici e parenti, e dal mio blog, anche se non posso fare granché, penso che sia il caso di spendere almeno due parole anche per queste persone più duramente colpite. Per fortuna le sorprese nella musica non sono state tutte negative, per dire... da La Spezia è arrivata ANNA, una giovanissima che con la sua Bando (che giuro mi fa impazzire) ha tenuto banco (o Bando, appunto) per un bel po'nell'etere radiofonico. Nel cinema invece la palma della più grossa delusione spetta a quell' ARTEMIS FOWL di Kenneth Branagh che nei progetti doveva essere una nuova saga come Harry Potter e partire alla grande e invece è una roba così brutta che si è vista davvero di rado persino nei pejor cinematografos de Caracas. La tv alternativa o oltraggiosa è stata ricordata su questo blog con la trasmissione STRYX che fece tremare i cravattoni delle alte sfere Rai con quei contenuti soft-erotici; specifico che è un post del 2019, ma che viene spesso visualizzato, eh... popolo di buongustai😀😀😀. In tutto questo marasma tiene però sempre bene Tones And I con la sua MUFFAMI MUFFAMI MUFFAMI, che ogni tanto salta ancora fuori così per sdrammatizzare😂😂😂 nonostante nel frattempo siano usciti altri tre singoli passati inosservati.
La cosa più importante è che comunque anche quest'anno malefico mi ha fatto conoscere un sacco di nuova, bella gente della blogosfera con cui ci si scambiano opinioni nel miglior modo possibile... anche se sono e resto una canaglia!!!
Alla veneranda età di 98 anni se ne va Pierre Cardin, marchio storico della moda mondiale con origini italiane (Pietro Costante Cardini era il suo vero nome).
Nome quello di Cardin che qui dove si parla di cinema, tv e musica potrebbe sembrare fuori posto, eppure c'entra perché lo stile di Cardin ha sempre avuto qualcosa di futuristico,
ispirando ed ispirandosi vicendevolmente alla sci-fi cinematografica che imperava negli anni 50/60/70; per dire... anche l' oggettistica che porta la sua firma sembra uscita da un set di James Bond di quelli inventati dallo scenografo Ken Adam.
Inoltre Pierre è stato fondamentale anche nella musica e in particolare per i Beatles poiché è stato proprio lui a creare il caratteristico look dei quattro in occasione della tournée americana, look che passerà alla storia come vera iconografia quando pensi ai FabFour.
I capelli a scodella invece quelli no, non erano opera sua, e comunque i seguito i quattro ragazzi ci penseranno da soli a personalizzare la propria immagine negli anni successivi, tra barbe, abiti stravaganti e viaggi lisergici in India.
Di solito i film italiani sul Natale come quelli di DE SICA E BOLDI vengono definiti cinepanettoni con una "lieve" accezione dispregiativa, e aggiungo: con tutte le ragioni.
In questo nuovo incontro natalizio tra Fabio De Luigi e Diego Abatantuono, come era accaduto qualche anno fa, invece ci si diverte davvero, o perlomeno io ridevo come un cretino e ora mi succederà sempre ogni volta che sentirò dire "Stoccolma!!!". Infatti specialmente l'ex Terrunciello/Attila ha dei momenti davvero esilaranti nella parte di quel Babbo Natale che fino alla fine non si sa se sia quello vero o no. Anche il resto del cast fa la sua figura naturalmente, e poco importa se Fabio è sempre uguale a sé stesso; il personaggio funziona dai tempi di Mai Dire Goal, perciò perché cambiarlo rischiando di finire come i colleghi Aldo Giovanni e Giacomo che dopo Chiedimi Se Sono Felice (secondo me il loro lavoro migliore che mi rimetto a guardare ogni volta che passa in tv) si sono avventurati in film ben poco fortunati dopo i fulminanti esordi? Insomma è un prodotto perfetto per questi giorni quindi, ed è su Prime.
Ecco che arriva il film di Natale della Disney-Pixar, ma senza Natale dentro. E aggiungerei anche "per fortuna", dato che comunque di Natali passati e presenti e futuri ne abbiamo in tutte le salse che Dickens levati... Pete Docter torna quindi a dirigere un film per la Disney-Pixar dopo il grande successo di Inside Out e qualcosa di quel film gli è rimasto evidentemente dentro perché le scene soprannaturali ricordano un po' il mondo delle emozioni portato in scena nel precedente lavoro.
Soul in tale ambientazione presenta disegni vaporosi che si contrappongono distintamente con il mondo dove il protagonista vive e lavora: Joe è un insegnante di musica che ha messo da parte i suoi sogni di diventare un famoso musicista, finché non gli capita l'occasione di diventare il pianista del gruppo jazz di una famosa sassofonista, senonchè uno stupido incidente lo manda all' altro mondo poche ore prima del debutto: il tutto ambientato in un Queens disegnato talmente bene che al cinema avrebbe fatto fare "oooh" come i bambini di Povia e invece sullo schermo tv rimane un po'più compresso e forse meno d'effetto. Proprio i bambini sono quelli che saranno meno presi dalla storia, se non per le numerose gag di Joe e il gattone (riuscitissime) o per il design delle anime come 22 che ricordano qualcosa di CASPER. Dubito che ci possa essere un marketing sui personaggi del film che comunque ai bambini deve essere spiegato in un certo modo da un adulto (il classico PG col bollino giallo perché vediamo comunque "la gente morta" anche se non siamo in un film di Shyamalan) e perché poi alla fine sarà proprio l'adulto ad apprezzarlo di più. Anzi, vuoi che lo spettatore adulto non capisca la citazione di Joker con Spargivento che fa roteare il cartello giallo? Degne di nota anche le musiche jazz che si contrappongono all'elettronica del mondo soprannaturale per il quale hanno composto i temi Trent Reznor (no, dico... Nine Inch Nails, eh...) e Atticus Ross... con nessuna canzoncina zuccherosa cantata dai personaggi a conferma che il film punta più agli adulti che ai bambini. Voci italiane perfette con Neri Marcorè e Paola Cortellesi, senza dubbio tra i migliori che abbiamo sulla scena senza il bisogno di inserire il personaggio (youtuber o influencer) del momento a recitare male. Almeno per stavolta ci è andata bene.
In questo periodo dell'anno è quasi d'obbligo orientare le scelte delle visioni serali verso un prodotto che richiami lo spirito del Natale, che in questo 2020 si fa fatica a trovare, ma se lo cerchiamo bene c'è. Ben venga quindi anche il seguito delle avventure del gattone rosso Bob perennemente sulle spalle del suo padrone/musicista di strada che durante la scorsa estate avevo potuto gustare grazie alla segnalazione di VANESSA.
Un seguito leggermente meno sorprendente rispetto al precedente che portava la firma di Roger Spottiswoode, e con uno spirito decisamente più romanzato, ma come storia natalizia ci sta benissimo anche questa, anzi si sente proprio un po' di Dickens. Specie se amate i gatti. Piccola nota triste: il micione Bob non ha potuto vedere il film poiché è stato investito da un'auto in corsa proprio la scorsa estate. E anche lui si aggiunge così alla lunga lista di nomi celebri che ci hanno lasciato in questo 2020.
Conosciamo tutti quello speciale di Natale del 1978 così tremendo che tutti coloro che vi hanno partecipato preferiscono dimenticarlo (ho sentito alcuni sostenere di essere stati costretti con la "Forza"). Beh, dato che la Lego ormai da anni fa le parodie di un po tutto il mondo fantafumettaro (ma i videogames di Lego Star Wars sono stupendi davvero, ci tengo a sottolinearlo), ecco che questo Natale 2020 arriva il Lego Star Wars Holiday Special, il (più o meno) sequel di quello speciale malfamato
con tutti i personaggi aggiornati agli ultimi episodi della saga e con salti indietro nel tempo che ricostruiscono con i mattoncini alcune famose scene dei film passati. Tanto così per ridere un po'... anche se in effetti si rideva già così e anche di più per certe cretinerie degli ultimi film, mentre sfido chiunque a non essersi emozionato per il finale di The Mandalorian (io ho urlato all' arrivo di quel tal personaggio). Ma vabbe dai, in alternativa alla solita Poltrona Per Due (sì ieri sera) o La Storia Infinita ci sta benissimo anche Lego Star Wars. Degne di nota, e anche sottilmente bastarde dentro, le pubblicità che sono apparse per annunciarne l'arrivo su Disney+:
A quanto pare anche in Disney sono più buoni, ma a modo loro...
Siamo alla vigilia di Natale, un Natale che, come da DPCM passeremo solo con i congiunti stretti con la possibilità di invitare al massimo due non conviventi e con l'eccezion fatta per i ragazzi sotto ai 14 anni, perché loro probabilmente non portano il virus in giro (?), con il bambinello che nascerà prematuro di qualche ora perché la Santa Messa non si può più celebrare a mezzanotte, e, nonostante tutto sia avverso, con pure tutti che ci stanno remando contro, siamo tradizionalmente anche tutti più buoni, e anch'io che di norma sono canaglia sarò buono, ma non so ancora bene in che percentuale.
Anche Achille Lauro si dimostra più buono e sfodera la sua canzone di Natale facendola però cantare praticamente tutta ad Annalisa (perché è buono, altro che ft.) e rifacendo pari pari il famoso classico JINGLE BELL ROCK
che una ventina di anni fa era stata coverizzata pure dai Flabby di Rosario Pellecchia, di cui solo io ho acquistato il cd perché mi piaceva da impazzire BALUBA... eh son strano e lo so. Tiziano Ferro invece dalla sua tira fuori CASA A NATALE un'altra canzone dal suo album dell' anno precedente ripubblicato in versione doppia con le cover, ma questa era già presente nel disco anche in versione singola. Mariah Carey con la sua All I Want For Christmas Is You è un classico immancabile, come Una Poltrona Per Due in tv, e perché non ascoltarla in QUESTA VERSIONE con Michael Bublè (uomo del Natale pure lui) mai pubblicata su disco? Siccome poi proprio in questo mese sono 40 anni che il buon John Lennon ci ha lasciati prematuramente a causa di un pazzerello psicolabile che passava di lì, oggi mettiamo su anche Happy X Mas (War Is Over), ma nella VERSIONE DEI POOH così rendiamo omaggio anche al carissimo e compianto Stefano che ora starà appunto discutendo con John se avesse gradito questa cover o meno e magari anche delle qualità (?) artistiche di Yoko Ono. E per finire, consigli per gli acquisti natalizi: non regalate il classico maglione con la renna, ma siate più originali regalando una renna col maglione😀😀😀.
Chi non ha mai visto La Boum, da noi conosciuto come Il Tempo Delle Mele 1 e 2? (A proposito, il terzo film non c'entrava nulla con le due mele precedenti).
Direi che un po'tutti lo conosciamo anche magari solo per aver sentito quella canzone famosissima che cantava RICHARD SANDERSON. Comunque era proprio questo il film, con relativo seguito, per cui Claude Brasseur era conosciuto in Italia avendo interpretato il ruolo del papà di Sophie Marceau,
insieme poi ad un paio di fiction tv, ma in Francia la sua carriera, per sua fortuna, non è stata certo così ristretta avendo lavorato anche con Truffaut, ma molti dei suoi film non sono mai usciti da noi. Nota curiosa: per non farsi mancare nulla ha fatto anche il pilota di rally parallelamente al mestiere di attore. Purtroppo anche lui ci lascia, ma perlomeno non a causa del Covid. Aveva 84 anni.
Ecco che Rai1 a sorpresa decide di diventare controcorrente rispetto lo spirito natalizio buonista della Disney o dei cinepanettoni di Neri Parenti, o Kurt Russell nei panni di Santa Claus, oppure ancora Kevin che perde l'aereo più e più volte, e per una sera ci ha portati nell' atmosfera natalizia con un film del 2018 ambientato appunto la vigilia di Natale, ma con un saporaccio amaro sotto che non riesci a levarti per tutta la pellicola.
Un po'quel sapore che stiamo sentendo un po' tutti con le varie restrizioni (doverose) che quest'anno ci costringono ad un periodo di Natale/Capodanno dimesso, intimo, insolito e pure surreale se vogliamo. La storia di questo film, andato in onda la settimana scorsa, parla infatti del ritorno a casa a sorpresa di Ben, un ragazzo diventato tossicodipendente a causa dell' assunzione eccessiva di antidolorifici (prescritti a muzzo da un medico incompetente dopo un incidente), grazie ad un permesso speciale giusto per il Natale. La situazione non sarà esattamente festaiola però a causa della diffidenza verso di lui manifestata specialmente dal nuovo marito di sua madre Holly (Julia Roberts) e poi per alcune cattive compagnie che inevitabilmente, come succede nella realtà, vengono a sapere del suo ritorno e lo vogliono di nuovo "nel giro" per una questione di debiti insoluti. Proprio per ricattarlo qualcuno si introduce in casa e rapisce Ponce, il cagnolino di famiglia. Ecco, se Ben od Holly si fossero chiamati John Wick sapremmo già bene come sarebbero andate le cose, ma qui non siamo in quel film perciò non spoilero nulla di più. Si racconta che sia ispirato ad una storia vera e se volete si trova su Raiplay.
Ancora un lutto nella musica e in particolare in un gruppo italiano storico: i Dik Dik, famosi per le tante cover di successo tra Moody Blues e Mamas & Papas, ma anche brani scritti apposta per loro da Battisti-Mogol, con i quali hanno scalato le classifiche negli anni 60/70, perdono Erminio "Pepe" Salvaderi (al centro della foto),
a causa del Covid-19. Pepe era la seconda voce e chitarra/tastiera, e coi compagni co-fondatori Lallo e Pietruccio, portava ancora oggi in giro il repertorio della band straconoscuto da tutti anche se mi è successo di sentire storpiare Sognando California tipo Cielo Grigio Su, Foglie Gialle E Blu... Succede... Nel cinema invece è scomparso a 75 anni lo scorso 17 dicembre Jeremy Bulloch,
l'interprete del Boba Fett originale del Ritorno Dello Jedi, terzo film della trilogia storica, e anche lui, come molti dei suoi colleghi di Star Wars, perennemente nascosto dal costume di scena come anche in Doctor Who, serie alla quale ha partecipato. Personaggio quello di Boba Fett che ritroviamo anche nella fortunata seconda stagione di THE MANDALORIAN, ma non interpretato da Jeremy. Per entrambi ci sta di riascoltare questa VOLANDO,
cover italiana fatta proprio dai Dik Dik di un grande successo di Rod Stewart.
La tormentata lavorazione del nuovo episodio di Mission Impossible, più volte sospesa, continua a presentare momenti di tensione secondo The Sun che pubblica un audio "rubato" in cui Tom, urlando piuttosto platealmente, rimprovera due membri della troupe che non stavano rispettando le norme anti-covid. Ecco L'AUDIO con i sottotitoli inglesi.
Sfuriata anche legittima, dato che Tom è anche produttore per cui si preoccupa di non far perdere il lavoro ai suoi numerosissimi dipendenti, ma teniamo conto anche che il tabloid inglese è ai livelli delle varie testate italiane tipo Novella 2000, cioè sempre pronto a creare uno scandalo, un tradimento, uno scoop anche quando non c'è nulla di tutto questo, quindi non prendiamo tutto per oro colato. George Clooney dalla sua ha dichiarato che non avrebbe reagito così, ma che le motivazioni di Tom, per quanto ne sa, sembrano assolutamente valide.
Qualche giorno fa, parlando del nuovo disco di DAVID GUETTA FT. SIA, ho citato anche Pat Benatar, e la canzone in particolare a cui mi riferivo è questa LOVE IS A BATTLEFIELD,
del 1983, un piccolo capolavoro inedito inserito nel suo album live come si usava fare (esempio: Wild Boys in Arena dei Duran Duran) e la cosa più particolare di questa canzone è che il videoclip è un vero e proprio minifilm con parti recitate e inserti musicali che allungano un po' la versione ufficiale della canzone. Sarà il primo videoclip della storia ad essere realizzato in questo modo e Thriller di Landis, che lo supererà in lunghezza e produzione faraonica, arriverà solo poco più avanti. Qui Pat interpreta una ragazza ribelle che dopo l'ennesimo litigio col padre scappa di casa mentre lui le urla dietro di non provare mai più a tornare. Com'è come non è, finisce a lavorare in un night club
dove il capo maltratta le ballerine (o entreneuses, dai) a suo piacimento finché la Pat si incazza e scatena una vera e propria rivoluzione contro di lui a suon di tette danzanti (è così davvero).
Nota stilosa: il capello corto di Pat ha segnato per un po' una moda controcorrente in quella decade tutta matta prima che tutte si cotonassero tipo Melanie Griffith e Joan Cusack in UNA DONNA IN CARRIERA.
Quando, negli anni 60/70, ma anche 80, uscivano film con il 2000 e dintorni nel titolo si pensava al futuro lontano. Ormai quella fatidica data l'abbiamo passata 20 anni fa e tali pellicole risentono un bel po' dell' effetto vintaggio. Viene datato nel 2000 anche questo film di Alberto De Martino che, dopo avere cavalcato l'onda del Bond all'italiana con i film sull' agente 077 tipo MISSIONE SPECIALE LADY CHAPLIN si butta a capofitto sull' horror religioso stile L' Esorcista e, dopo L'anticristo con Carla Gravina,
realizza un'altra pellicola sullo stesso tema ingaggiando niente meno che Kirk Douglas e mettendogli al fianco la nostra Agostina Belli.
Con certe cravatte sei sicuro di non temere il freddo delle grotte... Ma il tema dell' anticristo, dicevo, ritorna anche qui ma in versione tecnologica, anzi nucleare e nonostante qualche ingenuità (ma ho visto di peggio in film più recenti) la storia è ben realizzata e all'epoca metteva una certa tensione addosso; forse ora è solo appena un po'meno efficace per limiti di età. Ma l'unico vero rammarico che ho avuto su questo film è che la VHS acquistata in un autogrill era una trasposizione in video di una pellicola massacrata in più punti e specie all' inizio e alla fine vi erano dei tagli mostruosi. Per fortuna Italia 1 ha mandato in onda a notte tarda una versione integra, così ho recuperato.
Io sono un whovian dagli anni 80, cioè da quando la Rai ha mandato in onda gli episodi con Tom Baker. Poi il buio fino al reboot del 2005 con Christopher Eccleston che, a dire il vero, non era partito col piede giusto nemmeno quello anche per alcune litigate sul set perché Christopher avrebbe voluto fare un Dottore a modo suo. Questo almeno fino all' arrivo di David Tennant, splendido in lingua originale, ma anche Cristian Iansante ha fatto un ottimo lavoro di doppiaggio con lui come su tutti i personaggi a cui dà la voce italiana. Tennant e poi Matt Smith e Peter Capaldi sono invece riusciti a far schizzare il viaggiatore del tempo di nuovo in cima agli indici di ascolto; ed ora attendiamo lo speciale di Natale per avere una nuova avventura del Timelord che ultimamente non sta brillando granché, ma non per colpa della nuova interprete, che per la prima volta nella storia è una donna, anzi Jodie Whittaker si sbatte tantissimo a dare al Dottore le caratteristiche un bel po' sopra le righe che lo contraddistinguono; il problema sta piuttosto nei companions e nelle storie decisamente loffie. Ma speriamo in una ripresa dai. Comunque nel lungo stop tra anni 80 e reboot è uscito nel 1996 questo film con la rigenerazione del Dottore in Paul McGann,
che nelle intenzioni doveva essere un po'il pilot del reboot stesso e invece niente per una serie di motivi che potrei anche approfondire, ma posso anche riassumere con un nome: Eric Roberts. Il fratello di Julia infatti interpreta la nemesi del Dottore, cioè The Master, ma in una maniera così caricaturale e irritante che ci manca solo che ogni tanto faccia "bwahahahaha" che la faccia da cattivo gia ce l'ha. Le scenografie da Fantaghirò o Melevisone non aiutano certo a rendere il tutto credibile, anche se le avventure del Dottore viaggiano proprio nell' incredibile, e poi il doppiaggio italiano che dice "delek" invece di dalek come si è sempre pronunciato, o se vuoi proprio dirla all' inglese sarebbe "dOlek" con quella "a" così flemmaticamente british che diventa una "o". Anche i vari comprimari reggono la scena giusto il minimo sindacale per portare a casa la pagnotta, mentre dalla sua Paul McGann ci mette la giusta caratterizzazione e mimica per apparire come il nuovo Dottore e a parer mio poteva anche essere adatto per la serie perché ha le "phisique du role". Giusto per trovare qualcos'altro di buono, è carina la citazione nella scena in cui il Dottore appena rigenerato cerca dei vestiti e in un armadietto trova perplesso una sciarpona multicolor identica a quella che indossava Tom Baker,
ma la scarta in favore di un abito ottocentesco che era lì in vista di una festa in maschera. Corsi e ricorsi storici, particolari che solo chi conosce la serie può cogliere. Comunque mi duole dirlo, ma è un film assolutamente evitabile.
Divertente serie su Netflix con la sopraccigliuta e stupenda Lily Collins (si, è la figlia di quel tale che fa il batterista e che, purtroppo, non sta più tanto bene) che pare tanto una Audrey Hepburn dei giorni nostri, e pure di Audrey Hepburn sono un grande ammiratore.
Lei è Emily Cooper, una ragazza di Chicago che viene inviata a lavorare a Parigi presso un' agenzia di marketing, scontrandosi da subito con la diffidenza dei colleghi francesi e specialmente della capa, Philippine Leroy Beaulieu (si, è la figlia di quel tale che è stato il grande Yanez di Sandokan), trovando poi piano piano degli alleati all' interno dell'agenzia, e anche fuori, che la aiuteranno a superare dei momenti difficili. Situazioni viste un po' già in Il Diavolo Veste Prada, Ugly Betty, Sex & The City, tutto mixato in dieci episodi di mezz'ora briosi e divertenti che alla fine lasciano un cliffhanger per una seconda stagione che, si dice, sarà preparata appena possibile. Covid permettendo.
P.s. Gli stereotipi sono tanti, è vero, e molti hanno criticato la serie proprio per questo, ma sa intrattenere con leggerezza ed è ciò che in fondo conta.
No, in questo caso il Covid non c'entra e non è morto nessuno. L'addio ad Ellen Page è dovuto al suo outing di questi giorni in cui ha dichiarato che ha deciso ufficialmente di cambiare sesso per la sua compagna e diventare appunto Elliot.
avevo ed ho tuttora una specie di cotta (si, lo so che non è l'unica che ho dichiarato😂😂😂) e non ero nemmeno al corrente della sua omosessualità, per cui la notizia di questo drastico cambiamento mi ha colpito come un fulmine a ciel sereno, ma rispetto comunque certe scelte assolutamente legittime. Non è la prima e non sarà nemmeno l'ultima attrice che dichiara apertamente le sue scelte sentimentali e di vita. L'unico problema è che adesso, così su due piedi non riesco ancora ad immaginare che effetto mi faranno quegli stessi film quando li rivedrò pensando che ora lei, pardon, lui si chiama Elliot... Ma me ne farò una ragione dai...
A 89 anni è morto John Le Carrè, ma non a causa del Coronavirus. Scrittore di spy story per eccellenza, è stato lui stesso nei servizi segreti negli anni 50/60.
La Spia Venuta Dal Freddo è diventato un famoso film con Richard Burton ed è stato parodiato nel titolo da Franco & Ciccio in LE SPIE VENGONO DAL SEMIFREDDO per la regia di Mario Bava e con un ospite d'onore che di nome fa Vincent Price. Altri titoli poi diventati film sono parecchi, anche in tempi recenti, tra cui La Talpa, Il Sarto Di Panama e l' ancor più recente Il Traditore Tipo.
Goodbye John... oppure David John Moore Cornwell che era il tuo vero nome celato dietro al tuo pseudonimo, come ogni spia che si rispetti...
Il Covid continua a mietere vittime nel cinema e stavolta sono ben due in pochi giorni:
è toccato a Tommy Lister, ex wrestler conosciuto con il nome di Zeus, che ha lavorato con Tarantino in Jackie Brown e con Nolan nel Cavaliere Oscuro, in una piccola ma incisiva parte:
Tommy aveva 62 anni, mentre 59 ne aveva Kim Ki-Duk, il regista sudcoreano di Ferro 3 e La Samaritana, per citare due suoi titoli molto famosi, deceduto anche lui per le complicazioni dovute al Covid 19. Altro genere di cinema rispetto a quello di Tarantino e Nolan, sicuramente meno blockbuster, per cui meno popolare, ma pieno di contenuti che fanno pensare e discutere come sa fare il cinema orientale, anche quello di animazione che spesso erroneamente viene associato solo ai prodotti per l'infanzia mentre potrei citare decine di titoli di animazione nipponica che per i bambini non sono proprio e sono lontani anni luce dal "volemosebene" e "politicallycorrect" della Disney. Ma questo è un altro discorso che sarà il caso di approfondire un altra volta.
Del mio primo incontro piuttosto particolare con i Pink Floyd ne ho parlato QUI, e del mio primo, indimenticabile concerto dei Pink Floyd invece ne ho parlato QUI.
Del disco che invece occupa oggi questo spazio web non ne avevo ancora parlato, o per meglio dire, non in dettaglio come merita. Si, perché Wish You Were Here era nato inizialmente come un altro progetto in cui Shine On You Crazy Diamond era una suite che occupava una facciata intera come i precedenti Echoes e Atom Earth Mother, ma comunque già dedicata a Syd Barrett (Shine, You e Diamond compongono il nome del chitarrista), ma l'album conteneva altri brani poi accantonati.
Tra l'altro l'intro di Shine era pure preso da un ulteriore brano di Rick Wright dal titolo WINE GLASSES ancora precedente e poi inserito nella suite che sarà divisa in due parti ad aprire e chiudere Wish You Were Here.
La stessa title track ha avuto una versione diversa da quella conosciuta, senza effetto radio iniziale e senza assolo centrale di David Gilmour, sostituito invece dal malinconico violino di Stèphane Grappelli, musicista francese che si trovava nello studio di Abbey Road dove la band stava lavorando, ma poi è stata accantonata in favore di quella che conosciamo. Ecco QUI la versione che si credeva perduta.
Complice anche il fatto che all'epoca ascoltavo il disco grazie ad una cassetta registrata da un amico, non sapevo nemmeno che HAVE A CIGAR non era stata cantata da nessuno dei Pink Floyd perché si erano accorti solo all' atto pratico che era una tonalità troppo alta anche per quello scream boy di Waters (sono suoi gli urli strazianti che ogni tanto colorano diversi brani storici) con la voce già provata dalle altre registrazioni, per cui è arrivato in soccorso Roy Harper che ha imitato piuttosto bene il canto isterico di Roger gabbandomi per diversi anni.
È proprio vero che se un disco è bello, non smette mai di stupirci...
E così anche X-Factor 2020 è giunto alla fine con la vittoria quasi scontata di Casadilego, diciassettenne dalla voce angelica che sa esprimere emozioni fortissime quando canta e che all' anagrafe risulta come Elisa Coclite.
Proprio per la sua giovane età, essendo la trasmissione arrivata a sfiorare la mezzanotte, non ha potuto ricantare la sua canzone dopo aver ricevuto il premio. Canzone che profeticamente si chiama VITTORIA. Ok sono una canaglia, ma non penso di spoilerare nulla poiché la finale è stata trasmessa in chiaro anche da Tv8. Una finale che ha avuto però un leggero sapore di artefatto, come se fosse stata pilotata con le eliminazioni ad hoc perché ognuno dei giudici aveva alla fine il suo artista con il quale ha duettato durante lo show. Menzione particolare per il momento trash con Manuel Agnelli a torso nudo che pareva il figlio di Iggy Pop e faceva pericolosamente roteare il microfono come fosse un Nunchaku durante la sua esibizione con i suoi "gufetti", come li chiama lui, Little Pieces Of Marmalade che con la loro energia rock hanno finito per scontrarsi in un testa a testa con la dolcezza di Casadilego proprio sul finale, esattamente come era successo l'anno scorso tra Sofia Tornambene e i Booda. E sempre sul finale la rivelazione di Ale Cattelan che questo per lui è l'ultimo X-Factor dopo dieci anni di conduzione; rivelazione detta con un po' di amarezza perché, parole sue, si era immaginato di dare l'addio in un Forum gremito di gente come tradizione per ogni conclusione della gara e invece, causa covid, tutto si è svolto come sempre con un pubblico scarso, ma tant'è. Sorpresa più che gradita invece per Blind che ha ricevuto il disco d'oro. Ogni giudice ha poi avuto durante lo show un suo spazio in cui si è esibito da solo: Emma ha presentato un nuovo arrangiamento del suo singolo Latina, Mika un medley dei suoi successi ampiamente supportato da cori preregistrati, Hell Raton un MINISHOW con i suoi colleghi di scuderia Mara Sattei, Slait e Lazza, quest'ultimo con autotune e dito sul naso come d'ordinanza, mentre Agnelli con tutti i suoi Afterhours al completo mi ha confermato che non siamo sulla stessa lunghezza d'onda, nel senso che non mi sono mai piaciuti e continuano a non piacermi per niente, nonostante Manuel abbia una grande cultura musicale e geniali intuizioni che ha sfornato durante le puntate della gara. Ma ovviamente rispetto lui e chi lo segue e, come dico sempre, ascolto anche cose che non mi piacciono per poterne parlare con cognizione di causa. Ma SOFIA TORNAMBENE, la vincitrice dello scorso anno? Non doveva essere ospite e cantare il suo nuovo singolo? Si, è stata ospite, ma dell' anteprima di X-Factor, così l'avranno vista in dieci, ma tanto la canzone nuova SOLO è veramente una cosa bruttina, mi spiace dirlo ma è così. Altra nota particolare quando Ale ha fatto il riassunto dell' edizione sottolineando di come sia stato tutto fatto con grandi difficoltà secondo le norme anti-covid tra mascherine e distanziamento, e poi Emma abbraccia calorosamente sul palco il suo eliminato Blind, portando sicuramente il gelo in sala regia che, essendo in diretta, non può tagliare nulla. Stessa cosa si ripeterà poi in chiusura di trasmissione con gli altri, tanto ormai...
Altro grande lutto nel mondo del calcio per la morte a 64 anni di Paolo Rossi che nel 1982 ci aveva portati tutti per le piazze e per le strade a festeggiare la vittoria ai mondiali insieme a Sandro Pertini, allora presidente, che invece se l'era goduta in tribuna fumando la sua amata pipa.
A rivedere quelle immagini ti accorgi subito di quanto il calcio sia cambiato a cominciare da come i giocatori portavano la maglietta dentro ai pantaloncini con un look, diciamolo, un po' fantozziano, ma chissenefrega; all'epoca il calciatore non faceva il modello da passerella e quello che contava era il risultato in campo (che c'era) e non quanti followers aveva su Instagram (che non c'era); anzi erano molti di più i calciatori brutti piuttosto che quelli fighi. E poi dalla sua c'era Paolo che con il suo look ricciolino era per tutti il bravo ragazzo carino della porta accanto che aveva coronato il suo sogno di giocare nella Nazionale. E non pago di ciò, per ringraziare tutti l'aveva portata anche alla vittoria.
Oggi un post che mi è stato suggerito da Lory e che ho intitolato ispirandomi ad un delizioso film del 2005. Più volte ho dichiarato i miei gusti in fatto di musica e più volte ho ribadito che sono onnivoro, dai PINK FLOYD ad Achille Lauro, dai Cugini Di Campagna ai Ramones.
Molto raramente ho nominato i Led Zeppelin, tipo è successo proprio ieri in questo post su ARANCIA MECCANICA (che no, non c'entra nulla con la band), ma non perché non mi piacciano, piuttosto perché non mi sento così ferrato come dovrei essere in materia di quel gruppo che ha inventato il genere Hard Rock inanellando una serie di album storici, ma anche qualche piccolo passo falso che, però, se sei un vero fan alla tua band del cuore lo riesci a perdonare. Il fatto è che principalmente ho sempre amato di più quell'altra band che dai Led Zeppelin ha preso parecchio in sound e in setup nonché presenza scenica. Sto parlando dei Queen che, come gli Zeppelin partono "in volo" con due album che portano il loro nome, Queen e Queen II (due dischi stupendi lontani anni luce da Radio Gaga e A Kind Of Magic), anche se si racconta in giro che in realtà la band di Page, Plant, Bonham e Jones gli ellepì li avrebbero voluti intitolati solo con il nome del gruppo;
il "II" infatti sembra come aggiunto malamente sulla copertina in seguito come il logo della casa discografica per distinguere le due opere. Lo scherzone del titolo invece era perfettamente riuscito nel IV album,
quello di Stairway To Heaven, dove non era riportato nulla, se non dei simboli esoterici
che contribuiranno ad alimentare le leggende sataniche sulla band e sul disco che se lo suoni al contrario... tutte balle ovviamente, come Paul McCartney e la copertina di Abbey Road. Ma sai com'è... all' epoca la fantasia viaggiava di più perché Internet e Wikipedia non esistevano (eh, si stava meglio quando si stava peggio, signora mia...) così ti facevi dei castelli in aria... tipo quello di ALEISTER CROWLEY, appunto, mentre nel mondo del cinema ci pensava ENRICO LUCHERINI a creare le leggende. Facezie a parte, le pose di Mercury sul palco
non possono non ricordare quelle di Plant,
spesso e volentieri con camicia aperta fino alla cintola, mentre Freddie dalla sua preferiva indossare spesso e volentieri delle pratiche tutine da accademia di danza girate al contrario.
Curiosamente però dal punto di vista musicale, secondo me le similitudini tra le due band si troveranno a piccole dosi distribuite nei vari album, tipo la cavalcata di KEEP YOURSELF ALIVE, il loro primo singolo, o ancora di più GREAT KING RAT sempre nel primo album, che ricordano piuttosto da vicino in molti passaggi la zeppeliniana IMMIGRANT SONG, oppure in News Of The World, dove GET DOWN MAKE LOVE pare una versione scarna e rallentata di WHOLE LOTTA LOVE, specialmente nella parte degli orgasmi. E si che gli amici me lo dicevano pure che quelli della Regina copiavano quelli del Dirigibile, però cacchio, SOMEBODY TO LOVE, la prima canzone loro che ho sentito, a me piaceva un sacco, e dei Led Zeppelin non aveva proprio niente. E poi all'epoca l'unico dirigibile che conoscevo era quello del programma per bambini di Tony Santagata
che poi ha passato il comando a Mal con Maria Giovanna Elmi (meravigliosa) come hostess Azzurrina.
Quello che i Led Zeppelin non hanno mai messo nella loro musica sono quelle contaminazioni assurde in cui sguazzava Mercury alla grande, cioè il Charleston, l'operetta, la lirica. E mentre Jimmy Page è stato uno dei primi che ha dettato le regole della chitarra hard (c'erano anche i Deep Purple di Blackmore, prima che Ritchie venisse preso dalle manie medievali, dei quali Made In Japan è un must che deve esser presente in ogni casa come il contatore dell' acqua), Robert Plant ha sostenuto quel tono di voce per molti inarrivabile (come anche Ian Gillan d'altronde) e lo stare sul palco ammiccando sexy, Bonzo Bonham è stato preso d'esempio da migliaia di batteristi per il suo drumming, i suoi passaggi, le chiusure, i fill (Moby Dick era anche usata come sigla di un programma radiofonico Rai), e John Paul Jones ha dato sempre del suo meglio nel formare con il collega la parte ritmica e non solo, perché John Paul era anche il responsabile degli arrangiamenti e dei suoni di tastiera. Le contaminazioni ad un certo punto sono arrivate anche nei Led Zeppelin e hanno fatto storcere il naso ai fans che si aspettavano un percorso basato su puri dischi hard rock come quelli passati e invece hanno sentito arrivare influenze folk e progressive; sempre quel discorso di cui ho parlato QUI che secondo alcuni se fai musica devi essere sempre uguale a te stesso, e poi gli stessi ti criticano che fai tutti i dischi uguali... uffa, mai contenti eh?. Ma tornando al mio primo approccio vero con questi ragazzi, esso è stato quindi con quel film visto durante una rassegna di pellicole di un certo livello, di cui possiedo anche la mia copia in casa, cioè THE SONG REMAINS THE SAME, per me un bel film anche se la critica ne ha parlato malissimo specialmente per le sequenze di fantasia. Pensa un po'che a me invece quelle sequenze piacciono da matti, forse perché mi piacciono pure certi film di TARSEM SINGH. Ma sono strano, lo so... Fatto sta che anche in tempi più recenti i Led Zeppelin hanno continuato a giocare sulle copertine dei dischi: In Through The Out Door,
del 1978 e registrato a casa degli Abba, è stato distribuito inizialmente avvolto in carta da pacchi marrone totalmente anonima e la cover vera e propria era a sorpresa la stessa foto, ma presa da sei angolazioni diverse a seconda della copia che acquistavi. Sarà anche l'ultimo vero disco della band a causa della morte prematura di Bonham, e infatti il successivo Coda è solo una raccolta di registrazioni precedenti ritoccate giusto per onorare il contratto con la bieca casa discografica che, ok è addolorata se uno di loro è morto, ma il contratto parla chiaro eh... Da allora, le pochissime apparizioni in pubblico hanno visto Jason Bonham prendere il posto del padre, eccetto quella volta a Philadelphia in occasione del LIVE AID, dove alla batteria è apparso a sorpresa, grazie ad un volo in Concorde, Phil Collins che poco prima aveva suonato in Gran Bretagna con i suoi Genesis e Jimmy era completamente ubriaco o peggio: l' occhiata che Robert dà a Jimmy al 21esimo secondo è esplicativa. Fa piacere ritrovare pure IMMIGRANT SONG in tempi recenti nella scena di apertura di Thor Ragnarok, ma d'altronde era quasi d'obbligo che ci fossero i Led Zeppelin dato che il loro soprannome è "Martello Degli Dei" come recita il testo della canzone...
8 dicembre, festa dell' Immacolata. Immacolata come la copertina di quel famoso doppio album dei Beatles, di cui John Lennon casualmente è stato assassinato proprio oggi nel 1980, oppure anche come la divisa di Alex DeLarge e i suoi Drughi protagonisti di Arancia Meccanica. Ricordo che ho visto questo film non alla sua uscita ufficiale, ma solo qualche anno dopo in una rassegna dove erano proposti anche The Song Remains The Same dei Led Zeppelin, L'Ultima Donna di Ferreri e qualcos'altro di tema comunque da cineforum serio.
Beh, non starò adesso a descrivere le scene iconiche del film di Kubrick
perché ormai il web è già strapieno di recensioni sicuramente migliori di quanto possa fare io. Magari mi soffermo solo su questa scena
che a mio parere Fellini ha rifatto pari pari ne La Città Delle Donne, e che la locandina storica (Immacolata anche quella) ha ispirato il videoclip dei White Stripes SEVEN NATION ARMY e che nel film appariva anche un giovane culturista che di nome faceva DAVID PROWSE, futuro Darth Vader,
e poi parto a bomba dicendo che dall' ingresso al Korova Milk Bar
ne sono uscito da quel mondo di Alex solo una volta finito il film, e anzi forse non del tutto, perché poco tempo dopo ho acquistato il long playing della colonna sonora e anche il libro di Burgess scoprendo che Kubrick aveva non solo omesso un paio di scene (che in effetti non cambiavano granché la storia), ma anche l'ultimo capitolo in blocco, sospendendo la vicenda di Alex a suo piacimento. Anche alcuni termini nel libro risultavano diversi, tipo i Drughi del film sulla carta erano definiti Soma dalla traduzione italiana e anche il titolo era stato tradotto giustamente e più fedelmente con Un' Arancia Ad Orologeria. Un paio di anni fa ho anche trovato sul sito di Radio3 un podcast del libro integrale letto in prima persona da Marco Cavalcoli, un attore con la voce molto simile a quella italiana di Malcolm McDowell che, insieme alle musiche originali della colonna sonora, e al ripristino dei termini utilizzati nel film, mi ha fatto tornare ancora una volta in quel mood mentre mi facevo delle sane camminate con le fide cuffiette. Certo la versione di Stanley, cancellando l'ultimo capitolo poteva far pensare ad un Alex tornato esattamente come prima e quindi molti all'epoca si erano scagliati contro la pellicola per l'assurda ultraviolenza gratuita che mostrava e il messaggio intrinseco e papapì e papapà, e non si dice e non si fa. Leggendo le pagine del libro invece capisci che tutto quello che il nostro amico (perché alla fine si empatizza con Alex anche se è un criminale e diventa nostro amico) ha dovuto sopportare, gli ha fatto capire che la vita è molto più di quello che lui ha portato avanti fino a quel momento. Consiglio perciò a tutti anche il libro, magari ascoltando in sottofondo un greatest hits di Ludovico Van, o il podcast davvero ben fatto e inclusivo di quell' ultimo capitolo che ora è comodamente disponibile su RAIPLAY RADIO. E mi si perdoni la disquisizione filmico/musical/religiosa...